A tutto Est: in Giappone

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3 mag 2020

Una settimana di autoscatti: l'effetto che fa

Cbp e Enez Vaz si parlano e tirano fuori quasi per gioco un’idea fotografica da fare in 7 giorni: 
ogni giorno uno scatto o meglio un autoscatto, perché c’è chi nell’isolamento è solo. 
Ogni giorno è libero: lo sfondo da usare, l’interno, l’esterno, la posizione, guardare in camera o no. Bisognerà solo scattarsi una foto dalla vita in su (autoritratto a mezza figura). 
I soli due obblighi sono “un oggetto” e un “vestito” che cambieranno ogni giorno. 

Giorno 1: camicia bianca + bicchiere e bottiglia
Giorno 2 : canottiera + libro
Giorno 3 : costume da bagno + occhiali da sole
Giorno 4 : maglia a righe + spazzolino e dentifricio
Giorno 5 : giacca invernale con cappuccio + quaderno e penna
Giorno 6 : camicia e giacca + macchina fotografica
Giorno 7 : giacca senza camicia + frutto

Elisa da Lione, nel g.7
Sono oggetti semplici, che potenzialmente useremmo, mangeremmo o che semplicemente teniamo lì perché ci piacciono. Così come i vestiti: le righe, la camicia, il cappotto, tutte cose “normali”, in un periodo che di normale ha apparentemente poco.  Infatti ci succede che alcuni di questi oggetti non possiamo usarli, averli, comprarli e i vestiti, che metteremmo senza neanche guardarci,  adesso ci fanno un altro effetto.

E' così che per me, che in questa idea ci sono entrata nella seconda fase, la diffusione, tutto il contorno è diventato l'aspetto più interessante:

Quale soluzione troviamo con questi elementi e in che situazione ci mettiamo? 

Vediamo l’effetto che fa… 

Abbiamo invitato amici e conoscenti distribuiti in diverse zone del mondo, per vedere le differenze, durante un periodo che ci accomuna enormemente in termini di limiti, confini, forse anche paure, riflessioni, pensieri. Alcuni invitati hanno poi esteso l'invito ad altre persone.
Ogni invitato ha svolto questo esercizio secondo la propria condizione personale, sotto le regole della propria città, regione, stato, continente, in tempi e modi diversi. 

Ecco le "reazioni" di prima, durante e dopo dei 36 partecipanti tra Italia, Francia, Germania, Grecia, Olanda, Madagascar, Quatar.

C’è chi si è esaltato "avete dato un senso alla nostra settimana!"
Chi si è anche un po’ irritato per l’ulteriore compito “in tutto questo bordello”. 
Chi ha iniziato e non ha finito, perché non aveva i vestiti, gli oggetti, perché è difficile restare concentrati e portare a termine un compito.
Chi ha dimenticato, ma ha recuperato tutto in un giorno. 
Chi ha composto una storia.
Chi ne ha scritta più di una. 
Chi ha affermato di non avere bottiglie. 
Chi ha scambiato bicchiere (glass) per occhiali (glasses).
Chi "in costume manco morto/a".
Chi in costume dalla vita in giù.
Chi poi si è scusato per essere stato banale e poco speciale.
Chi "ma posso fare una messa in scena?"
Chi è giovane e autoscatto vuol dire selfie.
Chi invece è anziano, anche in esperienza fotografica, e si fa l'autoritratto con tanto di timer.
Chi pellicola, chi digitale, telefono, ipad,  reflex.
Chi si è reso conto che alla fine di tutto, era meglio non mostrare a tutti.
Chi non acconsente alla diffusione per hashtag di #covid, #isolamento, #pandemia.
Chi ha tirato su le maniche per farsi una canottiera.
Chi ha avuto paura di essere "eliminato dal concorso".
Chi alla fine "bella idea, guarderò il risultato".
Etc. etc...

E’ stata una bella cosa, soprattutto il contorno, le domande, le curiosità del perché.
E' stato emozionante vederli tutti insieme e organizzarli nella galleria che con Enez Vaz abbiamo costruito per Persone, Giorni & Temi e qualche extra

Leggete cosa scrive Enez Vaz QUI, che lui c’era dall’inizio. 

