tag:blogger.com,1999:blog-28836144404385643332024-03-17T22:28:25.096+02:00camera e sudtsaramasohttp://www.blogger.com/profile/11119278458790218095noreply@blogger.comBlogger180125truetag:blogger.com,1999:blog-2883614440438564333.post-19612323558636167462024-03-17T22:27:00.002+02:002024-03-17T22:27:31.454+02:00Le cascate di kandeko. E per Levi era la prima volta.<p><span style="font-family: courier; text-align: justify;">ENGLISH BELOW</span></p><p><span style="text-align: justify;">Le cascate di kandeko ci sono piaciute proprio e per Levi era la prima
volta.</span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Levi è uno dei mille nipoti di Blaise e Blaise è la persona che gestisce il
sito “turistico” che si trova a Kandeko, un villaggio a 20 km da Ouesso. Le virgolette alla parola turistico ci
volevano tutte, almeno fino a qualche mese fa.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">C’eravamo già stati 2 anni fa con Yorick, Sasha e Rwan. Ci andammo un<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>pomeriggio a fare un sopralluogo. Dopo che ci spiegò come funzionava, e che saremmo dovuti tornare il giorno dopo, rRimanemmo un po’ a suonare
con la famiglia di Blaise, noi avevamo chitarra e il tamburello e loro qualunque superficie da percuotere.</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">L'indomani partimmo per la visita alle cascate. Dopo 5 minuti di marcia ci ritrovammo
immersi con l’acqua fino al collo, i ruscelli di cui Blaise ci aveva parlato e
che avremmo dovuto attraversare facilmente erano in realtà fiumi in piena, a causa della
pioggia della notte precedente. Ma ormai eravamo lì, continuammo. Il tutto durò
un’ora e quaranta e l’unica cosa che non si bagnò furono le macchine
fotografiche negli zaini portati sulla testa. Arrivammo alle cascate e le
guardammo dall’alto. Fu una delle mie prime uscite in natura in Congo.</p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhjnq1XU-ph0BufI6TEVIZpcafBDgUP6ZFK5e6AxuSaUfgJ_69u17PSf5oliA2TIVJzUMHGcmxhVApMg5H2e6pay8L3BAvFk032mYK-LCS0M-4bGwV8OGrR6N4A5Ht0M1Vw5wdYNUQ0njoXOEp8KUpo3jqxALcBT7rGN2K-Rr5tpvpJ7Ot0crZ32ObtZRc/s8252/IMG-20210829-WA0012-horz.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1920" data-original-width="8252" height="140" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhjnq1XU-ph0BufI6TEVIZpcafBDgUP6ZFK5e6AxuSaUfgJ_69u17PSf5oliA2TIVJzUMHGcmxhVApMg5H2e6pay8L3BAvFk032mYK-LCS0M-4bGwV8OGrR6N4A5Ht0M1Vw5wdYNUQ0njoXOEp8KUpo3jqxALcBT7rGN2K-Rr5tpvpJ7Ot0crZ32ObtZRc/w602-h140/IMG-20210829-WA0012-horz.jpg" width="602" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: x-small;">Agosto 2021</span></td></tr></tbody></table><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="text-align: left;"><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgMVjZ87vWXLUt5GBJ0fJ1uzZ0Cjs6pz8qRXCaPMjRB38aOO2w-Qh6YKMLWuCc-FtckChomsz-yj0P0SxazSjoGxIHpMUAfw_DiBaRrhzP7V1NE8eFAZEDdMrpyPaSqF_0M8q4wexfmx1iYH1_MwAqgQ3ajMnkOw-DNQTxMIowfTvrBF0hhMECJXfdXG9g/s892/IMG_20211101_173458_412.jpg" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="734" data-original-width="892" height="189" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgMVjZ87vWXLUt5GBJ0fJ1uzZ0Cjs6pz8qRXCaPMjRB38aOO2w-Qh6YKMLWuCc-FtckChomsz-yj0P0SxazSjoGxIHpMUAfw_DiBaRrhzP7V1NE8eFAZEDdMrpyPaSqF_0M8q4wexfmx1iYH1_MwAqgQ3ajMnkOw-DNQTxMIowfTvrBF0hhMECJXfdXG9g/w229-h189/IMG_20211101_173458_412.jpg" width="229" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: justify;"><div style="text-align: center;"><span style="font-size: x-small;">Nov 2021: bagnati fino alle mutande</span></div></td></tr></tbody></table>Anche la seconda volta che ci andai ne uscii completamente bagnata e neanche stavolta fu per un tuffo nella cascata, ma per la pioggia che ci prese sulla via del ritorno. Consegnai anche il mio k-way per coprire il piccolo di 3 anni che era con noi. Avevo l’acqua fino alle mutande, anche in quell'occasione, Blaise ci disse che presto avrebbe risistemato il posto per renderlo “turistico”, costruendo ponti sui ruscelli, sistemando il bar sulla casetta rialzata e poi il prato lungo il torrente all’entrata e poi i bungalow per pernottare. Di turistico Blaise però in quel momento aveva solo fissato i prezzi, oltretutto altissimi e io gentilmente mi rifiutai di dare la somma richiesta e lui non ce la fece a insistere.</span></p><p></p><div><div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;"></span></p><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left;"><tbody><tr></tr></tbody></table></div></div><div><span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;"><div style="text-align: justify;">Poi qualche mese fa incontro Blaise mentre lego la bici al lavabo delle abluzioni di Salem 1, il supermercato di Ouesso. Lì
per lì non lo riconosco, è vestito bene, con la barbetta e ha preso qualche
chilo. Quando dice il suo nome, lo focalizzo. Mi invita all’inaugurazione del
sito. “enfin, on a fait les travaux, Danielà”. Mi dice subito i prezzi che ha fissato, memore forse dell’ultima volta in cui non pagai. All'inaugurazioni non potetti andare, ma ricevetti degli ottimo feedback.</div></span><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Così domenica io e la mia amica Maria abbiamo deciso di andarci. Chiamo
il tassista di fiducia, che solo di nome fa <i>Christian Dior</i> (il cognome a questo punto non importa). Blaise però non ci
sarà, ha una veglia funebre, mi dice al telefono. Tuttavia si raccomanda di chiedere di suo
figlio Prince se vogliamo andare alle cascate. “Vedrai, Daniela come è tutto
nuovo” mi dice con soddisfazione.</p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Al nostro arrivo troviamo la famiglia Blaise al completo: <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>madre, nonna, figli, nipoti, polli e
pecorelle. Prince non c'è. C’è Maman Nathalie, che si ricorda di me e della musica suonata la prima volta. Ci mostra le migliorie, lo spazio picnic adesso ha le altalene e due grandi macchine giocattolo per i bambini. Tutto è fatto con
materiali di riciclo. Ci fa vedere le chenilles messe a seccare col mango
selvatico. È il periodo buono.</span></p><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhaHYKyWxWNQ4K0snFtEr0Sb3wjURc80G5OJehQfcLDeHg7P83eUTES7SVVqx0wjAz3WRBteAuiYK3C80r5oJRtQ400XuuiicP0FzfH7V-nkbQBKtMlkaoterlqGN5ZhfPSY4LXIbzBm9BxjFyl3ubH5aB4imBVQs0N1nWL_V888yhGOxG_bTc00kw9by8/s1922/IMG_20230820_122614_430.jpg" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1922" data-original-width="1437" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhaHYKyWxWNQ4K0snFtEr0Sb3wjURc80G5OJehQfcLDeHg7P83eUTES7SVVqx0wjAz3WRBteAuiYK3C80r5oJRtQ400XuuiicP0FzfH7V-nkbQBKtMlkaoterlqGN5ZhfPSY4LXIbzBm9BxjFyl3ubH5aB4imBVQs0N1nWL_V888yhGOxG_bTc00kw9by8/w299-h400/IMG_20230820_122614_430.jpg" width="299" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: x-small;">Agosto 2023</span></td></tr></tbody></table><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Prince arriva e ci presenta la sua equipe. Oltra a lui ci sono Levi e Stev, due dei tanti nipoti di Blaise. I ragazzini ci mostrano i nuovi spazi del sito: i laghetti per la
piscicultura e l’idrovora per la corrente elettrica, poi il campo di platani, la canna
da zucchero, i corrosol e papaye e tutto in fondo la foresta. Levi è il più
piccolo, ha occhi profondi e vispi, parla benissimo e con passione del lavoro
messo su dal nonno. Non avrà 10 anni secondo me. Ci dice che i pesci dello
stagno si possono pescare solo da adulti, dice che sono grandi quanto lui e che
li pescano mentre mangiano le radici delle ninfee.</p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="IT">"Chi conosce la
foresta è Prince", dice Levi con fierezza. Gli chiedo degli animali, mi dice che ci sono i gorilla, e anche un gruppo di scimpanzé, che al mattino presto si affaccia proprio lì davanti. Ma quelli non si possono cacciare, mi dice. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="IT">Per arrivare alle
cascate stavolta ci sono voluti solo 40 minuti, andando a passo veloce. Prince e i
ragazzi ci aprono la strada </span>a colpi di macete. Nel cammino, <span lang="IT">frutti
mangiati dalle scimmie impronte di elefanti.</span> </p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Camminiamo veloce, il rumore dell’acqua inizia a sentirsi sempre più forte. Quando arriviamo davanti alle cascate, sempre la stessa sensazione di pace, come le altre volte. Dopo 5 minuti siamo tutti in acqua. Con noi c'è anche un altro ragazzo, che non parla e non si tuffa, ma ci guarda affascinato.</p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Scopriamo che per Levi e Stev è la prima volta che nuotano qui nelle cascate. Pochi arrivano fino qui e nessuno fa il bagno, ci dicono. Stev entra in acqua coi pantaloni lunghi. Nuotano come dei pesci. Facciamo le 3 vasche sui diversi livelli, passando tra le rocce e tuffandoci ogni volta. Ci aspettiamo reciprocamente, con una bella complicità. L’acqua è
fresca e pulita e mi ricompensa di quella voglia che spesso ho di immergermi fino alla punta dei capelli.</p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Per i ragazzi però l'acqua è troppo fredda, non sono abituati.</p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgzwg9cBgGKBlOgOz4oallUks1rputFwMzaRL2BaxYkyUjJmiNIQDhqHgJYhAuDyIstAir75Ha6gKQiLllYc1m946DsNr4e7Qk_OkHDfc2uGLsk0vSbEDrj9CMfryq0kMxQ9uZ6LT3ELBFHJGLgGmbaYKQi42xm1fCIXSze6EDV8f9lecS-87FBy_IUXKQ/s5184/GOPR1792.JPG" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="3888" data-original-width="5184" height="480" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgzwg9cBgGKBlOgOz4oallUks1rputFwMzaRL2BaxYkyUjJmiNIQDhqHgJYhAuDyIstAir75Ha6gKQiLllYc1m946DsNr4e7Qk_OkHDfc2uGLsk0vSbEDrj9CMfryq0kMxQ9uZ6LT3ELBFHJGLgGmbaYKQi42xm1fCIXSze6EDV8f9lecS-87FBy_IUXKQ/w640-h480/GOPR1792.JPG" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: x-small;">Levi et Stev, Agosto 2023</span></td></tr></tbody></table><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="IT">Al rientro il tratto di foresta sembra durare meno, "perché a ritorno si hanno meno aspettative” dice saggiamente Maria.
