A tutto Est: in Giappone

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18 dic 2013

Urano: OSAM

direzione Gerico, 2 dicembre 2013
digitale Lumix FZ28

E' Osam che mi porterà al ponte King Hussein (o di Allenby), al confine con la Palestina.
Osam è palestinese di Jenin, anche se non c’è mai stato a Jenin. Fa parte di quel 50% della popolazione giordana che dal '48 ha dovuto lasciare la Palestina. Osam non avrà più di 30 anni e dopo l’esperienza con Salekh, mi sono seduta dietro a destra apposta per studiarlo bene ed eventualmente scendere. Scendere? Ma se sono al limite coi tempi per arrivare in orario a Gerico! Ho un'ora di taxi e tre confini da passare e chissà stavolta quanto mi tengono a quello israeliano. Perché ce l'ho fatta a fare casino coi fusi orari, come prevedevo. O meglio non io, è che il Governo Giordano quest’anno ha deciso di non cambiare l’ora, così il padellaphone-superfigo che si regola da sé mi dice che sono le 6.00, quando invece sono le 7.00 e io alle 7.00 ho appuntamento con Osam. Tuttavia grazie all’ansia da viaggio, mi sveglio 10 minuti prima e anche stavolta riesco a lavarmi, raccogliere gli oggetti e catapultarmi alla reception alle 7.00 e collezionare il primo “Good morning, sir” (ma questa è un'altra storia: io uomo all'estero). L’uscita da Amman manco me la ricordo, fa freschetto e ho fame, alla fine ieri non ho cenato - troppo tardi, tutto chiuso - né colazione stamani. E ieri che da Salekh sognavo di arrivare, la cena e...

Osam è dolcissimo, moro, magrolino, con la barbetta, un po’ incazzato col mondo, fuma e fuma, guarda fuori dal finestrino e fa no con la testa lamentandosi di quel deserto che abbiamo accanto. Mentre io quel deserto me lo sto proprio godendo e mi viene in mente Hamad quando l'anno scorso mi raccontava che quella era la strada dei biligrini per la Mecca.
I punti di vista di chi sta dentro e chi sta fuori.
Osam, mentre apre e chiude il finestrino 10 volte per il fumo e per il caldo che inizia a sentirsi (si scende! Si scende sotto il mare!) mi chiede da dove vengo, chi sono, cosa vado a fare in Palestina, se mi piace la Giordania. Sembra che voglia una spalla che gli confermi che la Palestina sia meglio, sì certo è occupata, ma la Giordania è troppo, troppe cose, case, banche, gente, è cara "vedi? queste sigarette costano 4 dinari e noi ne guadagniamo 400 al mese". Rifletto sul fatto che il fumo sia un vizio, un lusso e il lusso si paga, ma taccio. Osam dice che lui ha tanti fratelli e il tassista proprio non voleva farlo. Un giorno a Jenin ci tornerà...e poi silenzio. In quel silenzio approfitto per mangiare lo snack al cioccolato rubato nel frigo-bar dell'albergo.
“Ma tu Gheddafi lo conoscevi?”
La domanda mi lascia di stucco.
Gli dico “certo”, laconicamente.
Faccio parlare lui e mi racconta di quella volta in cui Gheddafi passando da lì disse che la Giordania era una vergogna, che lo Stato doveva aiutare i cittadini e non i cittadini lo Stato.
Silenzio, Osam s'è incazzato e si accende un'altra sigaretta e mi guarda dallo specchietto.
Io gli dico che in Italia è uguale, che spesso preferisco fronteggiare le ingiustizie dei paesi stranieri che quelle italiane. Gli dico che sto studiando arabo per sentirmi ancora più araba, perché sì, nel sud Italia noi siamo arabi e mangiamo cose simili, parliamo un sacco, facciamo un casino, diciamo troppe cose e...
E manca poco all’arrivo ad Allenby. Il deserto accanto scorre ancora, tutto giallo e marrone, le orecchie tappate, siamo a circa 400 sotto il livello del mare e in lontananza la Palestina, Gerico e le sue palme da dattero. E mi viene in mente ancora Hamad durante il nostro giro giordano, che ogni santa volta mi diceva “La vedi quella? E' Gerico”. Sorrido e penso che semmai un giorno leggerà questo post, sorriderà o riderà proprio di cuore per come è lui, perché ricorderà di quando poi glielo dissi che..."Hamad! E' la decima volta che me lo dici! Ancora??...Sai cosa? Ma secondo te, quella lì è Gerico?"