A chi ha partecipato un grande GRAZIE per la fiducia. 

E adesso, guardatevi adesso l’ effetto che fa. Cliccate qui: UNA SETTIMANA DI AUTOSCATTI

Xana da Berlino nel g.6
Nambs da Antananarivo nel g.3
Jean Michel dalla Réunion nel g.7

21 mag 2016

Tutta colpa di Giacomelli

…se poi a uno gli piace il bianco e nero nel 2016 e lo cerca in tutti i formati e ISO

La figura nera aspetta il bianco è il titolo della mostra dedicata a Mario Giacomelli in cui si trovano alcuni dei momenti più importanti della sua vita fotografica. 
E’ a Palazzo Braschi a Roma fino al 29 maggio. Sbrigarsi quindi, se si vuole rimanere impressionati (come su un negativo). 
Io ho esclamato “Ecco quello che voglio dal bianco e nel nero”.
Al mi ha corretto “con la luce e il nero”.
Giusto.

Oltre alle fotografie la mostra offre un video. Forse qualche pannello in più avrebbe aiutato il visitatore a entrare nell'indissolubile legame tra Mario Giacomelli e la sua terra, da cui raramente si è allontanato, le Marche, e che restituisce in ogni sua crepa.
Per chi volesse, esiste un'autobiografia "La mia vita intera" (a cura di S. Guerra, Ed. Bruno Mondadori, 2008), acquistabile nello shop al piano di sotto. O sennò su internet.
Poi resta solo una cosa: andare nella Senigallia sua città natale di Senigallia, visitare il MUSINF, Museo d'Arte Moderna, dell'Informazione e della Fotografia e fare un giro nelle campagne vicine.
Poi, come dicono a Pisa, me lo ridite. 
Magari anche qui.


qui, un vecchio post...


11 nov 2015

ll giorno dei caduti


THE MEMORY DAY


Saint Paul Cathedral
Londra, 2015


RICOH 35 ZF -  pellicola FOMAPAN 400


E' il giorno della memoria dei caduti di guerra e fuori dalla Cattedrale di Saint Paul tutti indossano il papavero all'occhiello. Fuori ci sono le macchine di rappresentanza con le bandiere inglesi. Potrebbe esserci qualche esponente della famiglia reale dentro la chiesa. I bambini scout si preparano lungo le scale in fila. La banda aspetta di suonare e ammazza il tempo facendosi le foto con i turisti. Sono perlopiù le signore di una certa età che vogliono essere ritratte con l'aitante suonatore di banda.
Chissà che si prova a vestirsi così.

23 gen 2015

i rulli del frigorifero: dal cuoco


UN CUBANO AL PROCOIO


Priverno (LT), 2014

YASHICA MAT124 - Foma 400


gli ultimi 6 mesi di camera escono dal frigo
facendo piroette, entrano in tank
si tolgono di dosso le polveri, ma non i sali
e, infine, sviluppano le proprie potenzialità


qui siamo felicemente al Forno del Procoio dal cuoco Alessandro Coviello





5 gen 2015

ben-venuto e ben-andato: ricomincio dal 2015


Terra mia by Pino Daniele on Grooveshark




E così il primo post del 2015 è di addio
Il primo post dopo tanti mesi in cui Camera e Sud ha preso una pausa sia dalla camera che dal sud.
Perché ultimamente Tsaramaso va a Est, o meglio a middle est, e ha una ventina di pellicole nel frigo da sviluppare e che sono un arretrato dei vissuti degli ultimi 6 mesi. 

Così, oggi mentre pensavo a come rinnovare e ricominciare questo 2015 blogghistico ho saputo che Pino Daniele non c’era più.
E Pino un pensiero se lo merita, anche se il mio sarà semplice, come semplici erano le sue canzoni di terra, di mare, di gente, di vecchi che vivono e di giovani che lottano, e di parole e dialetto. E’ a quelle "parole di dialetto" che va il mio pensiero. Quelle parole dal suono quasi fastidioso per noi che nella costa est il maschile non lo “incupiamo”. Parole che sono entrate inevitabilmente nella testa di chi lo ha ascoltato, Pino Daniele.