Arrivati alla base, è come se ci aspettassero tutti. Siamo la novità. Questo posto non lo conosce nessuno o comunque qui il turismo non esiste. </span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="IT">La famiglia è riunita, Stev
e Levi si uniscono agli altri piccoli, i grandi ai grandi e io e Maria mangiamo il nostro panino con l’omelette. Prince resta con noi a fumare la sua sigaretta, mentre in fondo c'è il rumore di ingranaggio dell' altalena accanto alle due grandi Ravinala del Madagascar.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="IT">A prenderci ci sarà Merveil, mandato da Christian Dior. Maman Nathalie, sotto il grande cancello arruginito si raccomanda di portare la musica la prossima volta e Prince mi promette che mi porterà a cercare gli scimpanzé.</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="IT">Chissà se lo faremo davvero, ma qui è la prospettiva che conta "pour s'accorcher".</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">E bravo Blaise! E lo ammetto, non ci avevo creduto del tutto...</p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Qui, un riassunto della giornata, con Levi affascinato dalla GoPro che può andare nell'acqua.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.blogger.com/video.g?token=AD6v5dykyK2EyIB_rEIyEPp0ESxkFUdtZ_b0N7kkFpww8DwO70Zvj_KHj3FjdJQw1pI--CMq6EXxzyksIS-RN6eaXA' class='b-hbp-video b-uploaded' frameborder='0'></iframe></div><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p><div style="text-align: justify;">We really liked the Kandeko Falls and it was Levi's first time there.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Levi is one of Blaise's thousand grandsons and Blaise is the one who runs the 'tourist' site, located at 20 km from Ouesso. The inverted commas at 'tourist' were all we needed, at least until a few weeks ago.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">We had already been there two years ago with Yorick, Sasha and Rwan, one afternoon, sightseeing, and Blaise told us to go back there from the morning if we wanted to get to the falls. He would give us guides and in an hour or so we would arrive. So we stayed there for a while playing guitars and tambourine we had brought, and Blaise's grandchildren joining in with improvised percussion on whatever surface.</div><br /><div style="text-align: justify;">The next day we went there in the morning and set off in search of the falls in a caravan with two natives. After five minutes of walking, we found ourselves up to our necks in water. The streams we were supposed to easily cross - according to Blaise - were raging rivers, due to the rain the night before. But by now we were there and we continued. The whole thing lasted an hour and forty minutes and the only thing that didn't get wet were the cameras in the rucksacks we carried on our heads. We arrived at the waterfalls and looked at them from above. It was one of my first trips to Congo.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">The second time I went I came out completely wet and this time it was not a dip in the waterfall either, but the rain that caught us on the way back. I also handed over my k-way to cover the little one who was with us. I had water up to my knickers, even then. Blaise told us that he would soon rearrange the place to make it 'touristy', the path, the bar on the raised hut, the meadow along the stream at the entrance and then the bungalows to stay overnight. All Blaise had done at that moment was to set the prices, which were very high, and I politely refused to give him the amount he asked for and he could not insist.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Then a few weeks ago I meet Blaise while tying my bike - as usual - to the ablutions sink at Salem, the supermarket in Ouesso. There and then I don't recognise him: he is well dressed, with stubble and has gained a few kilos. When he says his name, I focus on him. He invites me to the site opening. "enfin, on a fait les travaux, Danielà". He immediately tells me the prices he has set, mindful perhaps of the last time I didn't pay. Unfortunately I won't be able to be there, because I will be on a mission among goat breeders and potential vets.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">So last Sunday my friend Maria and I decided to get there. I call our trusted taxi driver, Christian Dior (that's just his first name, the surname doesn't matter at this point). Blaise won't be there though, because he has a wake, but he recommends asking about his son Prince if we want to go to the falls. 'You'll see, Daniela how new everything is,' he tells me on the phone with satisfaction.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Prince is of course not there when we arrive, but there is the whole Blaise family: mother, grandmother, children, grandchildren, chickens and sheep. There is Maman Nathalie, who remembers us and the music from the first time. The picnic area now has swings and two large toy cars for the children, made from recycled materials and now housing caterpillar to dry with wild mangoes. It is good times.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">"The 'waterfall team' entrusted to us consists of Prince, Levi and Stev, Blaise's two young nephews. The young boys show us the work they have done: the ponds for fish farming and the hydro-vessel for electricity, then the field of plane trees, sugar cane, Corrosol and papaye, and all around the forest. Levi is the youngest, he has deep, lively eyes, he speaks very well and passionately about the work his grandfather put in, he will not be 10 years old in my opinion. He tells us that the fish in the pond can only be caught as adults, he says they are as big as he is and that they catch them while eating the roots of the water lilies.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">He who knows the forest is Prince, says Levi proudly. I ask if there are any gorillas, he says they are seen, just as one sometimes sees a group of chimpanzees early in the morning in the trees out front. He adds that Prince, however, hunts neither gorillas nor chimpanzees, because otherwise you go to prison.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Getting to the falls this time took only 40 minutes at a brisk pace. Prince and the boys with machetes lead the way. Prince shows us the fruit eaten by the monkeys and the footprint left by the elephant. There is a tree felled, he did it because the fruit was too high to be picked. Mmhh...there is work to be done on this evidently. We walk fast, the sound of water from the falls starts to get louder and louder. When we arrive in front of the waterfalls, the same peaceful feeling as before. After five minutes we are all in the water. There is also another guy with us, who does not speak or dive, but looks at us fascinated.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">We discover that it is the first time for Levu and Stev to dive into the waterfall. Stev even enters the water in his long trousers. They and Prince are fish. We do the three pools on different levels, passing between the rocks and diving in each time. We wait for each other, with a nice complicity. The water is cool and clean and makes up for that lack I sometimes have in Ouesso of 'diving to the tip of my hair'.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">For Levi though, the water is too cold, he is not used to it, but he stays in front of the GoPro to see if it really can film underwater!</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">On the way back we take even less time than on the way out, 'on the way back you have fewer expectations,' says Maria wisely. When we arrive at the base, it is as if everyone is waiting for us. The family is reunited, Stev and Levi join the other little ones, the big ones the big ones, and Maria and I eat an omelette sandwich. Prince stays with us and smokes his cigarette, while in the background there is the rattling of the swing next to the two big Madagascar Ravinalas.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Picking us up is Merveil, sent by Dior. Maman Nathalie recommends bringing music for next time and Prince will take me to look for chimpanzees.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Who knows if we'll actually do it, but here it's the perspective that counts "pour s'accorcher"</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">And bravo Blaise! And I admit, I didn't quite believe you could do it.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div></div>tsaramasohttp://www.blogger.com/profile/11119278458790218095noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2883614440438564333.post-83556733258723688532024-03-11T00:12:00.001+02:002024-03-11T00:30:02.304+02:00l'8 marzo a Ouesso<p><span style="color: #0b5394;">ENGLISH BELOW</span></p><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: courier;">8 Marzo 2021, Ouesso</span></div><div style="text-align: justify;">Tornavo dall’allenamento di aikido quando mi sento chiamare dal mio collega. E' seduto al bar accanto a ca<span style="text-align: justify;">sa mia con altri amici. Mi fermo a bere una birra. Ho ancora addosso i pantaloni dell'uniforme e me ne rendo conto solo quando realizzo che sono l’unica vestita "male". Intorno a me tante, tantissime donne di tutte le età con abiti bellissimi, confezionati con i tessuti africani. Mi dicono che si chiamano "pagne", che poi è il nome con cui si chiama qui la stoffa. Ci sono i pagne dpecifici per l'8 marzo e scopro che ogni donna se ne fa cucire uno per questo giorno speciale. </span></div><div style="text-align: justify;"><span style="text-align: justify;">“Ma poi speciale perché?” Mi chiedo una volta rientrata a casa, dopo diverse birre in compagnia dei colleghi e di altra gente conosciuta al bar. Mi resta addosso una sensazione di tristezza. Mi sembra riduttivo che un giorno così importante per noi donne, diventi quello in cui si è libere di uscire, bere, ballare fino a notte fonda e col beneplacito degli uomini. Sono qui da poco e sento che mi mancano ancora tanti elementi di questa complessa nazione per capire a fondo.</span></div><p></p><span style="font-family: courier;">8 Marzo 2022, Ouesso</span><br /><div style="text-align: justify;"><div style="text-align: left;"><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh9f5j7-Wv0l03IGzak4Mif_Frh0dpwBxAaMWu5xQi89c2WHt6TWbEQYoqlfPkr8DGD5edq5NXSIYofcmqJnJM5aYWhV6cH0TIRmDG5vEZqbNl-0h0-MNM3eIpPxAHnBlgD66afR2p0tBIzevr2eHktciluxSBN_TmdfChqvXbfgLzv4riooeyD7cqZ6VQ/s2048/WCS_OUE_03_Mars-61.jpg" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: right;"><img border="0" data-original-height="1365" data-original-width="2048" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh9f5j7-Wv0l03IGzak4Mif_Frh0dpwBxAaMWu5xQi89c2WHt6TWbEQYoqlfPkr8DGD5edq5NXSIYofcmqJnJM5aYWhV6cH0TIRmDG5vEZqbNl-0h0-MNM3eIpPxAHnBlgD66afR2p0tBIzevr2eHktciluxSBN_TmdfChqvXbfgLzv4riooeyD7cqZ6VQ/w320-h213/WCS_OUE_03_Mars-61.jpg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">@Chris.Nzounzi</span></td></tr></tbody></table><span style="text-align: justify;"><div style="text-align: justify;">Quest'anno siamo andati al Liceo con le due équipe di progetto. Alcune donne della nostra organizzazione hanno parlato davanti a una classe di studenti e insegnanti delle loro esperienze di “donne della Conservazione”. Abbiamo lavorato duro per preparare questa giornata. Volevamo parlare alle nuove generazioni, ma soprattutto ascoltarle. Volevamo creare un ricordo diverso di questa giornata. Abbiamo raccontato la storia dei nostri diritti conquistati e abbiamo provato (forse con un po' di presunzione) a instillare la speranza di poter continuare a difenderli e perché no, aumentarli, migliorarli. L’insegnante che per tutta la giornata è stata scettica nei nostri confronti e verso i ragazzi che ci hanno seguito, alla fine ha preso “il bastone della parola”. Ha concluso dicendo che, se fosse tornata indietro avrebbe fatto come Angela, che oggi ci ha fatto commuovere con la sua storia di lotta contro chi voleva convincerla a tornare a casa, fare la madre, invece di studiare e infognarsi in questa storia della salvaguardia della natura.</div></span></div></div><br /><span style="font-family: courier;">8 Marzo 2023, Ouesso</span><div>Quest’anno è diverso. E' il terzo. Quest’anno mi hanno invitato, mi hanno vestito e così ho sbirciato, ho rubato, ho ascoltato, ho vissuto. <br /><div style="text-align: justify;">Se ne comincia a parlare da almeno tre settimane prima. Se hai bisogno di una piega al pantalone, scordatelo, perché tutti i sarti e le sarte saranno già piegate sulle <i>singer </i>a pedali. Nascono “punti di cucito temporanei”, con donne che si improvvisano sarte pur di fare qualche soldo. È il caso del banco tra casa mia e l’ufficio, su cui di solito ci sono pomodori, melanzane, cipolle e beignet. In questi giorni invece ha avuto pile di abiti con grandi 8 e lunghe scritte sui diritti della donna. Non importa l’età, ma ognuno deve avere il suo pagne. Chi si è organizzato per tempo, lo indossa dal mattino, chi è in ritardo, l’importante che ce l’abbia dal tramonto in poi, quando la festa comincia. </div><div style="text-align: justify;">In questi tre anni ho imparato dalle donne che ho incontrato che non è vero che è solo l’8 marzo il giorno in cui loro sono libere di uscire, lasciare i mariti a casa con i figli e divertirsi. È che l’8 marzo tutto questo è riconosciuto, è accettato, con consenso generale insomma. L’8 marzo è solo una festa.