Ci siamo, Osam accosta e mi trasferisce ad un altro tassista, manca 1 Km per arrivare ai 3 check-points, ma Osam fino lì non ci può andare, è giordano e non ha quel permesso. Inizio a sentire puzza di territori e di confini e non solo geografici...
Mi da' le valigie e: “Take my number, when you come back, call me.” Pausa. "Because I like you”. “Me too”, rispondo di getto e penso che se fossimo stati due inglesi non ce la saremmo mai detta questa cosa, non in questi termini, troppo forte, troppo diretta. Ma noi siamo arabi e il nostro inglese è tanto per capirsi e subito.
Prendo il numero e gli prometto che lo chiamerò di sicuro al mio rientro in Giordania.
Lo farò davvero.
Inchallah.
Inchallah? Qui tutto così. 
Se Lui vuole.
Bon, io voglio.

13 dic 2013

Urano: SALEKH

Amman, 1 dicembre 2013


Amman - LUMIX FZ28
Eppure Valentina lo aveva detto di prendere i taxi gialli, quelli ufficiali...li trovi appena esci sulla sinistra
Aeroporto Queen Alia, non so se mi spiego. Bello, grande pulito, in un paese senza guerra e con un Re che, chissà come, se li tiene buoni tutti quelli lì ai confini.
L’ultima volta Amman l’avevo vista solo in aeroporto, appunto. Tre anni fa, ci spesi 6 ore, in arrivo da Beirut e direzione Tel Aviv. Mi portarono anche in camerino per il controllo, pura formalità, una toccata di tette e una di cosce dalla poliziotta poi domanda su cosa avevo fatto in Libano e via libera. Ricordo che per ammazzare il tempo me ne andavo in giro per gates. Avevo visto Petra dall'alto durante l'atterraggio e giurai di tornarci a visitarla prima o poi. Al 4 partivano per gli Emirati Arabi e la sala d’attesa era nera di vestiti sintetici su donne appesantite da 'sto mondo di regole in cui sono nate. Di alcune si vedevano solo gli stecchetti degli occhiali, di altre manco quelli.
Stavolta invece è notte, non vedo niente sotto di me, avverto solo tanta voglia di toccare un letto, perché domani si va a Gerico e ieri ho dormito 4 ore.
Visto, soldi e via fuori.
Sono le 23.00 (ma lo saranno davvero o no? Mi incasinano i fusi orari e le ore legali e solari). Esco, vado a sinistra, mi assalgono i tassisti “taxi taxi” e i dico “how much?” Sparano alto, negozio, arrivo a 22 JOD (come mi aveva detto Valentina) mi mettono in mano una ricevuta già compilata e la mia valigia è già nel bagagliaio. 
Salekh, si chiama Salekh l’autista maiale che inchioda davanti ad una turista in minigonna che gli attraversa la strada, la segue con lo sguardo e, appoggiato al volante, esclama “Wallaaaah!” Io, che cercavo di dire in arabo dove andare - Salekh non parla inglese - invece entro in confusione e ho il vuoto, non credo ai miei occhi né alle mie orecchie. Ma così spudoratamente? Dove sono capitata? Ma questi non erano musulmani? E poi lavorano in aeroporto e, Cristo, abbasso il finestrino e il taxi non è giallo, è bianco. Cazzo! Non è ufficiale...Ma ormai ci sono. Chissà chi è questo. Ormai c’è, lui davanti, io dietro. Provo a distrarmi, penso al fuori, sento il medio oriente sotto le ruote, i primi odori e la stanchezza aumenta, di pari passo con l'eccitazione. Fuori è notte, le luci lontane di Amman, partono i pensieri che tuttavia non vanno molto lontano: arriverò in albergo, mangerò finalmente poi dormirò e domani prima in banca e poi al ponte di Allenby, dove mi “apriranno” un po’ come al solito, ma dopodiché sarò finalmente in Palestina, laddove voglio essere. E nel turbine di questi pensieri il tassista inchioda di nuovo, stavolta mi chiede se può caricare una donna, ancora? La povera è lì sotto una pensilina buia. Dico di sì, lui le dice sali, lei prima guarda dietro, vede me e poi sale. E’ palese che non si conoscano, è palese che Salekh ci stia provando. Quando un uomo fa il cretino con una donna, non c'è lingua che tenga e questo sta facendo il cretino.
Realizzo che a questo ancora non gli ho detto in che albergo accompagnarmi né il cerchio (Amman è fatta a cerchi!) cerco di ricomporre la frase in arabo, la dico e…pausa…PUAHAAHA…ridono, lui più di lei. Che te ridi? non lo so dire. Poi lui dice "scusa, ma che lingua è?" "Arabo fusha", rispondo, quello che mi insegna Issam, quello con cui potrò leggere Corano e Al Jazeera, ma che evidentemente non posso usare coi tassisti…
“Fusha? Wallah!” (Arabo ufficiale? Caspita!)
Mi sta oggettivamente prendendo per il culo, il cretino.
Al Qasr, AL Qasr Hotel. Non capisce. In effetti io dicevo (Al Qsar!) Shimsani...zona Shimsani.
Ride, ma capisce finalmente, molla la donna, le guarda il culo mentre scende dalla macchina, lei dice Khalas e scende. Khalas significa basta e finalmente arrivo e glielo dico pure io Khalas. Mi chiede la mancia, ma le indicazioni di Valentina dicono niente mancia ai tassisti…figuriamoci a quelli come te, aggiungo.
Allora scendo, mi da’ il suo numero di tel, prende la valigia, allunga la mano per stringere la mia, ma io faccio finta di niente, prendo la valigia, mi giro andando verso l'entrata dell'hotel. Poi mi sento una maleducata, insomma, manco in faccia l'ho guardato e mi giro: si sta grattando i coglioni e, stupito del mio tornare indietro verso di lui con lo sguardo, non trova di meglio da fare che mandarmi un bacio volante.
Bruniz me lo ha detto a Gerusalemme “Ma che vai da sola a mezzanotte ad Amman?”
Ma veramente Valentina….