Terra mia è stato il primo disco di Pino Daniele che ho veramente stuprato, fino a impararle tutte quelle parole. Così oggi col fantastico mondo dei provider di musica online posso condividere Terra mia in 1 minuto con tante persone. Mentre prima ci voleva un sacco di tempo col forward e col rewind per trovare la canzone che volevo sulla cassetta...

Bentrovati!
e buon anno anche a te, Pino.


TERRA DI PUGLIA, 2014
HASSELBLAD - Kodak 400TX

12 set 2014

12 Agosto - 12 Settembre 2014: un mese da masculazzo!


Polaroid Land 210 - Fuji FP100c


Il 12 Agosto ero a Mljet, in Croazia e il quinto masculazzo nasceva.
Mljet a Leo piacerà quando ci andremo.


QUI ci sono tutti li masculazzi che ho fotografato dentro le fimminazze.

E qui sotto, il nostro Mino de Santis, che a quanto pare c'ha visto bene...

Lu masculazzu by Mino de Santis on Grooveshark



27 lug 2014

18/6 - 05/7 2014: appunti dalla Palestina - 02



Gerusalemme, 28-29 giugno 2014

la luna del 12 luglio 2014 dall'Italia - Nikon D70

La strada che da porta Damasco va al monte degli ulivi verso il muro di Abu Dis ha una cosa che è speciale: la città vecchia sulla destra e la luna che ci sta sopra.
In questi giorni di Urano è iniziato il Ramadan. Kav e Fef’ me lo hanno detto loro che esiste una commissione in Arabia Saudita deputata a guardare la luna e a dare il via quando sorge nuova nuova. E mi sono immaginata quest’uomo barbuto scurissimo con la jallabya bianca, in cima a un monte e un mega cannocchiale. E giù la folla ad attendere. Poi me lo sono immaginato che alza il braccio, scoppia il fuoco colorato e poi l’inizio dei lavori…

Dicono che la luna del 12 luglio sarà speciale, ma c'è tempo ancora.

Anche questo Ramadan qui in Palestina è speciale. Purtroppo. 
Si confondono i fuochi d’artificio con le “bombe sonore”.

Io avrei voluto vederlo il primo giorno di Ramadan ad Al Quds di Urano. Invece la combriccola straniera (ma molto locale nel suo intimo) composta da Kav’, Fef’, Moskah e Saret’, ha preferito il mar mediterraneo a nord di Tel Aviv. 
“Tanto ad al Quds poi ci torno e me lo faccio venire a noia il Ramadan” ho pensato. Così ho seguito la combriccola verso il mediterraneo. E’ forte la combriccola. C’è anche Mr. B’ con noi, che spesso annuisce con un “right” inglesissimo mentre fa ciondolare in avanti la testa. Mr. B’ usa le question tags, non le sentivo dal liceo. Ci mette un sacco a fare ogni cosa e mentre la fa usa il tempo per chiedersi se sia il caso o no. Se poi chiede aiuto a Kav’ allora possono passare anche 40 minuti prima di capire come mettere il primo picchetto alla tenda.

A Palmachim (che mi sa di Palm beach), si può fare campeggio libero. 

E questo è un altro motivo dei vari motivi per seguire la combriccola e vedere la luna nuova da lassù: il grado di libertà a Tel Aviv. 

La spiaggia è in un Parco Naturale, paghiamo 30NIS e la tipa all’ingresso sta mangiando una pera; non degna di uno sguardo Moskah che le da’ i soldi. Io temo addirittura che le sputi in faccia i semi della pera. Solo che se lo fa, poi se lo ricorderà per il resto della sua vita.
E’ la fine dello shabbat, le spiagge si liberano di gente e restano grandi isole di plastica, che quasi non ci credi che siano venuti e abbiano detto “Buongiorno questa ora è casa nostra” e poi che non la tengano pulita.

“SEEEEE. Allora non hai capito?"