</div><div style="text-align: justify;">Ho raccolto qualche frase tra birra e tacchi incastrati nei lunghi abiti:</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><i>“Durante l’anno facciamo più o meno quello che facciamo oggi, ma gli uomini non sono contenti come oggi.”</i></div><div style="text-align: justify;"><i><br /></i></div><div style="text-align: justify;"><i>“Che diritti? Tanto non cambierà mai niente in questo Paese e allora noi oggi almeno festeggiamo”</i></div><div style="text-align: justify;"><i><br /></i></div><div style="text-align: justify;"><i>“Che cosa deve cambiare? Maman Daniela, guarda che se qualcosa cambia davvero per noi, poi per loro è complicato, mais jamais…”</i></div><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhvYveEROxQYKa6x5h6I-h28Wo6gdkFjsqgNR8luzbuNBBkM7wdr8HKMxWBp-D7WHojC4orjTx1BWNlJZZkRsw0UPx593JgspSIuYIb4wrgteNXCbwRndthYlzn1JTBwbyDxVrH0YTiOFMGB_bxb872ShDrvUOq9yT8ArhbGqINidpkTKDTLoGHKkC4OM8/s5184/GOPR2816.JPG" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3888" data-original-width="5184" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhvYveEROxQYKa6x5h6I-h28Wo6gdkFjsqgNR8luzbuNBBkM7wdr8HKMxWBp-D7WHojC4orjTx1BWNlJZZkRsw0UPx593JgspSIuYIb4wrgteNXCbwRndthYlzn1JTBwbyDxVrH0YTiOFMGB_bxb872ShDrvUOq9yT8ArhbGqINidpkTKDTLoGHKkC4OM8/s320/GOPR2816.JPG" width="320" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhK5nZUtgZiUbZbarXUYchnhR6B0TJ4BxJqUZPcdPOYc3yx_oQsKfFQqf3TNItB35HVXEetjaMUSCmYzO8cNOcWQ9Ia93seEqITjovCW040JUFvP1mFaGUr9M3ih8yvlfbZL36uz19uIlIDdsebWhtlbHKsujVjhXpIPwM-uZw_w1gKhftd8PE_vEm5V2A/s809/IMG-20240309-WA00082.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="607" data-original-width="809" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhK5nZUtgZiUbZbarXUYchnhR6B0TJ4BxJqUZPcdPOYc3yx_oQsKfFQqf3TNItB35HVXEetjaMUSCmYzO8cNOcWQ9Ia93seEqITjovCW040JUFvP1mFaGUr9M3ih8yvlfbZL36uz19uIlIDdsebWhtlbHKsujVjhXpIPwM-uZw_w1gKhftd8PE_vEm5V2A/s320/IMG-20240309-WA00082.jpg" width="320" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhkVysg6fo3EoAjowTcHBudsoECMBZ0gNZNMkQ5cUdtWo-jMoHPyNt_9pz53qZOwmwlEhvP5Vs_BamhoxbKlGswTWkoOVNaFpqXWC9MsOrA69FabO6G9b0fBIELmSTpD1QkxWZWSiZKTmRBNrSoGvqZnfyNW2bSMLZXoodTFpMcVBSG2SZIRB4oWzWz9Mw/s5184/GOPR2824.JPG" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3888" data-original-width="5184" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhkVysg6fo3EoAjowTcHBudsoECMBZ0gNZNMkQ5cUdtWo-jMoHPyNt_9pz53qZOwmwlEhvP5Vs_BamhoxbKlGswTWkoOVNaFpqXWC9MsOrA69FabO6G9b0fBIELmSTpD1QkxWZWSiZKTmRBNrSoGvqZnfyNW2bSMLZXoodTFpMcVBSG2SZIRB4oWzWz9Mw/s320/GOPR2824.JPG" width="320" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjGki0EdSBURw03bzQnWPsgXKRuFrgijuspqd0Q2Z92J1n8oZlti3vAFh9flkZRNNHg2l8Uf12bFd2-KFvJ0F54WopenJnZJFDSWCLdpEBcVXdW0P3TEQx8BO8D8MvNrz9ffg1FPQaXNBh8yQrj5gSPcoEwj9zmabWBZf0vzVb5x_8LIj4uHkYGj_m2MMA/s4847/GOPR2832.JPG" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2726" data-original-width="4847" height="180" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjGki0EdSBURw03bzQnWPsgXKRuFrgijuspqd0Q2Z92J1n8oZlti3vAFh9flkZRNNHg2l8Uf12bFd2-KFvJ0F54WopenJnZJFDSWCLdpEBcVXdW0P3TEQx8BO8D8MvNrz9ffg1FPQaXNBh8yQrj5gSPcoEwj9zmabWBZf0vzVb5x_8LIj4uHkYGj_m2MMA/s320/GOPR2832.JPG" width="320" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.blogger.com/video.g?token=AD6v5dzpXLnSKHkiReJksKXLsT9RSrynXqBG60knDb2U64vrvGKYWIZgwFfkh0vPii4dQz1TEe0Tgi8fcq79D7ynBg' class='b-hbp-video b-uploaded' frameborder='0'></iframe></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><br /><span style="color: #0b5394;"><span style="font-family: courier;">8 March 2021, Ouesso</span><br /><div style="text-align: justify;">I was returning from aikido training when I hear my colleague calling me. He is sitting at the bar next to my house with other friends. I stop for a beer. I realise am still wearing my uniform trousers when I see that I am the only one 'badly' dressed. All around me are many, many women of all ages in beautiful dresses, made from African fabrics. They tell me they are called 'pagne', which is the name by which the cloth is called here. There are <i>pagne </i>specific for 8 March and I discover that every woman has one sewn for this special day.</div><div style="text-align: justify;">"But then special why?" I ask myself once I get home, after several beers in the company of colleagues and other people I met at the bar. I am left with a feeling of sadness. It seems to me reductive that such an important day for us women should become the day when we are free to go out, drink, dance late into the night and with the approval of men. I have only been here a short time and I feel that I am still missing so many elements of this complex nation in order to fully understand it.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div></span></div><div><span style="color: #0b5394;"><span style="font-family: courier;">8 March 2022, Ouesso</span><br /><div style="text-align: justify;">This year we went to the high school with the two project teams. Some women from our organisation spoke in front of a class of students and teachers about their experiences as 'Women of Conservation'. We worked hard to prepare for this day. We wanted to speak to the new generations, but above all, we wanted to listen to them. We wanted to create a different memory of this day. We told the story of our conquered rights and tried (perhaps a little presumptuously) to instil hope that we could continue to defend them and why not, increase them, improve them. The teacher, who had been sceptical of us and the children all day, finally took 'the talking stick'. She concluded by saying that, if she had gone back, she would have done like Angela, who moved us today with her story of fighting against those who wanted to convince her to go back home, to be a mother, instead of studying and getting involved in this story of nature conservation.</div></span><div style="text-align: justify;"><span style="color: #0b5394;"><br /></span></div><span style="color: #0b5394; font-family: courier;"><div style="text-align: justify;">8 March 2023, Ouesso</div></span><div style="text-align: justify;"><span style="color: #0b5394;">This year is different. It is the third. This year I was invited, I was dressed, and so I peeked, I stole pics and stories, I listened, I lived with.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #0b5394;">People got prepared at least three weeks in advance. If you need a crease in your trousers, forget it, because all the tailors and seamstresses will already be bent over the pedal pushers. Temporary 'sewing stitches' are born, with women who improvise themselves as seamstresses in order to make some money. This is the case with the stall between my house and office, on which there are usually tomatoes, aubergines, onions and beignets. These days, however, it has had piles of clothes with big 8s and long words about women's rights. No matter the age, everyone must have their pagne. Those who have organised themselves on time wear it from the morning, those who are late, the important thing is that they have it from sunset onwards, when the party starts.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #0b5394;">In these three years, I have learnt from the women I met that it is not true that it is only 8 March that women in Ouesso are free to go out, leave their husbands at home with their children and have fun. It is that on 8 March all this is recognised, it is accepted, with general consensus in short. 8 March is just a celebration.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #0b5394;">This year, I picked up a few sentences between beer and heels stuck in long dresses:</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #0b5394;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #0b5394;">"During the year we do more or less what we do today, but men are not as happy as today." A woman said.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #0b5394;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #0b5394;">"What rights? Nothing will ever change in this country anyway, so we at least celebrate today." Another replied about rights.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #0b5394;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #0b5394;">"What has to change? Maman Daniela, look, if something really changes for us, then it's complicated for them, mais jamais..." while laughing with pleasure.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #0b5394;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #0b5394;"><br /></span></div></div> </div>tsaramasohttp://www.blogger.com/profile/11119278458790218095noreply@blogger.com0Ouésso, Congo1.6154718 16.0463837-26.694762036178844 -19.1098663 29.925705636178847 51.2026337tag:blogger.com,1999:blog-2883614440438564333.post-71433751540985503512024-01-31T00:20:00.003+02:002024-01-31T12:01:17.730+02:00La prima volta al cinema<p><span style="font-family: courier;">ENGLIGH BELOW </span></p>“Mi manca questo modo di vivere il cinema” finisce così il messaggio di E. che mi arriva a seguito del mio racconto di “una prima volta” vissuta in Congo, anche dopo due anni e mezzo. Sono andata al cinema, ho visto un docu-film che si chiama “le spectre de Boko Haram”. Alla fine ci vado da sola, nessuno è interessato. <br /><br />Arrivo con un minuto di anticipo, ma “la sala non è ancora pronta” mi dice il tipo all’entrata. Sono all’IFC, l’Istituto Francese del Congo. Niente a che fare con l’IF Madagascar, molto più ambizioso e con un’offerta oltre misura rispetto a qui: documentari su Peter Brook, concerti di musiche di Monteverdi, festival di corti e il grande Beppe Voltarelli, dove arrivai in groppa ad una moto di uno che si chiamava Antonio e che mi salvò dal traffico di Tana. <br /><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Qui è tutto più misurato, semplice. Nella sala le poltroncine sono in realtà sedie da congresso in plastica e lo schermo un grande lenzuolo, ma ben tirato. Il film inizia con due bambini che parlano la lingua locale del nord del Camerun. Dopo essersi accorti di non aver attivato i sottotitoli, fanno ripartire il film. In sala c’erano per la maggior parte africani congolesi, west africani e qualche espatriato occidentale.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Il film parla della vita quotidiana di un villaggio controllato da BH, raccontato attraverso la storia di due fratelli deportati in questo villaggio e desiderosi di tornare a casa.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">L’orario di inizio è solo indicativo per il pubblico. La gente entra in qualunque momento e alcuni escono per rispondere a dei nokia 2030 che suonano con le suonerie dei primi anni del 2000. Accanto a me ci sono due omini. Uno ha anche molti capelli bianchi, il che denota una età parecchio avanzata, vista la rarità di questo tratto nel popolo africano. Accanto il suo amico dai lineamenti indianeggianti, anche lui di una certa età. I due non esitano a commentare le scene del film durante la sua intera durata.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Il documentario è molto ironico, a tratti esilarante nella scena dei fratelli che si testano sulle capacità matematiche.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Non sapevo che BH controllasse il nord del Camerun, inoltre la lingua locale non ha niente a che fare con il Lingala, però l’accento è lui, quello di questa Africa Centrale ormai inconfondibile pieno di <i>d’abord, seulement et vraiment.</i></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Quando le luci della sala sono ancora spente e i titoli scorrono, c’è il tipo che animerà la discussione che ha già cominciato a presentarsi. Il ghiaccio si rompe subito. L’occidentale fa la sua domanda intellettuale, tutti gli altri invece insistono sulla comprensione della trama del film “Come mai i due bambini alla fine non sono più al villaggio?” “Perché ci fate vedere solo la vita del villaggio, mi aspettavo di vedere come agisce BH” “Come si chiamava la mamma del bambino?” </div><div><div style="text-align: justify;">Gli omini anziani commentano la dolcezza del piccolo che “voleva sapere il colore dei capelli di sua madre che BH aveva ucciso”, se qualcuno non lo avesse capito.</div><br />La ragazza sulla porta, che è nell’organizzazione di questa serie di documentari, ci dice che la voce dei bambini è importante per capire cosa sia una guerra o essere sotto occupazione. Ci racconta che lei la guerra del 1997 se la ricorda, era bambina quando suo padre, mentre camminavano le disse di correre e “plonger”. Lei quel "immergetevi” dice di non averlo mai capito, ma che corse e corse e corse e sentì per gli anni a venire l’istinto di correre, quando era per strada tra la folla. Ce lo racconta talmente bene, senza enfasi né retorica, che per qualche lunghissimo secondo restiamo tutti in silenzio...silenzio rotto dall’omino dai capelli bianchi con un “c’est bon? On peut partir?” <br />Quel “beh?” che a noi italiani serve per annunciare che è il momento di andare.