4 mar 2013

4 03 2013 - Notizie da Urano

4 Marzo 1943 by Lucio Dalla on Grooveshark

Betlemme non era una tappa di lavoro prevista durante la mia trasferta su Urano, ma quando il capo dei capi mi ha proposto di accompagnarlo ad un pranzo di lavoro, non ho esitato un minuto e ho detto "Certo! Così vedo dov'è iniziato tutto". Lui non ha detto nulla e siamo partiti.

Per andare da Ramallah a Betlemme un tempo ci volevano massimo 20 minuti di macchina. Ramallah è in area A (sotto completo controllo palestinese) così come Betlemme. Tuttavia, tra due aree A spesso c'è un'area C (a completo controllo israeliano) e questo costringe a cambiare strada. I Palestinesi adesso ci mettono quasi un'ora per andare da Ramallah a Betlemme. Durante il viaggio si percorre una strada di salite e discese a tratti stretta stretta, a tratti trafficatissima, taxi, macchine, autobus e camion, la usano tutti visto che è l'unica percorribile. Il capo dei capi va veloce, sembra avere fretta, forse siamo in ritardo per l'appuntamento, penso...

Lumix FZ28 - Ezaria
Macché, è proprio che i Palestinesi corrono e sorpassano da destra. Mi permetto di rimproverare il capo dei capi -lo so che non sta bene- ma quel camion mi sta entrando nel muso! Il capo dei capi mi dice di stare tranquilla e che comunque ci farà più attenzione e che in fondo ho ragione. Mentre penso a quanto sia ruffiano, è già salito su una rotonda, ha inveito contro il service che sta facendo scendere le persone e una macchina ci ha suonato perché non siamo schizzati via allo scattare del verde. Mi sa che mi arrendo e mi metto a fare un sacco di domande sui luoghi con l'intento di distrarmi.
Prima di arrivare a Betlemme si passa da Ezaria, che significa "alzati Lazzaro” e da wadi Nar, che significa la “valle del fuoco”. Wow! Sento il catechismo riaffiorare. Quei pomeriggi a fidarsi di qualcuno che ti raccontava quella storia e che mai avresti messo in discussione...Mentre mi stupisco e ricostruisco i fatti, il capo dei capi mi dice che saliremo in cima ad una città molto famosa che si chiama Beith Sahour. Proprio lì pare che un angelo avesse annunciato la nascita di Gesù ai pastori e che poi Elena avesse fatto costruire un convento che adesso è conosciuto come la grotta del pastore. Poi, mi indica il luogo in cui un tempo c'era la palma sotto la quale la Madonna partorì. Lui non sa che in questo modo mi sta distruggendo l'immagine di quella storia che mi raccontavano, quella della grotta, dell'asino e del bue...niente di tutto questo: Maria ha partorito sotto una palma da cui piovevano datteri e di cui si cibava per recuperare le forze dopo il parto.
...