"No, evidentemente"
I pulitori di spiaggia arrivano con le camionette. Però arrivano di notte, coi fari accesi che ti entrano nella tenda. Svuotano i cestini e lasciano le isole di plastica. Quelle le toglieranno il giorno dopo i pulitori appiedati. 
La prima luna di Ramadan a Tel Aviv era dunque sul mare ed era quella giusta, minuscola, piccolissima e chissà dov’era. Io la immaginavo tra il barbecue di pollo arrostito, le verdure grigliate e la sabbia che ti entra in bocca; per forza, se vuoi sempre parlare o ascoltare a bocca aperta. Se poi ridi, è la fine.

Lei e Lui ad un certo punto si sono avvicinati a chiederci qualcosa. Non erano come quelli di prima che a stento hanno detto “Hi!” e volevano della legna. Questi sono gentili  e parlano arabo. Lei è incinta, Lui è sorridente. Ci chiedono del pane e noi gliene diamo un solo pezzo della nostra bustona piena comprata a Beit Hanina.
Chissà la luna dov’è andata a sorgere, quando finalmente perdo i sensi e mi risveglio a suon di racchettoni.
Sono le 6:15 e lo Stonk Stonk di questi che non hanno di meglio da fare lo affogo nell'acqua. Mi tuffo. L'acqua è bellissima, pulitissima. Riconosco il sapore del mediterraneo. Sento dei rumori fortissimi, sembra un aereo, ma non si vede. Poi un altro, penso che forse sto sognando e di non essere davvero lì dove sono. Mi avvicino a rana verso la riva e sento della musica, metto a fuoco, sotto un ombrellone ci sono altri ragazzi che giocano a racchettoni e un terzo, con un microfono e un amplificatore, sta cantando. Alla mia sinistra, Tel Aviv nella nebbia; alla mia destra, una scogliera che separa questa baia da un'altra. Ancora questi aerei senza che io li veda. Penso che potrebbe essere di tutto, anche un sottomarino. Mi vengono in mente i racconti di ieri al barbecue delle esercitazioni di Moskah con la maschera antigas. Mi rituffo e prendo la via parallela alla costa. Non voglio uscire. Continuo a osservare dal mare cosa succede sulla terraferma. Vedo una grande tenda, sembra di lungo-degenza. Lei è incinta. Sono i ragazzi del pane! Esco e mi fanno ciao con la mano. 
Siamo tutti al bar ad aspettare un caffè. Così i due vuotano il sacco o meglio, raccontano che vivono lì da 5 gg, in spiaggia, sono scappati e scampati alle rispettive famiglie che li hanno ripudiati. Perché Lei ama Lui e Lui ama Lei, solo che Lei aspetta un figlio da Lui, ma ne ha già due da uno che la picchiava. Anche Lui ha due figli ma da una che non picchiava. Adesso stanno lì a Palmachim, in Israele dove paradossalmente è più sicuro che a casa loro. E noi gli abbiamo dato un solo pezzo di pane della nostra bustona piena zeppa.

Quando usciamo dal parco, ancora con la sabbia in bocca, il sole tramonta e la luna sarà un pochino più grande stasera. Io non capisco cosa siano quei camion con il rimorchio alzato dalla parte sbagliata.
Poi incollo il naso al vetro, quando mi dicono che è una contraerea.
Il grado di libertà del campeggio libero a Tel Aviv.

"Arrivati alla contraerea, sempre dritto poi c'è il cartello sulla destra, lo vedi, quella è l'entrata principale al parco. Lì puoi campeggiare liberamente."

Quando rientriamo a Gerusalemme è appena scoppiato il cannone dell'iftar.
Noi, lo faremo a ovest col sushi, tanto la luna a destra sulla città vecchia, non ce la toglie nessuno andando verso Abu Dis.




contaflex ikon zeiss - KODAK 400TX

Al Quds è il nome arabo di Gerusalemme
L'Iftar è il pasto serale consumato per interrompere il digiuno quotidiano durante il Ramadan

8 lug 2014

18/6 - 05/7 2014: appunti dalla Palestina

Stavolta c'era vita su Urano. Bè, in effetti quando mai non c’è stata? Ma stavolta di più. Il diario scoppia, la testa pure. Per forza. Sta succedendo quello che per il mondo intero è normale che accada, evidentemente. Talmente normale da sentirsi legittimati a rimanere a guardare. Io ho avuto vergogna per questo mondo che guarda e basta. Se resti, un modo lo trovi, sennò vattene.