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Lascio qui le
coordinate di questo docu-film che vale la pena di vedere. Non fosse altro per
rispondere alle domande degli omini.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;"><o:p> </o:p></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg5jYZCExF-8VcTLlXNDMSiVdPdz8MAjQfDv7v6A20dGldps2PheNB3MhBr6puTHTPUfFrjp7PoVLYVjEIWPLmSqHqBgW-ZWLWz3OwhMCRGOUNbzD2NoaSi-vWPPXbvnEzSpfv1QMCWYiTJ8miFN9k0GM02FUfbXl1NJcc7YmLLgpK9dalPjwMd2KuJFHc/s453/FIL_7790.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="453" data-original-width="320" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg5jYZCExF-8VcTLlXNDMSiVdPdz8MAjQfDv7v6A20dGldps2PheNB3MhBr6puTHTPUfFrjp7PoVLYVjEIWPLmSqHqBgW-ZWLWz3OwhMCRGOUNbzD2NoaSi-vWPPXbvnEzSpfv1QMCWYiTJ8miFN9k0GM02FUfbXl1NJcc7YmLLgpK9dalPjwMd2KuJFHc/w453-h640/FIL_7790.jpg" width="453" /></a></div><br /><p></p>
<p class="MsoNormal"><span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;"><o:p>-------------------</o:p></span></p><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;">"I miss this way of experiencing cinema" thus ends E.'s message to me, following my account of a-first-time-experienced in Congo, even two and a half years. I went to the cinema, I saw a docu-film called 'le spectre de Boko Haram'. </span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;">In the end I go alone, no one is interested.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;">I arrive a minute early, but 'the theatre is not ready yet' the guy at the entrance tells me. I am at the IFC, the French Institute of the Congo. Nothing to do with the IF Madagascar, which is much more ambitious and has an oversized offer than here: documentaries on Peter Brook, concerts of music by Monteverdi, festivals of short films and the great Beppe Voltarelli, where I arrived on the back of a motorbike belonging to someone called Antonio and who saved me from the traffic in Tana.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;">Here everything is more measured, simple. In the hall the armchairs are actually plastic conference chairs and the screen a large sheet, but tightly drawn. The film begins with two children speaking the local language of northern Cameroon. After realising they had not activated the subtitles, they restart the film. In the hall were mostly Congolese Africans, West Africans and a few Western expatriates.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;">The film is about daily life in a village controlled by BH, told through the story of two brothers deported to this village and longing to return home.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;">The start time is only an indication for the audience. People come in at any time and some leave to answer nokia 2030s ringing with ringtones from the early 2000s. Next to me are two little men. One also has a lot of white hair, which denotes a rather advanced age, given the rarity of this trait in African people. Next to him is his friend with Indian features, also of a certain age. The two do not hesitate to comment on scenes in the film throughout.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;">The documentary is very ironic, at times hilarious in the scene of the brothers testing each other's mathematical skills.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;">I did not know that BH controlled the north of Cameroon, moreover the local language has nothing to do with Lingala, but the accent is him, that of this Central Africa now unmistakable full of <i>d'abord</i>, <i>seulement </i>et <i>vraiment</i>.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;">When the hall lights are still off and the titles are flowing, there is the guy who will animate the discussion who has already begun to introduce himself. The ice is immediately broken. The westerner asks his intellectual question, everyone else instead insists on understanding the plot of the film "how come the two children are no longer in the village at the end?" "why do you only show us village life, I was expecting to see how BH acts" "what was the name of the child's mother?" The old men comment on the sweetness of the little one who "wanted to know the colour of his mother's hair that BH had killed", in case anyone missed it.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;">The girl at the door, who is in the organisation of this documentary series, tells us that children's voices are important in understanding what a war is or being under occupation. She tells us that she remembers the war of 1997, she was a child when her father, while walking, told her to run and "plonger". She says she never understood that diving, but that she ran and ran and ran and felt for years to come the instinct to run, when she was on the street in the crowd. She tells us so well, without emphasis or rhetoric, that for a few very long seconds we all remain silent...silence then broken by the old white-haired man with a "c'est bon? On peut partir?" That "well?" that we use to announce that it is time to go.</span></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;">I leave the coordinates of this docu-film that is well worth seeing. If only to answer the old men's questions.</span></div></div>tsaramasohttp://www.blogger.com/profile/11119278458790218095noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2883614440438564333.post-11684725580057782752023-12-13T20:33:00.000+02:002023-12-13T20:33:16.280+02:00Tra le onde dell'oceano<div style="text-align: justify;"><i>All’inizio di un viaggio o percorso è tutto una scoperta, poi ti abitui e diventa tutto un po’ un’abitudine. Quando poi sta per finire, l’attenzione risale e ci si concentra un po’ di più per non perdere i dettagli.</i></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><span style="font-family: courier;">Martedi 31 ottobre 2023: Brazzaville - Ouesso</span><div style="text-align: justify;">Anche quello di oggi sarà un viaggio speciale, con qualche scoperta in più, come ogni volta su questa strada. Sto tornando a Ouesso. All’andata, 10 giorni fa, ho visto paesaggi e luci bellissime in cui non mi ero mai imbattuta. Oggi invece è grigio e la nebbia si poggia sui pochi alberi di Kintele, a pochi km da Brazzaville.</div><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi2NNp0TiGvqcQf8cZBJuQhIBYF84EjKWN9Socz_Ztyf46HRXKAcdeG5GAzSzcYtU9pAr_rjU-r0Ok-Kmumtq1V5KoMnWxTwfvgL_NENACtlWFwJe3siSUTxjzTYqP6Z-xRPJoaVwfiwq0CHLUMTj7_XkDdd4MhkzrleS5v-lucrwMuN1tYst1_cXiQxEk/s1984/IMG_20231019_151416_458.jpg" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1984" data-original-width="1488" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi2NNp0TiGvqcQf8cZBJuQhIBYF84EjKWN9Socz_Ztyf46HRXKAcdeG5GAzSzcYtU9pAr_rjU-r0Ok-Kmumtq1V5KoMnWxTwfvgL_NENACtlWFwJe3siSUTxjzTYqP6Z-xRPJoaVwfiwq0CHLUMTj7_XkDdd4MhkzrleS5v-lucrwMuN1tYst1_cXiQxEk/w300-h400/IMG_20231019_151416_458.jpg" width="300" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La regione del Pool</td></tr></tbody></table><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Come sempre ho la musica alle orecchie. L’algoritmo ha scelto <a href="https://youtu.be/pt_5HSoQUp8?si=A8MGy9eEho3AWeHd" target="_blank">Generale</a> di De Gregori. Oggi sono seduta dietro. A sedere al posto davanti c’è le <i>CTP</i> (il Consigliere Tecnico Principale), un congolese di Brazzaville che vive a Kabo dove si smazza tutti i progetti, dalla lotta al bracconaggio allo sviluppo comunitario. Mi piace molto. E’ tra le persone che mi hanno insegnato a essere paziente e tollerante.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Accanto a me ho un tipo che si chiama Wil, non so altro di lui. Non capisco neanche se sia inglese o americano. Non parla. E’ da ieri sera alla <i>case</i> che lo vedo, ma a stento ha detto bonjour. Ho imparato a non insistere più e poi ieri io ero eccezionalmente silenziosa. Accanto a Will c’è Ang, che dorme già.</div><div style="text-align: justify;">Oggi alla guida c'è Vin e abbiamo già fatto tutti i nostri riti: ci siamo fermati a <i>pain du sucre</i> per le brioche, ripassato le parole Italiane che conosce e di cui vuole migliorare la pronuncia e dopo Kintele - indicando a destra e a sinistra della strada - ha ribadito il concetto che non capisce come si possa comprare casa lì sotto il ponte, vicino al fiume su un terreno fatto di sabbia « ça va tout partir à la prèmière pluie! ». Lo dice ogni volta.</div><div style="text-align: justify;">Nell’altra macchina invece c’è Léo, con cui non parleremo e rideremo per tutto il viaggio come al solito per poi addormentarmi per sfinimento a pochi Km da Oyo, mentre lui invece continuerà imperterrito per le lunghe 12 ore di strada. Mi va bene essere con Vin oggi, con cui potrò prendere delle pause di silenzio.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">L’algoritmo passa a <a href="https://youtu.be/8zna5gSQ7xI?si=D05qupTJzQdAig68" target="_blank">How do I say goodbye</a> di Dean Lewis. Come si dice arrivederci a qualcuno che in realtà non rivedrai mai più? Casca a pennello e sono costretta a schiacciarmi al finestrino e guardare fuori per pensare alla risposta a questa domanda.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Pioviggina e le spalle mi bruciano un po’, devo aver esagerato al sole. Mi sono concessa un weekend a Pointe Noire. Quando posso faccio una fuga verso l’oceano, andando tutto a sud del paese. Una pausa, dopo i giorni faticosi a Brazzaville tra riunioni cosiddette strategiche con i Direttori della ostra organizzazione in visita da noi per partecipare al <a href="https://www.thethreebasinsummit.org/fr/accueil/?gclid=CjwKCAiApaarBhB7EiwAYiMwqqPExL9i6uQZ733eBtflcBVQ7qC2jVY6K7hwq51U9kZ08FTlT6ybgxoCkroQAvD_BwE" target="_blank">summit dei tre bacini</a>. Una pausa anche in vista della settimana successiva a Ouesso anch'essa prevista bella piena. </div><div style="text-align: justify;">E così quando Mag mi dice che avrebbe fatto il week end dei morti a Pointe Noire, le ho annunciato che non sarebbe stata da sola, almeno per sabato e domenica sarei andata con lei. </div><div style="text-align: justify;">“Deal!”</div><div style="text-align: justify;">Corro a comprare il biglietto dagli indiani dell'agenzia in città. Non c’è ovviamente posto in economic col primo volo di domani, così per la prima volta compro un biglietto in business class,.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><span style="font-family: courier;">Sabato 28 ottobre: Pointe Noire</span><div style="text-align: justify;">La business class alla fine consiste in un succo di mango in più. Sono seduta proprio a quel posto che vedo sempre quando entro in aereo e mi dico « un giorno anch’io ». Intorno a me gente in cravatta e camice in wax su corpi di Bantu forti e fieri. Io in pantaloni da campo e t-shirt, per questo quasi respinta al gate pensando che stessi approfittando del mio status di bianca o che avessi sbagliato fila.