Mi distraggo dallo shock di questa notizia solo quando vedo che il capo dei capi guarda a destra intensamente, ma che cerca? Siamo sul ciglio della strada, per fortuna ha rallentato, per fortuna... Mi dice di guardare alla mia destra, sorride, dice contento "quella è Gerusalemme est, noi Palestinesi almeno ce la guardiamo da qui, anche se da lontano" e mi dice che a seconda della luce, possono vedere perfino la cupola d'oro! Sono in imbarazzo, allora gli racconto che anche a me hanno negato l'accesso alla cupola d'oro l'anno scorso. Gli racconto che era venerdì 27 gennaio e un soldato mi mise la mano sulla spalla chiedendomi se fossi araba, io dissi di no e allora mi disse di allontanarmi, perché il venerdì la spianata delle moschee è chiusa ai turisti e aperta ai pochi Palestinesi ammessi. Gli dico che allora decisi di andarmene sul monte degli ulivi per vedere la cupola d’oro - anche io da lontano! -Bellissima, imponente. Lui sta zitto e chissà che pensa, ma almeno ha ricominciato a guardare davanti e s’è messo in carreggiata.
Lumix FZ28 - da Beit Sahour si vede Gerusalemme


All'appuntamento arriviamo in orario e senza tamponamenti. Parcheggiamo davanti all'uomo dei falafel, cerco un accendino da comprare, non ne vendono, così un negoziante mi regala il suo. Mi guardo intorno, c'è una luce bellissima su questa città da cui si annunciò la nascita di un uomo che attraverso diverse storie ha dato una direzione alla Storia di popoli interi...

Lumix FZ28 - Beit Sahour 

La strada del ritorno l’abbiamo fatta a buio. Il capo dei capi ha voglia di musica italiana, tira fuori il suo cofanetto preferito e mette su "4 marzo 1943". Bisogna sbrigarsi, alle 22.00 il check point non lascia passare e dobbiamo fare il giro da Qalandia. Per 15 minuti non ce la facciamo...
Però, almeno così abbiamo ascoltato tutta la canzone.

27 feb 2013

Italia, amici, risposte e chissà che domande...

Un'amica che vive all'estero mi ha scritto oggi su facebook:
Io di'o solo una osa....visto la politica italiana...eri più siura in Israele...e te lo dio anche in pisano stretto!!!!
Io ho sottolineato che mi trovavo in Cisgiordania. 

Una collega che vive in Cisgiordania invece mi ha scritto che quando l'hanno chiamata dalla frontiera israeliana, per verificare che non stessi raccontando bugie, mentre tentavo di passare dalla Giordania alla Cisgiordania, lei quasi quasi avrebbe voluto sconsigliare il mio rientro e lasciarmi in Giordania...

Una collega-amica, che anche lei vive in Cisgiordania, mi ha scritto per mandarmi il suo CV perché vorrebbe rientrare in Italia e lavorare qui.

Capisco i loro istinti nei confronti di sé e di me dentro e fuori l'Italia e le ringrazio.

Io rifletto sul fatto che, da oggi, la confusione generale nel tornare e vivere in Italia aumenta ancora di più. Forse non bisognerebbe chiedersi neanche perché a questo punto, ma mi farebbe davvero schifo smettere di farmi domande.