Bene, qui è così, sennò vai a lavorare alle Hawaii.

Fai sempre quello che ti dice il palestinese, segui lui, chiedi.

Lo vedi che quando guido metto il braccio fuori e parlo arabo?

L’importante è che non ti scambino per settler.

Su Urano sta per scoppiare la terza intifada.

E gli shabab si sono dati una mossa.
Alhumbdulillah?

Quando scoppia non sempre è il fuoco d’artificio del Ramadan.
Se lo è, lo usa lo shabab ad altezza uomo, perché oltre le pietre, i vetri, il fumo nei cassonetti...

Se i soldati passano da qui tra gli ulivi per prendere di sorpresa gli shabab, casomai offritegli da mangiare.
Meglio i soldati dei settlers, anyway, since they should be more cleaver.


Da una parte gli shabab che vuol dire “ragazzo, capetto”.
Dall’altra, dietro l'angolo, il bambino che vuol dire bambino in tutto il mondo.

nikon D70 f35-70


le altre notizie da URANO


23 giu 2014

maratona: tema 4

31 maggio 2014. Come ogni anno la maratona di Imago: 4 temi ogni 3 ore.
Nel 2012 l’ho fatta a Parigi, nel 2013 mezza a Pisa, mezza a Viareggio.
Quest’anno la faccio qui, a Mesagne e dintorni con la Yashica MAT124G
La maratona fotografica si fa in 12 ore. Qui ho più tempo.
A pensarci su, la parola maratona è perfetta per riassumere questo stare qui.
Maratona, costanza, mantenimento, correre, tempo...
Sì, è lei.

Ore 18:00 - Tema 4: e tu di che selfie sei?
Sento l'eco rimbombare "oh noooo". Perché ormai c'è la guerra ai selfie. Eppure, se selfie significa autoscatto, bè tutti i più grandi fotografi se li sono fatti con le loro Hasselblad, Leica, Graflex, nello specchio, nelle vetrine, nelle pozze d'acqua. Io personalmente me ne sono fatti tantissimi in pellicola, soprattutto mentre facevo il corso online di fotografia della National Geographic e col fisheye scattando anche con i piedi. Che figata. L'ultimo autoscatto prezioso volevo farlo quando A. mi ha prestato la Hasselblad a Natale. Era quasi un dovere dovermi immortalare con lei. Come fosse l'unica volta. Solo che poi con donna Hassel (è proprio femmina la Hasselblad) sono andata in giro per masserie abbandonate e gli oggetti e i dettagli hanno vinto su di me. Una sedia, una panchina, una foglia di fico, un tetto sgarrupato, un muro a secco, una striscia di luce. Tutto tranne me. Ecco di che selfie ero a Natale. Trovo quindi geniale il tema, che arriva mentre sono da Leroy Merlain con mio padre. Trovo che sia proprio un'occasione per dire la propria su questo fenomeno prima sposato, poi abbandonato. Del selfie, oltre al nome, dà fastidio il "qui e ora" (scatto e posto) immagino, ma la maratona per regolamento non può esserlo, quindi bravi, bravissimi.