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Pointe Noire ha un odore speciale, un misto tra smog e salsedine che ti assale subito. Propongo a Mag di fermarci a casa Papaya prima di andare al nostro lodge. Casa Papaya è un bar della « Cote sauvage » che avevo frequentato durante la mia prima volta a Pointe Noire. Ci passiamo 3 ore e due birre per uno, <i>Bella Ciao</i> in versione elettronica che esce da una cassa sulla spiaggia ed è già pace, relax, pensieri positivi e necessari. C'è tanta fatica affolla la mia testa in questi mesi, soprattutto da quando abbiamo aggiunto ancora una guerra in questo mondo folle e c'è la sensazione che, con grande facilità, ormai tutto possa facilmente essere spazzato via in un soffio.</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgfZSe4F1x_GJw2qULG-Psr8o2I2XoG4DTga3ntM6Cr6qrRWxWhbeJNP3rWLommEtWrOtz2Xhil3sWKyKh2aEcPenhBBTmBZ8HVWmneInVZPmlsYhAypUkV53cHisLNpkjnqKoJKc6FZiNa_CMHdZmPGNwFTcsucf6HftODNgj6oQvgbm-Uf4ZNHCUqGIg/s3968/IMG_20231028_120342_417.jpg" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="3968" data-original-width="2976" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgfZSe4F1x_GJw2qULG-Psr8o2I2XoG4DTga3ntM6Cr6qrRWxWhbeJNP3rWLommEtWrOtz2Xhil3sWKyKh2aEcPenhBBTmBZ8HVWmneInVZPmlsYhAypUkV53cHisLNpkjnqKoJKc6FZiNa_CMHdZmPGNwFTcsucf6HftODNgj6oQvgbm-Uf4ZNHCUqGIg/w300-h400/IMG_20231028_120342_417.jpg" width="300" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Casa Papaya</td></tr></tbody></table>Il nostro lodge è in un villaggio a 30 minuti a sud dalla città. Un paradiso inatteso davanti all’oceano. Il taxi men si chiama Léo, anche lui.</div><div style="text-align: justify;">Riconosco i murales per strada, ho già fatto quel tragitto ed è la parte che preferisco a Pointe Noire. Ci si allontana dalla città e la zona non è meta di seconde case dei numerosi espatriati residenti, per lo più imprenditori, petrolieri, costruttori. L’oceano qui è troppo aperto e le onde sono potenti per questa gente, che invece va verso il nord della città.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: courier;">Domenica 29 ottobre: Pointe Noire</span></div><div style="text-align: justify;">Sono proprio quelle onde che oggi, domenica ho registrato in un vocale di 10 minuti destinato a Silvia. Un mese prima aveva risposto alla mia chiamata dicendo che se avevo voglia potevo scriverle, che era un momento di « ritiro » e che non avrebbe risposto al telefono. Ho aspettato il momento giusto, quello che pensiamo sia tale, nella lotta contro il tempo e le vite frenetiche che conduciamo, quel momento in cui metti insieme i pensieri e li traduci in parole. Così non ho mai scritto fino ad ora, quando ho preferito la voce col sottofondo delle onde al testo, sulla grande spiaggia tutta per me, mentre Mag si ripara sotto un ombrellone in piscina, per difendere la sua pelle chiara.</div><div style="text-align: justify;">Mentre registro un ragazzo si avvicina e mi chiede se può sedersi con me e farmi compagnia. E' molto probabile che sia quel tipo di compagnia che i bianchi pagano per noia, potere e altre manifestazioni aberranti. Sono costretta a fargli un gesto per dirgli un no con convinzione. Si siede lo stesso a 50 mt da me e sta sotto il sole cocente guardando di tanto in tanto verso me che entro e esco dall’acqua, leggo e mando messaggi.</div><div style="text-align: justify;">Nel vocale le racconto un po’ di me, di questi giorni di ora qui in Congo, della decisione di tornare in Italia nel 2024 e dell’esperienza con i bambini dell’aikido. È stata une delle prime persone con cui avevo fatto un percorso di teatro. Avevo 19 anni e venivo dal sud Italia, totalmente ignara che si potesse fare un certo tipo di lavoro fisico e che questo si potesse chiamare teatro. Lavorammo sull’Angelo sterminatore di Bunuel con lei e Nené e pochi tra noi avevano aspirazioni di diventare attore o attrice. Tuttavia uscimmo tutti da quel percorso un po’ diversi da come ci eravamo entrati. Nacquero delle amicizie e l’interesse per il teatro continuò per molti di noi. Per me lei era una donna nuova, di una bellezza e un fascino esteriori e interiori con cui non mi ero mai confrontata prima. Quando chiudo il messaggio le dico che spero che stia vivendo con tranquillità il suo momento di ritiro.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Con Mag ci incontriamo al bar per la pausa pranzo, prendo solo da bere, la colazione del mattino sarebbe bastata fino a sera.</div><div style="text-align: justify;">Parliamo guardando l’oceano dall’alto dalla paillotte del Lodge. Nel pomeriggio ci dividiamo di nuovo. Io torno in spiaggia e Mag va in camera per la siesta, la piscina adesso è invasa da un matrimonio in cui tutti gli invitati sono vestiti di bianco. Li chiameremo « la secte des blancs ».</div><div style="text-align: justify;">Con Mag mi trovo bene, è svizzera ma non troppo, appassionata di tante cose compresa l’Italia di cui conosce la lingua e quando la parla la sua voce si trasforma. Mi piace ascoltarla, mi piace come costruisce un discorso, i termini che usa e il fatto che parli per esempi e per me diventa tutto molto chiaro. Ogni volte sono scambi in cui si va in profondità, anche a rischio di turbarsi emotivamente. Che poi è il bello di essere espatriati: un po' quella cosa che chiamiamo alchimia.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Quando torno in spiaggia il mare è un po’ più rinforzato e sto attenta con le onde che possono travolgere. L’Atlantico è decisamente più aggressivo dell’Indiano.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: courier;">Martedi 31 ottobre: Brazzaville - Ouesso</span></div><div style="text-align: justify;">Nel frattempo con la macchina arriviamo a Oyo. Stop. Kiss. Pranzo dall'amico del montone e si riparte, Wil ce lo stavamo scordando, per la cronaca. Le conseguenze del suo silenzio.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: courier;">8 ottobre 2013: Pontedera</span></div><div style="text-align: justify;">"Vediamo cosa diventa" mi disse Silvia mentre si arrotolava la sigaretta, fuori dalla camera ardente allestita in teatro per la sua gemella Luisa. C'era una foto di Luisa mentre si specchiava nel camerino del teatro. Di una bellezza esplosiva, diversamente da quella di Silvia sempre nella sua tipica espressione, profondamente presente a tutto e dalla gestualità pulita e posata.</div><div style="text-align: justify;">Imparai da Silvia anche in quell’occasione, imparai che le cose vale la pena viverle, anche se dolorose e fuori dal nostro controllo, come il distacco, la morte. </div><div style="text-align: justify;">Avevamo lavorato sul tema durante un laboratorio sul Re Lear. Celebravamo la sua morte. Io scelsi un personaggio maschile, il duca di Kent. Fu una necessità, dovevamo ricordare l'immagine del distacco da una persona cara e io pensai a mio padre davanti al letto di morte di sua madre. In quella Silvia mi disse “Daniela, ricordati che Kent ha un sesso”. </div><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjwMe5ag7oUu1OLMaS42-V0yywiXXRUqCItORGjVAdwBvrTP8qqjD_r6IjdiPRgONCA4nOu27Fgh6ZunLaDJOW7bPLqjCc1jKdecUWvW77lsAzEj5xjL70zWF_G6si1CxeUzCGEIKKRm_M7w-t0Gn7mqda2Uj5fbqeAd8sfqmmgUdEGU_hV-6hxW7v16Qw/s1200/IMG_20231201_185756_589.jpg" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="826" data-original-width="1200" height="440" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjwMe5ag7oUu1OLMaS42-V0yywiXXRUqCItORGjVAdwBvrTP8qqjD_r6IjdiPRgONCA4nOu27Fgh6ZunLaDJOW7bPLqjCc1jKdecUWvW77lsAzEj5xjL70zWF_G6si1CxeUzCGEIKKRm_M7w-t0Gn7mqda2Uj5fbqeAd8sfqmmgUdEGU_hV-6hxW7v16Qw/w640-h440/IMG_20231201_185756_589.jpg" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Silvia Pasello - Pisa, 1997</td></tr></tbody></table><div style="text-align: justify;">Negli anni successivi alla morte di Luisa, imparai da Silvia che si può vivere senza un pezzo di sé. « Le gemelle Pasello » le chiamavano così negli anni d’oro e oscuri del teatro, che non hanno mai smesso di fare forse per intima necessità, oltre che passione e amore.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: courier;">Martedi 31 ottobre: Brazzaville - Ouesso</span></div><div style="text-align: justify;">Le nuvole oggi sulla strada per Ouesso si posano basse attraverso i kilometri del nulla della regione del Pool del Congo. Sembrano fumo che sale dal verde delle colline verdi.</div><div style="text-align: justify;">Sempre con la testa schiacciata verso il finestrino cerco un difficile controllo delle lacrime che scorrono impetuose a causa di quella combinazione musica/pensiero che attiva il sistema limbico e che la ragione non può bloccare. E deve essere proprio quel dolore di cui mi parlava Silvia, a cui abbandonarsi e da cui lasciarsi attraversare.</div><div style="text-align: justify;">Silvia aveva "le sue frasi" che usava per riportarci verso azioni teatrali che potessero essere credibili al pubblico. </div><div style="text-align: justify;">Una di quelle fu il « se devi cadere, cadi » che disse a Mar, che provava a cadere dalla sedia, ma senza ancora aver trovato un buon motivo nella sua azione. Eravamo tutti affascinati dal suo modo di parlare, muoversi ma soprattutto insegnare. Silvia, bella, presente, forte, con lo sguardo sempre ad altezza occhi. Adoravo quel taglio di capelli corti. Li tagliai anche io. </div><div style="text-align: justify;">Ho ben chiaro in mente il momento in cui scelsi di seguirla per costruire il mio percorso di crescita. Io non volevo fare l’attrice, volevo continuare a essere scienziata, la Biologia mi affascinava e in particolare mi appassionava lo studio del fenomeno delle cose. E lei era la persona giusta per quell'esercizio di comprensione di cosa c'è dietro le cose e i compoprtamenti, nella fattispecie tutto il lavoro di un attore, prima di salire sulla scena davanti a un pubblico. Non ho mai smesso di fare quell'esercizio di ricerca e comprensione, anche quando ci siamo separate. Aveva proprio in-segnato. « Ci siamo scelte » mi disse una volta. Ed era così. E la sentivo un po’ come una responsabilità.</div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: courier;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: courier;">Domenica 29 ottobre: Pointe Noire</span></div><div style="text-align: justify;">Dalla spiaggia vengo via prima del tramonto, per ripetere l'esperienza della birra con Mag al tramonto dalla paillotte del lodge. Ma il tramonto lo perdiamo, come perdiamo noi stesse nei mille discorsi di questo weekend che per me sta finendo. L'indomani il mio aereo è previsto per le 7h30. Il gestore del Lodge mi assicura che alle 5h30 avrei avuto un autista per l'aeroporto. Mi fido.</div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: courier;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: courier;">Lunedi 30 ottobre: Pointe Noire/Brazzaville</span></div><div style="text-align: justify;">Il tipo è puntuale, stranamente, ma quando monto in macchina la batteria è a terra. Sbalordito prova a spingere con degli aiutanti, ma è un grande pickup e il terreno è sabbioso. C’è un altro pickup lì accanto, ma quando trafelato prova ad accenderlo anche quello è con la batteria a terra. Sono le 6 e sono ancora lì. Chiedo un taxi, ma il tipo non demorde, vuole quei 10.000 franchi e io glieli darei, ma non ci sono le condizioni. La decisione la prendo quando vedo che per disperazione usa i cavi per caricare una delle due batterie scariche da una delle due batterie scariche. Un po’ come col ragazzo in spiaggia dico con convinzione che vorrei un taxi per l’aeroporto. Tra i tre presenti ce n'è uno vestito di tutto punto e senza scarpe. E' lui che abbozza l’idea che qualcuno mi porti <i>en vélo</i> in paese per prendere un taxi. Prima di urlare « Quale <i>vélo</i>?? » con tutta la Puglia che è in me, mi ricordo che <i>vélo</i> qui è moto e bicicletta è <i>vélo pédalé</i>.