Ho un altro caro amico che mi ha insegnato che dietro una buona risposta, ci vuole una buona domanda.

Oggi non la trovo la domanda, ma solo la risposta: mi sa che mi preparo a migrare di nuovo.

Lumix FZ28
Wadi Rum, Giordania




26 feb 2013

la strada delle montagne




Era dicembre 2011 quando ricevetti questa mail da “Arrogance”, il mio futuro ospite di camera aperta che presto manderà notizie dal Kurdistan.
Solo un mese dopo avrei per la prima volta messo piede, braccia, busto, testa, anima in Palestina. Prima di allora era solo una grande incognita, tanto famosa al mondo intero, tanto sconosciuta al mio di mondo. Un mondo che al massimo si era allargato all’Africa, ma di medio oriente…neanche l’ombra neanche nell' immaginazione.
Ricordo che mi aggrappai a queste parole, cercando elementi per capire cosa mi aspettava, cosa avrei trovato, così da poter cominciare a pensare a come comportarmi. Perché era questo il principale dubbio “ma io? Come devo fare? Perché, cosa fare più o meno lo so”.

Devo scrivere qui ed ora, prima di lasciare questo paese, nonostante siano le 4 del mattino.
Devo scrivere finché sono ancora a stretto contatto con gli occupanti, nel vero senso della parola. Mi vengono in mente i visi animati, la gestualità vivace, gli umori accesi, dei miei colleghi di lavoro palestinesi, con i quali ho trascorso questi intensi giorni di lavoro. Mi ha sempre colpito, e tuttora sollecita la mia attenzione, la loro pervicace testardaggine a continuare il loro lavoro, nonostante tutto. Nonostante una situazione sociale opprimente e (apparentemente?) senza uscita. Nonostante le 1000 difficoltà, anche legate alla generale povera condizione culturale locale.
Ma questa volta ho avuto un’ulteriore percezione della sofferenza, dell’esclusione, della messa a repentaglio addirittura della possibilità di vivere (non solo un problema di dignità insultata).
La condizione delle tribù beduine, che, cacciate dalle loro terre, si trovano da qualche tempo alla mercé di tutti, protette da pochissimi. Evidentemente, anche il loro legame con la società palestinese è debole, poiché pare che non ci sia per loro la stessa solidarietà nazionale che di solito si manifesta quando gravi atti d’ingiustizia vengono compiuti dai sionisti.
Mi sono reso conto di quanti beduini siano stati costretti ad emigrare negli sterili pendii che degradano da Ramallah verso Gerico.
Quando fai la strada delle montagne, man mano che scendi lungo il suo percorso tortuosissimo, che apre allo sguardo paesaggi inusitati e bellissimi per la loro vastità, ti accorgi dei numerosi accampamenti di gruppi di beduini. E resti subito colpito dalla estrema miseria in cui versano: non ci sono più le tipiche tende che ho visto in Siria, ma baracche di latta che perlopiù ricordano i nostri accampamenti di zingari ai margini delle città. Vedi baracche improvvisate e fai fatica a capire quali sono per le capre e quali per gli uomini. Avevo già notato la loro presenza numerosa in aprile e mi ero chiesto come facessero a sopravvivere in una tale condizione di aridità, di cosa si alimentassero le capre in un ambiente praticamente deserto, cosa potessero mangiare gli uomini, etc. Ma mi era stato spiegato che loro sono beduini e che sono adattati a vivere lì.
Stavolta invece, ripassando in quella strada e con la nuova consapevolezza della loro condizione emarginata (proprio oggi centinaia di beduini sono attesi a Gerusalemme per uno sciopero di massa contro l’ennesima confisca, l'ennesima rottura di un equilibrio ecologico millenario) dicevo proprio oggi ho guardato più attentamente dal finestrino dell’autobus che mi portava a Betlemme. Le solite baracche, le solite magre capre, ma anche tanti bambini, poco coperti (fuori era freddo: 14 °C) che vagavano molto seri, raccogliendo scarti di legname evidentemente per le loro stufe. Intorno solo estremo disordine, sporcizia, niente acqua, niente corrente ed elettricità: estrema marginalizzazione, esclusione.