Il migrante i selfie se li fa in continuazione quando è nella sua terra. Si guarda un casino, si osserva, deduce, si chiede e si risponde all'istante, altro che polaroid!
Alle 13.30 appuntamento da Silvia e Simone per andare a mare, primo bagno, sono in ritardo, mi sono trattenuta a Brindisi un po' di più, ma neanche loro sono pronti. Le previsioni ci direbbero di rimanere a nord di Brindisi, ma a sud Silvia e Simone ci devono andare per forza. Per loro la direzione è Castro. Io li accompagno per un pezzo. Così partiamo, in 3 con due macchine, io rientrerò da sola la sera. Direzione, Santa Caterina, uno dei nostri posti preferiti. Poi la strada è fantastica, Porto Cesareo, Sant’Isidoro, e su verso Santa Caterina; è uno spettacolo. Ma Simone manca il cartello per la litoranea e io, con la musica a tutto volume e la testa in panne,  me ne accorgo troppo tardi. Pace, tanto io me la farò a ritorno da sola e sarà il tramonto. E così è dopo il bagno, 2 birre, il cibo le risate, il temporale e ciao Silvia buon matrimonio, io risalgo. Ci metto un sacchissimo a fare la litoranea; mi fermo e mi godo il giallo oro della strada che da Porto Selvaggio passa da Torre Uluzzo e Torre Inserraglio. Proprio lì dove Silvia spariva mentre noi pulivamo casa, durante le nostre vacanze collettive e la trovavamo a sognare seduta davanti al tramonto. Passato "il fico d’india" e passati i ricordi di quei figaccioni che ci piacevano tutti, quando eravamo poco più che adolescenti, vedo un muro perpendicolare alla linea del mare. Il solito muretto a secco, ok, ma alla sua sinistra ha una sorpresa, l'arcobaleno della pioggia di prima.
Ed ecco il selfie del migrante che spiaccica il suo sguardo su quello spaccato di mondo e pensa “meno male che non ci sto sempre, sennò la sorpresa di questa bellezza non si rinnoverebbe” mentendo spudoratamente.
padella-phone


16 giu 2014

maratona: tema 3

31 maggio 2014. Come ogni anno la maratona di Imago: 4 temi ogni 3 ore.
Nel 2012 l’ho fatta a Parigi, nel 2013 mezza a Pisa, mezza a Viareggio.
Quest’anno la faccio qui, a Mesagne e dintorni con la Yashica MAT124G
La maratona fotografica si fa in 12 ore. Qui ho più tempo.
A pensarci su, la parola maratona è perfetta per riassumere questo stare qui.
Maratona, costanza, mantenimento, correre, tempo...
Sì, è lei.

Ore 15:00 - Tema 3: curve pericolose
AL: “Hai mica una tartaruga?”
Io: “Mmmhmmm no, però magari puoi rubare quella di pelouche di Benedetta”
pausa
AL: “Trovata! Vado al passaggio a livello”
IO: “Ok, io vado a cercare uno scurzone"
AL: “Bellissimo”
Non è facile questo tema, per niente. 

Le strade qui le conosco eppure riesco a perdermi ugualmente; è la testa che mi fa perdere. In campagna in questo periodo  prevalgono il giallo del grano, il blu del cielo e il bianco delle nuvole. Come un disegno nella testa di un bambino alle elementari. Monto sulla nuova meriva classe 2004 dei miei e vado verso la cava, dove c’è l’arco-in-mezzo-al-nulla. Mi ci portò Brà la prima volta, di sera e c’era la luna piena. Ricordo quel silenzio. Lo stesso che c’è adesso, perché è furora e alla furora si sta in casa, chi dorme, chi lava i piatti, chi fa l’amore, al massimo si fugge di nascosto dalla moglie per il bar con gli amici; ma in campagna la sciurnata è finita. A dire il vero un’Ape mi passa accanto, il contadino mi scruta e avanza con il volto verso il vetro anteriore, ci seguiamo con lo sguardo, dal vetro anteriore la sua faccia adesso è piantata sul finestrino di destra; io faccio ciao con la mano; lui abbassa la testa e la cosa è risolta “sono di qui” e lui “bbuenu, ma cc’è ssontu ddì machini fotografichi strani?”
Resto davanti all’arco e penso che neanche stavolta mi ci avvicinerò, anche se tra me e lui ci sono i fiori adesso. L’arco-in-mezzo-al-nulla ha senso da lontano, silenzioso, bollente, con i pali dell’elettricità dietro. L’arco-in-mezzo-al-nulla è in vendita. Azz! Chi lo comprerà, lo butterà giù? Ci costruirà qualcosa intorno, dietro, sopra e sotto? Niente più passaggio della luna nell’arco per noi nottambuli? Ecco la prima curva pericolosa di oggi. Allora mi giro e alle spalle ritrovo quel giallo intenso. La casa-alla-cava è ancora lì per fortuna, i fichi d’india e i cipressi, pfiuuu, non è in vendita la casa, anche se avrebbe più senso. Nella casa-alla-cava, così come nella casa della Nunna Leta e della Vergine, i ragazzi dovevano passare il test del “masculo vero”. Per esserlo, dovevano andarci dentro al buio di notte. Non mi piaceva, forse perché masculazza mi ci sono sempre sentita, ma le femmine lì non erano ammesse, se non per imboscarsi.
La furora è capace di rallentare anche la frenesia del migrante, così lascio il giallo, blu, bianco, arco e ricordi di adolescenza e rientro a casa.