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La moto è un po’ più grande di uno scooter. Non ho scelta. Monto e partiamo. No casco, no rispetto di limiti, evidentemente inesistenti su strada prevalentemente sabbiosa, con ruota posteriore che talvolta sfugge al controllo. La visione di me con gamba rotta e rimpatrio si delinea. Poi finalmente l’asfalto, poi il taxi. Sono le 6:15 e partiamo. Dopo 50mt il tassista a cui era stato raccomandato di andare dritto in aeroporto si ferma da un Gheddafi per fare rifornimento. Per chi non lo sapesse, si chiamano così i rifornitori abusivi di carburante venduto in bottiglie di Pastis. Il tipo chiede 15 litri, che vuol dire una infinità di bottiglie. Alle 6:20 il Gheddafi non ha il resto, faccio notare al taxi men che il mio aereo è alle 7:30. Sgrana gli occhi, lascia il resto al <i>petit, </i>come chiamano qui il garzone e corre a tutta randa verso l’aeroporto, facendo slalom tra camion e macchine del primo risveglio cittadino. Arrivo in aeroporto alle 6:40 e il check-in è ancora aperto, grazie alla quantità spropositata di bagagli che la gente trasporta per se e per altri intermediari che si infilano a metà fila.</div><div style="text-align: justify;">Come annullare la calma e il relax di un weekend improvvisato, penso. Ma almeno l'aereo non è perso. Rientro in economic e coca cola al posto del succo di mango.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Quando arrivo a Brazzaville, ho giusto il tempo di lasciare la roba alla case e gettarmi nelle riunioni del lunedì. C’è ancora tantissima gente in missione che occupa la sala meeting. Sono devastata, ho dormito 4 ore, ma ho respirato oceano e terra di sud, che mi fa sempre bene.</div><div style="text-align: justify;">Rientro per pranzo alla <i>case</i>. Ros ha come al solito appoggiato la parrucca sull’asse da stiro mentre lava parlando ininterrottamente al telefono. Mangio il mio avocado con pomodoro e mi stendo 5 minuti sul grande divano della sala per una micro pausa. Guardo il telefono. Ho ricevuto un messaggio dal numero di Silvia in risposta al mio vocale che risulta non ascoltato, tuttavia. Il messaggio inizia con un “cari e care”, poi senza continuare a leggere vedo che mi hanno scritto Pao, Ele, Eli e Mic che mi chiede di chiamarlo e piano piano il suono della risacca dell'oceano risuona nella mia testa. </div><div style="text-align: justify;">“Silvia non c’è più, è volata via...” dice il messaggio.</div><div style="text-align: justify;">Mi congelo, come è prevedibile.</div><div style="text-align: justify;">Rileggo il messaggio.</div><div style="text-align: justify;">“Silvia non c’è più, è volata via...”</div><div style="text-align: justify;">“Oppure flotta tra le onde dell’Atlantico di Pointe Noire...” mi dico.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: courier;">Martedi 31 ottobre: Brazzaville - Ouesso</span></div><div style="text-align: justify;">Il lungo viaggio tra Brazzaville e Ouesso, appiccicata al finestrino, mentre musica e pensiero mi fanno piangere, mi fa bene, nonostante l'imbarazzo che qualcuno possa accorgersi che Daniela-la-forte sia crollata. In questo viaggio ricordo, immagino, ricostruisco scene vissute e di fantasia.</div><div style="text-align: justify;">Mi convinco che la cosa bella sarà scoprire un giorno che la sua morte avrà rappresentato ancora un altro momento speciale che Silvia ci avrà regalato. Sarà un modo di mettere in atto quel vivere senza un pezzo, come aveva fatto lei.</div><div style="text-align: justify;">Ma è presto. Per ora so che non mancherai e basta, molto di più.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgNanvIAQZavh3oE6q7HLwu-0jhlED7UyB6e_PlJW0hYAVWX3Fi5lPbGT82enWcU3oO2pu20k8t3_hBiEUBQ5Cbe5pskKN1PEdxE2JsZpaEvkBTazF6zKYwQ3JPunrVo9XwQtAy5wL8mqAqfN0XEGZudbSfXP5iOU3xuEMwBlXlweOlakvXrysDljgR5EY/s3968/IMG_20231029_130738_119.jpg" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="3968" data-original-width="2976" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgNanvIAQZavh3oE6q7HLwu-0jhlED7UyB6e_PlJW0hYAVWX3Fi5lPbGT82enWcU3oO2pu20k8t3_hBiEUBQ5Cbe5pskKN1PEdxE2JsZpaEvkBTazF6zKYwQ3JPunrVo9XwQtAy5wL8mqAqfN0XEGZudbSfXP5iOU3xuEMwBlXlweOlakvXrysDljgR5EY/w480-h640/IMG_20231029_130738_119.jpg" width="480" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Plage de Djeno - Pointe Noire</td></tr></tbody></table></div><br /><div style="text-align: justify;"><br /></div>tsaramasohttp://www.blogger.com/profile/11119278458790218095noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-2883614440438564333.post-13584083398780993632023-10-16T23:48:00.004+02:002023-10-17T00:10:49.068+02:00Quale sorpresa migliore!<div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d; font-family: courier;">ENGLISH BELOW</span></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Rientrata dalle ferie estive pianifico 10 giorni a Brazzaville, ho qualche attività da fare. Sarà anche l'occasione di stare con gli amici e i colleghi della capitale, fare aikido e rientrare così gradualmente nella vita di qui e poi procedere verso il nord, verso Ouesso.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Poiché è un venerdì, chiamo il maestro di aikido del dojo che sta a 3 minuti dall’ufficio. <i>Maître Jac </i>mi dice che non ci sarà lezione perché a cominciare dal pomeriggio ci sarà uno stage al dojo del parco zoologico, (che poi è l'altro dojo che frequento). Ci diamo appuntamento lì e, contenta penso che il mio rientro nel paese, nonché il weekend, abbiano preso la piega migliore. Giro l'angolo della strada e incontro <i>Senpai</i> <i>Flu</i>, gli indico il telefono e gli mostro che lo stavo chiamando proprio in quel momento. <i>Flu</i> è stata la mia porta di entrata all’aikido di qui. Intuisco che lui non verrà, adduce ragioni confuse (mai diretti qui, eh!) Sospetto i soliti problemi politici tra club, che poi è il motivo per il quale adesso a Ouesso non pratico più con gli adulti, ma insegno a ragazzini e bambini.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Mi fiondo al dojo alle 18.00. Il Maestro sta facendo gli esami ed è pieno di piccoli aikidoka che hanno appena ricevuto la cintura gialla. In particolare c'è una aikidoka di taglia minuscola, la cintura fa tre giri intorno alla sua vita, e ne è così fiera…</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Allo stage siamo una quarantina e quasi perfettamente distribuiti tra cinture nere e bianche. Qui in Congo si usa che al saluto ci si metta in ordine di grado e che il più alto in grado dica delle cose al Maestro che io non riesco proprio a memorizzare. Per fortuna capito nel mezzo. Qui il riscaldamento csi fa in cerchio e generalmente è ricco di flessioni e addominali. Oggi invece il maestro inizia con un lungo e dolce stretching, in una sequenza logica ed estremamente piacevole per il mio corpo un po’ fuori allenamento.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Il maestro ha una bella faccia, si chiama qualcosa tipo <i>Argille</i> (cosa possibilissima nel panorama dei nomi congolesi fantasmagorici, tipo <i>Jadore, çasuffit, Dieumerci </i>e tanto altro che ho segnato in un file dedicato). Anche sulle tecniche entriamo in modo dolce, facendole prima senza cadute (quello che chiamano <i>l’éducatif) </i>e poi passiamo alle <i>techniques avec la chutte et les clés </i>(cadute e chiusure).</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Ammiro l'attenzione fortissima del maestro verso le cinture bianche, che accoppia alle nere dopo ogni spiegazione. Ci corregge senza mai essere diretto, ma usando metafore o facendo battute (tipico di qui e principale causa di incomprensione nella mia vita quotidiana). Ma quello che più m’incasina è che loro chiamano <i>taesabaki</i>, quello che per il resto del mondo è i<i>rimi-tenkan</i>, ma ora lo so, quindi ok. </div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">(Sì, è un post un po' nerd...)</div><div style="text-align: justify;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhI9tuozze2Kb6xEraOEgL79PgbO-11y4BhPQKQA_52UUAQQNofxAhtWhBcgrSjSXpKMtvfoE864OMr-P5x-MIlm2ERQH_j1LA9D9NcgKAh-mZXQe2ureW6STXbMRA7uS9rSahajJrAaI4p_8h_agV313qxUnSo9b_aK7zEJG_J8ULlaxLL6Avmi_6hiCw/s1024/IMG-20231003-WA0026.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="768" data-original-width="1024" height="480" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhI9tuozze2Kb6xEraOEgL79PgbO-11y4BhPQKQA_52UUAQQNofxAhtWhBcgrSjSXpKMtvfoE864OMr-P5x-MIlm2ERQH_j1LA9D9NcgKAh-mZXQe2ureW6STXbMRA7uS9rSahajJrAaI4p_8h_agV313qxUnSo9b_aK7zEJG_J8ULlaxLL6Avmi_6hiCw/w640-h480/IMG-20231003-WA0026.jpg" width="640"></a></div><div style="text-align: justify;">Un'altra grande vera differenza con i dojo ortodossi è che qui è ammesso arrivare in ritardo. Il maestro non ti rifiuterà. Ci sta anche questo. Un giorno mentre discutevo sulla puntualità, un congolese mi ha detto «<i>Daniela, vous avez le montre, nous avons les temps</i> » (voi avete l'orologio, noi abbiamo il tempo). E mi ha spiazzato.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Tra i praticanti c’è di tutto: alti, bassi pesi minimi e pesi massimi. Deve essere arrivato uno stock di uniformi da qualche paese arabo, molti di loro hanno keikogi con bandiere di colori di Giordania, Siria e Palestina. C'è chi pratica in maniera molto fluida e chi invece è un tronco d'albero. Chi va lentamente, chi si muove come un forsennato. C'è chi mi evita: la bianca con la cintura nera che ti corregge, non è una condizione che si può accettare in pochi secondi di pratica. E c'è chi invece "mi cerca" per praticare e sono soprattutto le (poche) ragazzine. Poi ci sono gli scettici, quelli costretti dal maestro a praticare con me, che preoccupati di farmi male fanno finta di attaccare, fanno piano, e quando si beccano un colpo (io che non faccio finta per niente) conquisto la loro fiducia. </div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Tre ore di allenamento al giorno per tre giorni. Si suda da matti, non ci sono pause, non si beve, non si piscia. Ma questo un po' ovunque nel mondo aikidoka.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Noto in particolare due montagne sul tatami: una cintura nera e una arancione. La nera è lo Steven Seagal del Congo. La grande pancia nasconde la cintura a cui è appesa miracolosamente l’hakama. È magnifico vederlo lavorare con i piccoli, che cadono affidandosi al loro essere di caucciu e al rispetto che qui ti insegnano per la gerarchia. Fare e non discutere. Anche Montagna-cintura-arancione cade, ma lui "cade grande" come si dice in gergo e fa un casino della Madonna, perché qui « rumore forte è figo ».