Sono tornato in albergo con una grande tristezza, quei bambini erano davvero molto seri. Per pura coincidenza, trovo tra le mail una comunicazione di una ONG italiana che racconta una storia di recenti soprusi proprio a carico di quei bambini che avevo appena visto.
Un' ennesima testimonianza della micidiale ed inesorabile azione repressiva dei diritti umani di base. 

Sono adesso all’aeroporto di Tel Aviv e sono circondato dai controllori: sono eleganti, dinamici, paiono proprio europei. E quando ci parli sono affabili, cortesi. Stridente contrasto con quello che riescono a fare fuori di qui.
Non lo diresti mai. No, non lo diresti mai.

Poi quella strada l’ho fatta anche io, fisicamente ho attraversato quel pezzo, con la testa fuori dal finestrino. La strada delle montagne. Il rischio è che ti venga anche da dire “ma guarda che bello, il deserto, le capanne...”
Lumix FZ28 - la strada delle montagne da Gerico a Ramallah

16 feb 2013

Notizie da Urano

http://www.sfondogratis.com/


Il sogno di Vani
Accettavi la proposta di S. di andare su URANO con una navicella spaziale. Tempo per andare: 2 anni. Solo voi due. Ti parlo e interagisco con te mentre stai già sulla navicella (tipo un missile per andare sulla luna), quindi in procinto di partire (la solita ansia dei sogni). Mi affidi qualcosa dell'Aikido (una bottiglia con un collo lunghissimo, vetro blu scuro, con decorazioni dorate giapponesi, che a me cadrà poco dopo, perché era in bilico sopra un suolo sconnesso, ma tu eri già via o comunque non potevamo comunicare).  Io faccio una corsa affannosa perché non potevi partire senza la cosa più importante: un diario. Te lo procuro e riesco a passartelo. Ora mi sento meglio. 
S. ovviamente, pilotava la navicella, si era procurata i soldi per comprarla e aveva ottenuto la patente. Mi spiegavi anche perché avevi deciso di andare e io cercavo di convincerti che tu ami la vita sociale e Urano è deserto e oltretutto due anni di quasi isolamento sulla navicella...(solo per andare)....però tu avevi le tue ragioni per andare, che non ricordo.

Io dico che Vani ha ragione a pensarmi in luoghi riconducibili ai pianeti. 
Sono a Ramallah, in Cisgiordania, un luogo che non è quello che ci fanno vedere. Sono solo 4 le ore di volo che separano l'Italia dalla Palestina, ma quello che trovi qui è davvero un altro pianeta. E ciò che lo rende tale è che è identico ai nostri luoghi, spiccicato: basta essere andati almeno una volta in sicilia, in puglia, in calabria, in campania, ve lo giuro! E' un posto testardo, sempre pieno di gente in strada, stanno in gruppo, parlano assai, la cosa semplice la incasinano, sopportano, è ingarbugliato, è fiero, è pieno di dignità, tradizioni cibi, costumi, religioni e saperi. Però è occupato, sorvolato, controllato, guardato e regolato da molta più gente con un sacco di saperi, doveri, costumi, cibi, testardaggine...ma con modalità e agire che non c'entrano niente di niente di niente.
Ma qui sanno sopportare, ci sanno convivere con la tensione, non mollano, monta anche la rabbia certo, quella che solo loro sanno avere e parlano parlano e parlano e guardano negli occhi sempre e per quanto possibile sinni fricano -come direbbero Carmine Abate e Lara- dei limiti dentro i quali vivono e prendono, usano, conumano e si godono quelo che hanno. Così, vivono lo stesso. 
L'insieme di queste due cose, fa di questo posto un altro pianeta?
Nell'immaginario notturno di Vani, mi sa.

Poi si sa, il bello dei sogni è che possono diventare qualunque cosa.
Lumix FZ28
Kobar, Palestine





24 dic 2012

23 12 2012 Mino de Santis in concerto

Al Voice Cafè vegan bar di Campi Salentina. 

Impressioni dal vivo: 
Mino de Santis è un timidone
Pasquale Gianfreda (basso) è zen
Pantaleo Colazzo (fisarmonica) è stanco

insieme, funzionano.