Io: “Allora la tartaruga?”
AL: “E’ stata bravissima, la curva più bella che c’è. E poi cilona era il mio soprannome”
Io: “Anche il mio: io, cilona piccola e mia sorella, cilona grande”

le foto a sin e in basso a dx: Padella-phone
la "tartaruga" in alto a sin è di AL: Canon 400d f15-85




DIZIONARIO
cilona: la tartaruga
furora: il primo pomeriggio (14:00-17:00)
sciurnata: la giornata di lavoro
scurzone: il biacco Hierophis viridiflavus



6 giu 2014

maratona: tema 2

31 maggio 2014. Come ogni anno la maratona di Imago: 4 temi ogni 3 ore.
Nel 2012 l’ho fatta a Parigi, nel 2013 mezza a Pisa, mezza a Viareggio.
Quest’anno la faccio qui, a Mesagne e dintorni con la Yashica MAT124G
La maratona fotografica si fa in 12 ore. Qui ho più tempo.
A pensarci su, la parola maratona è perfetta per riassumere questo stare qui.
Maratona, costanza, mantenimento, correre, tempo...
Sì, è lei.

ore 12:00 - Tema n.2: l’arte messa al muro
Alle 10.00 sono con quelli di Mesagne bene comune, la nuova lista civica locale. Ci portano in giro per il centro storico per assegnare il premio "Attila flagello di Dio" al Comune di Mesagne come denuncia alla mancata tutela e valorizzazione di tesori occultati. Il tesoro più occultato è la chiesa di SS Salvatore. Non si vede perché la chiesa è murata e intonacata in pieno centro storico. E’ davanti all’ex Cassa di Risparmio. E' vicino la porta piccola, dove abitavo e ci sono passata per anni per andare a scuola a piedi e anche in vespa con Lilli. Passando di lì "tagliavo" per andare in villa, dove ci incontravamo e ci mettevo 8 minuti esatti camminando veloce, perché negli anni '90 il centro storico era ancora agitato. Forse è per questo che non mi sono mai accorta di quel muro bianco, piuttosto quella Cassa di Risparmio dismessa, ma quando la aggiustano? Questo me lo chiedo ancora adesso. Dentro quel muro non c’è una casa disabitata, ma una chiesa medioevale con affreschi bizantini, topi e piccioni. Fuori, una finestra murata e una persiana finta, accanto alla quale, un portone chiuso, di quelli ad arco grandi grandi. La bandiera con la faccia di Abatantuono ci sta proprio bene.
Passato vicolo dei Resta, verso la porta nuova c’è via Capodieci, una delle mie preferite, strettissima, bianca ovunque, intonacata tipo Grecia e con le chianche vere a terra. Mi sa che là ci stava Chicchino, il nostro amico scultore, musicista-ad-orecchio, contadino, nonno adottivo di mio fratello, innamorato delle cugine zitelle di mia nonna, che andava in bicicletta fischiando e cantando, sempre allegro, che a stento sapeva scrivere il suo nome, che poi è morto a Como dal figlio. Lontano dalla sua Mesagne, peggio non poteva succedergli. Già, quando parte lo stream of consciuosness parte! In via Capodieci ci sono le case torri con le sottane e le soprane. Franco, la nostra guida, sa tutto. A Chicchino sarebbe piaciuto, anzi sicuramente si conoscevano. Per pensare a lui mi sono persa l’inizio del racconto e ho capito solo che nelle sottane si lavorava e nelle soprane si viveva. AL mi dirà il giorno dopo che nelle sottane si prostituivano. Non fa una piega. Tutto è bianco e tutto è anche scarabocchiato, dentro e fuori colorato di pennarelli, pedate, manifesti staccati male. Chiedo ad And&Rin di mettersi uno difronte all’altra con il cane e di guardarsi intensamente negli occhi. Decido che quello scatto lo ruberò al rullo della maratona, ma l’ovvietà di quella scena m’intriga. Il muro è dietro e il tema viene rappresentato prima ancora della sua uscita, perché sono ancora le 11:00 e il tema uscirà alle 12:00. Alla fine del giro, abbiamo tutti fame è ora di pranzo e scopro che quello di oggi è il terzo degli incontri-denuncia di Mesagne bene comune, chiedo quali siano stati gli altri 2 e mi rispondono “la visita a Muro Tenente e a Muro Maurizio”.
Abbasso lo sguardo e mi beo di questa magia, mi sento ancora nel posto giusto.
padella-phone