</div><div style="text-align: justify;">L’entusiasmo sale e le tecniche si complicano di giorno in giorno e ogni mattina sono sempre più rotta e contenta.</div><div style="text-align: justify;">L’ultimo giorno viene anche <i>Pat</i>, la mia amica 3 DAN con cui mi alleno di solito qui a Brazzaville. <i>Pat</i>, grande stazza, tanta morbidezza.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjiRHAI6OYstu0RKmrw6A4EdIgUT_nNeFk8qTx3_KeoCirXWHUIQKUgJOZlpKsSAY71d-8JUpdZANTaNBQbvbHnDBH2Quqks3P3JbkPtHZASrKKoc5w8H3WYr-p5ev6eFNE3jIy1Og7nVjZRQo3b2na1cNpbI9p43f4T50Wbv6v1g8WJD6K2t1snc3fzi4/s3968/IMG_20231001_124226_904.jpg" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="2976" data-original-width="3968" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjiRHAI6OYstu0RKmrw6A4EdIgUT_nNeFk8qTx3_KeoCirXWHUIQKUgJOZlpKsSAY71d-8JUpdZANTaNBQbvbHnDBH2Quqks3P3JbkPtHZASrKKoc5w8H3WYr-p5ev6eFNE3jIy1Og7nVjZRQo3b2na1cNpbI9p43f4T50Wbv6v1g8WJD6K2t1snc3fzi4/s320/IMG_20231001_124226_904.jpg" width="320"></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Le donne dello stage</td></tr></tbody></table>E' domenica e il maestro ci invita dopo lo stage a condividere una delle cose a più alto valore sociale qui, <i>le jus</i>. Con <i>jus</i> si indica qualunque tipo di bevanda (alcolica e analcolica). Condividere o offrire un <i>jus</i> determina la chiusura di una giornata, di un evento, di un attività. Per le comunità con cui lavoro ha più valore ricevere un <i>jus </i>a fine attività, che un qualunque gadget di progetto, come una maglietta.</div><div style="text-align: justify;"></div><div style="text-align: justify;">Il bar dove andiamo è di uno del gruppo di aikidoka. Ci vado con Pat e le altre due uniche donne dello stage. Il bar in realtà è il salone di una parrucchiera che ha un grande frigo con i <i>jus</i>. Ci installiamo sotto a un grande <i>safoutier</i>. Fa caldissimo, siamo disidratati, chiediamo tutti dell’acqua per cominciare, tranne Steven Seagal che ha due birre <i>Beaufort</i> ghiacciate sul tavolino. Le beve alla goccia in non più di 40 secondi; le bottiglie scompaiono nelle sue grandi mani. Al mignolo ha un grande anello d’oro, con una testa di leone in rilievo. Io chiacchiero con <i>Pat</i>, ma ho un occhio su di lui. Resisto a fargli una foto, troppo presto. </div><div style="text-align: justify;"><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgAnr-7CBHPqluqm8qIEul_bcXHZT_44hNQk6EJzHgd6nSfG3hbN_POB5HrMVQ5qzrL4XrmuJnNl9lA6JcCHmcKc3J8RQERHyP8gRbHbjP36n_2eWdXJb8VL6a_RYFrpa9wlo6LiTrCIE9Bx4nVoZD_6tIzYk0bfZ4DKTuysS1gEqcIykKyxk4CVXosHqY/s1984/IMG_20231001_130120_626.jpg" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1984" data-original-width="1488" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgAnr-7CBHPqluqm8qIEul_bcXHZT_44hNQk6EJzHgd6nSfG3hbN_POB5HrMVQ5qzrL4XrmuJnNl9lA6JcCHmcKc3J8RQERHyP8gRbHbjP36n_2eWdXJb8VL6a_RYFrpa9wlo6LiTrCIE9Bx4nVoZD_6tIzYk0bfZ4DKTuysS1gEqcIykKyxk4CVXosHqY/s320/IMG_20231001_130120_626.jpg" width="240"></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Arachidi in plastica</td></tr></tbody></table>L’omino delle arachidi passa, come in ogni punto-bar che si rispetti qui. Le trasporta nelle bacinelle di plastica, quelle dei panni per intenderci e le vende a bicchierate. Ne compriamo una vagonata e cominciamo a sgranocchiare. Qui le arachidi le fanno bollite e sono buonissime. C'è della fame seria, in poco tempo creiamo un tappeto di bucce sotto i nostri piedi, mentre si chiacchiera di tutto. </div><div style="text-align: justify;">Molte cose non le capisco, perché dette in lingala, ma non mi sento esclusa. Mentre parlo con <i>Maitre Jac</i>, a qualche sedia da me, mi accorgo che Steven Seagal sta aggeggiando con una pistola giocattolo. Dice cose che non capisco, la gira, fa finta di caricarla, ci soffia sulla canna. Il suo anello è in bella vista. Viene fuori che lavoro vicino al Parco Nouabale Ndoki nel nord del Paese e mi chiede se ci sono i gorilla. Dico di sì e lui dice che vorrebbe incontrarne uno per fronteggiarlo. </div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Poi risolleva la pistola e dichiara a tutti che oggi la bevuta è gratis. Nessuno reagisce. Neanche il Maestro. Devono essere abituati. E io penso che se vedesse un gorilla davvero si cacherebbe nei pantaloni.</div><div style="text-align: justify;">Continuiamo a sgranocchiare le arachidi, mentre a causa della rotazione terrestre, perdiamo l’ombra del nostro <i>safoutier. </i>Migriamo lentamente verso il muro per evitare quel sole allo zenit, tipico dell'equatore.</div><div style="text-align: justify;">Le birre finalmente escono dal salone del coiffeur e arrivano belle ghiacciate.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">-----------------</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;">Back from my summer holidays I plan 10 days in Brazzaville, I have some activities to do. It will also be an opportunity to be with friends and colleagues in the capital, practice aikido and thus gradually re-enter life here and then head north to Ouesso.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;"><br></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;">Since it is a Friday, I call the aikido master of the dojo that is three minutes away from the office. <i>Maître Jac </i>tells me that there will be no class because starting in the afternoon there will be a workshop at the dojo closed to the zoo, (which is the other dojo I usually go for practice). We make an appointment there and, happy, I think that my return to the country, as well as the weekend, have taken a turn for the better! I turn the corner of the street and meet <i>Senpai Flu,</i> I point to his phone and I show him that I was calling him just then! <i>Flu</i> was my gateway to aikido here. I guess he's not coming, giving confused reasons (never headed here, eh!) I suspect the usual political problems between clubs, which is why now in Ouesso I no longer practise with adults, but teach kids and children.</span></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;">I rush to the dojo at 6pm. The sensei is taking his exams and it's full of little aikidoka who have just received their yellow belts. In particular there is one tiny aikidoka, the belt goes three laps around her waist, and she is so proud of it....</span></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;">At the workshop we are about forty and almost perfectly distributed between black and white belts. </span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;">Here in Congo it is customary that at the "greeting" we stand in order of rank and that the highest in rank says things to the sensei which I really cannot memorise. Luckily I am in the middle. Here the warm-up is done in a circle and is generally full of push-ups and abdominals. Today, however, the Sensei starts with a long, gentle stretch, in a sequence that is logical and extremely pleasant for my somewhat out-of-training body.</span></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;">The sensei has a nice face, his name is something like <i>Argille</i> ("clay", which is very possible in the panorama of phantasmagorical Congolese names, such as <i>Jadore</i>, <i>çasuffit</i>, <i>Dieumerci</i> and many others that I have marked in a dedicated file). Even on the techniques we enter in a gentle way, doing them first without falls (what they call <i>l'éducatif</i>) and then move on to techniques avec la <i>chutte</i> <i>et les clés</i> (falls and keys).</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;">I admire the sensei's strong focus on the white belts, which he pairs with the black belts after each explanation. He corrects us without ever being direct, but using metaphors or making jokes (typical here and the main cause of misunderstanding in my daily life). But what messes me up the most is that they call <i>taesabaki</i>, what to the rest of the world is <i>irimi-tenkan</i>, but now I know, so OK.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;"><br></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;">(Yes, it's a bit of a nerdy post...)</span></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;">Another big real difference with orthodox dojos is that here you are allowed to arrive late. The sensei will not refuse you. That's part of Congo as well. One day I was discussing punctuality with a Congolese man who replied '<i>Daniela, vous avez le montre, nous avons les temps</i>' (you have the watch, we have the time). And I was taken aback.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;"><br></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;">Amongst the practitioners there is everything: little and tall people, low and heavyweights ones. A stock of uniforms must have arrived from some Arab country, many of them have keikogi with flags in the colours of Jordan, Syria and Palestine. Some practice very fluidly and some are tree trunks. Some go slowly, some move very fast. There are those who avoid me: the white girl with the black belt correcting you is not a condition that you can accept in a few seconds! And there are those who 'seek me out' to practice and they are mainly the (few) young girls. Then there are the sceptics, those forced by the sensei to practise with me, who, worried about hurting me. They just pretend to "attack", they take it easy, but when they get a hit by me (not pretending at all) I eventually win their trust.</span></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;">Three hours of training a day for three days. We sweat like crazy, there are no breaks, no drinking, no breaks for pissing. But that's just about everywhere in the aikidoka world.</span></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;">I notice in particular two "Mountains" on the tatami: a black belt and an orange belt. The black one is the Steven Seagal of the Congo. The big belly hides the belt from which the hakama miraculously hangs. It is magnificent to see him working with the little students, who fall relying on being made of rubber and the respect they teach you here for hierarchy: just do it and not argue. </span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;">Even Montagna-belt-orange falls, but he 'falls big', as we say in the jargon, and makes it very noisy, because here 'loud noise is cool'.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;">The enthusiasm rises and the techniques get more complicated by the day, and every morning I feel more and more broken and happy.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;">On the last day, <i>Pat</i> also joined the workshop. <i>Pat</i> is my 3 DAN friend with whom I usually train here in Brazzaville. <i>Pat</i>: great size, lots of softness.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;"><br></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;">It's Sunday and the sensei invites us after the stage to share one of the things with the highest social value here: <i>le jus</i>. <i>Jus</i> means any kind of drink (alcoholic and non-alcoholic). Sharing or offering a <i>jus</i> brings closure to a day, an event, an activity. For the communities I work with, it is more valuable to receive a <i>jus</i> at the end of the activity than any project gadget, such as a T-shirt.