3 giu 2014

maratona: tema 1

31 maggio 2014. Come ogni anno la maratona di Imago: 4 temi ogni 3 ore.
Nel 2012 l’ho fatta a Parigi, nel 2013 mezza a Pisa, mezza a Viareggio.
Quest’anno la faccio qui, a Mesagne e dintorni con la Yashica MAT124G
La maratona fotografica si fa in 12 ore. Qui ho più tempo.
A pensarci su, la parola maratona è perfetta per riassumere questo stare qui.
Maratona, costanza, mantenimento, correre, tempo...
Sì, è lei.

ore 9:00 - Tema n. 1: un irresistibile richiamo
Il tema esce su FB alle 9.00 e papà esclama “facilissimo: sei tornata a casa, l’ulivo!” Sorrido per il “facilissimo” e parte lo stream of consciousness. Mi viene in mente che a Brindisi ci fermiamo sempre in via Appia a prendere il pesce da mangiare possibilmente crudo, e quell’odore fortissimo appena scostata la tenda e di quando anni fa il pescivendolo disse: “Dottò, due datteri?” E io mi tappai le orecchie fresca-fresca di laurea in Biologia. Ma come fotografare un odore? Mi viene in mente quel suono che sento una volta lasciata la direttrice Brindisi-Taranto allo svincolo per Mesagne. Come fotografare un suono? Arrivo "ciao ma'" poi esco per il primo caffè. Ma di fotografare un sapore non ho voglia. Allora assaporo questo inizio del richiamo del migrante alla terra. 
Il fatto è che sappiamo benissimo i motivi per i quali non viviamo più qui. Così il migrante giustifica l’assenza dalla propria terra e amplifica il piacere del ritorno.
Per chi lasci è andare, per chi trovi è tornare
Si costruisce il ritorno, il migrante: sa che c’è sempre qualcuno che lo aspetta e vuole che ci sia sempre qualcuno ad aspettarlo e così da lontano si costruisce nuove persone felici di saperlo di nuovo qui. 
Il migrante avvisa, arriva e ha tutto il tempo già deciso nella sua testa: “faccio questo, poi vedo tizio, poi il caffè, poi un saluto ah ma la birra lì immancabile e il mare, sì il mare di Giugno quel sapore di ionio al tramonto o di adriatico di mattina, a scelta, tanto decide il vento”. Il senso del tempo è diverso per chi torna. Lo stanziale sai dove andartelo a trovare, addirittura lo rincorri come tu fossi un pazzo che pensa di non poter avere un domani, ma è vero però...basta un attimo e sei migrato di nuovo. Un concentrato di se-non-ora-quando in una frenesia che sembra non accontentarti mai. La tua faccia se è tosta, diventa di marmo, se è morbida è pane raffermo. Così, il tuo tempo a disposizione è a incastrare tutto.
Dunque questo richiamo, per seguire l'idea di papà, cos’è? Bè, sono io, è grano, terra rossa, chiesa, ulivo, mare e...la gente, naturalmente.
padella-phone


20 mag 2014

camera e sud: a melissa, di nuovo


QUESTO l'ho scritto l'anno scorso a un anno dalla morte di Melissa.
Vale ancora.
Capito Melissuccia?
Mica ci scordiamo, ok?

Holga CFN120, Lomo red scale 120