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;">The bar we go to belongs to one of the aikidoka group. I go there with <i>Pat</i> and the only other two women from the stage. The bar is actually the salon of a hairdresser who has a big fridge with <i>jus</i>. </span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;">We set up under a big <i>safoutier</i>. It is very hot, we are dehydrated, we all ask for water to start, except Steven Seagal who has two ice-cold Beaufort beers on the table. He drinks them in no more than 40 seconds; the bottles disappear in his big hands. On his little finger he has a large gold ring with a raised lion's head. I chat with <i>Pat</i>, but I have one eye on him. I resist taking a picture of him, too soon.</span></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;">The "peanut man" passes by, as in any self-respecting bar here. He carries them in plastic bowls - the kind used for laundry - and sells them measuring the quantity by a glass. We buy a bucketful and start munching. Here they boil the peanuts and they are delicious. </span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;">There is serious hunger, in no time we create a carpet of peelings under our feet, while chatting about everything. </span><span style="color: #38761d;">Many things I don't understand, because they are said in Lingala, but I don't feel left out. </span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;">As I talk to <i>Maitre Jac - </i>a few chairs away - I notice that Steven Seagal is fidgeting with a toy gun. He says things I don't understand, turns it around, pretends to load it, blows on the barrel. His ring is in plain sight. It turns out that I work near Nouabale Ndoki Park in the north of the country and he asks me if there are gorillas there. I say yes and he says he would like to meet one to confront it.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;">Then he raises his gun and declares to everyone that today the drink is free. No one reacts. Not even the sensei. They must be used to it. And I think if he saw a gorilla he would really shit his trousers.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;"><br></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;">We continue munching on peanuts, while due to the earth's rotation, we lose the shadow of our <i>safoutier</i>. We slowly migrate towards the wall to avoid that zenith sun, typical of the equator.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;">The beers finally leave the coiffeur's salon and arrive nice and cold.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;"><br></span></div><div style="text-align: justify;"><br></div>tsaramasohttp://www.blogger.com/profile/11119278458790218095noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2883614440438564333.post-52706127346624468332023-06-03T14:09:00.006+02:002023-06-03T14:28:26.671+02:00Personaggi: Adamu, il sarto/Adamu, le tailleur<span style="color: #38761d; font-family: courier;">TEXTE EN FRANÇAIS CI-DESSOUS</span><br /><br />Ouesso, un sabato di maggio<div><div><br /><div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><img border="0" src="https://lh3.googleusercontent.com/-iLTn485AE9Y/ZHfLgC83xmI/AAAAAAAALyw/RXk4jpIjeQUDh0EhpnthdD3Vf2b6VEhEwCNcBGAsYHQ/s1600/1685572465968042-0.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;" width="400" /></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Adamu, Ouesso</td></tr></tbody></table><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://lh3.googleusercontent.com/-iLTn485AE9Y/ZHfLgC83xmI/AAAAAAAALyw/RXk4jpIjeQUDh0EhpnthdD3Vf2b6VEhEwCNcBGAsYHQ/s1600/1685572465968042-0.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"></a></div><div style="text-align: justify;">Quando entro nel suo atelier Adamu non c’è. Eppure mi aveva appena detto al telefono che sarei potuta passare a ritirare tutto.</div><div style="text-align: justify;">Adamu sta molto attento ultimamente, soprattutto dopo che mi perso una canottiera che avevo portato a riparare. Dice di averla spazzata via quando ha fatto le pulizie. </div><div style="text-align: justify;">"Sarà capitata tra gli scarti dei vestiti preparati per la festa di fine Ramadan." </div><div style="text-align: justify;">Effettivamente i momenti più difficili per sarti di sono la settimana precedente l’8 marzo, in cui confezionano il <i>pagne </i>per le donne e prima della festa del sacrificio, di fine Ramadan. </div><div style="text-align: justify;">Sbagliai i tempi dunque. Per riparare al danno, la canottiera che mi ha confezionato ex-novo me l’ha regalata. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Adamu l’ho conosciuto perché è il sarto che ha cucito l’abito del mio compleanno dell'anno scorso, regalo dell'equipe. Da allora è diventato uno dei miei sarti di riferimento.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Adamu è ciadiano e ha solo collaboratori uomini nel suo atelier, presumibilmente tutti della stessa famiglia. Ogni volta mi chiede di Ivan, se un giorno tornerà a Ouesso e se poi potrà portarlo con lui in Italia. Ivan lo aveva conosciuto a dicembre e da lui si era fatto fare camice e abiti.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Il suo scagnozzo mi dice di accomodarmi sul canapé di vellutino. Parla il meno possibile, come è abitudine qui. Il tempo minaccia pioggia, sono in bici e vorrei rientrare prima che sia buio perché non ho i fanali. </div><div style="text-align: justify;">Sono tutte condizioni per cominciare a innervosirmi. Ma è inutile, ormai lo so: tempo meteorologico e flusso di ore e giorni qui danno e hanno significati specifici, che forse non comprenderò mai a pieno. Ma questa cosa o me la faccio piacere o la subisco. </div><div style="text-align: justify;">Aspetto, sbircio il telefono, poi mi concentro sulla gente che passa. </div><div style="text-align: justify;">“Danielà!” e compare. E' Adamu, col suo grande sorriso e la cicatrice sulla guancia. Mi batte cinque, scocchia le dita, risplendente nella sua jallabia bianca. </div><div style="text-align: justify;">Mi dice che oggi dimostrò tra i 17 e i 18 anni. Deve essere la camicia verde a righe, un po’ modello scolare? Non risponde. Ovviamente non si parla del suo ritardo, perché per lui semplicemente non lo è. Mi mostra cosa ha fatto per me, c’è bisogno di una rifinitura. Mia nonna l’avrebbe chiamata "impuntura". </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Quando due donne entrano nel laboratorio, Adamu le saluta calorosamente, come fa con tutti. Nel frattempo osservo le sue mani affusolate, che scorrono sul tessuto della tenda che sta sistemando. Come fa ad andare così dritto con la macchina?</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La donna che è appena entrata mi saluta. Io educatamente rispondo. Mi chiede se la riconosco. Io ho difficoltà in effetti. Ormai ci conosciamo un po’ tutti a Ouesso e con la storia delle parrucche e dei diversi luoghi che frequento, perdo le fisionomie... Dice che abbiamo fatto le pizze insieme a Bomassa. Ricordo!</div><div style="text-align: justify;">Poi lei chiede del ragazzo che le doveva ultimare il vestito. Adamu dice che è tardi e che "Adamu è già andato via". </div><div style="text-align: justify;">Un dubbio mi attanaglia: chi è Adamu allora? In Congo la questione dei nomi è affare delicato. Mi dice che quell'Adamu è “son petit”. Sono figli di madre e padri diversi, abbiamo solo i “parents en commune”. Sono seriamente confusaF, parents in francese vuole proprio dire genitori. Forse si accorge della mia confusione e mi dice che in Chad comunque non puoi sbagliarti, “Ci chiamiamo tutti Adam o Mohamed. Quindi se incontri qualcuno per strada e lo chiami Adam, se non si gira, chiamalo Mohammed e si girerà”.</div><div style="text-align: justify;">Annuisco.</div><div style="text-align: justify;">Domani ti porto un paio di short da copiare con la stoffa che è rimasta gli dico. </div><div style="text-align: justify;">“Je serai là, inchallah”, reagisce.</div><div style="text-align: justify;">Quando ho inforcato la bicicletta Adamu è dietro di me e ha un lecca lecca rosso che spicca sul nero lucido della sua pelle. Ancora quella cicatrice in evidenza. </div><div style="text-align: justify;">Gli dico che è meglio evitare i lecca lecca, rovinano i denti. </div><div style="text-align: justify;">Mi guarda come se fosse la prima volta che sente questa cosa. </div><div style="text-align: justify;">“Ok” dice “Finisco questo e poi non ne mangio più, Daniela. Grazie del consiglio”.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Fosse tutto così semplice.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #38761d;">Ouesso, un samedi de mai</span></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><div><span style="color: #38761d;">Lorsque j'entre dans son atelier, Adamu n'est pas là. Pourtant, il venait de me dire au téléphone que je pouvais passer tout récupérer.</span></div><div><span style="color: #38761d;">Adamu a été très prudent ces derniers temps, surtout après que j'ai perdu un débardeur que j'avais apporté pour le faire réparer. Il dit qu'il l'a balayé en faisant le ménage. </span></div><div><span style="color: #38761d;">"Il a dû tomber parmi les restes de vêtements préparés pour la fête de fin de ramadan". </span></div><div><span style="color: #38761d;">En effet, les périodes les plus difficiles pour les tailleurs sont la semaine précédant le 8 mars, lorsqu'ils confectionnent le pagne pour les femmes, et avant la fête du sacrifice, à la fin du ramadan. </span></div><div><span style="color: #38761d;">Mauvais timing donc. Pour réparer les dégâts, le gilet qu'il m'a fabriqué de toutes pièces, il me l'a offert en cadeau. </span></div><div><span style="color: #38761d;"><br /></span></div><div><span style="color: #38761d;">J'ai rencontré Adamu parce que c'est le tailleur qui a cousu mon costume d'anniversaire l'année dernière, un cadeau de l'équipe. Depuis, il est devenu l'un de mes tailleurs de référence.</span></div><div><span style="color: #38761d;"><br /></span></div><div><span style="color: #38761d;">Adamu est tchadien et n'a que des collaborateurs masculins dans son atelier, vraisemblablement tous issus de la même famille. Chaque fois, il me demande des nouvelles d'Ivan, s'il reviendra un jour à Ouesso et s'il peut l'emmener avec lui en Italie. Ivan l'avait rencontré en décembre et s'était fait confectionner des chemises et des costumes par lui.</span></div><div><span style="color: #38761d;"><br /></span></div><div><span style="color: #38761d;">Son acolyte me dit de prendre place sur le canapé de velours. Il parle le moins possible, comme c'est la coutume ici. Le temps menace de pleuvoir, je suis sur mon vélo et j'aimerais rentrer avant la nuit car je n'ai pas de phares. </span><span style="color: #38761d;">Ce sont toutes les conditions pour commencer à s'énerver. Mais c'est inutile, je le sais maintenant : la méteo et le déroulement des heures et des jours ici donnent et ont des significations spécifiques, que je ne comprendrai peut-être jamais complètement. Mais soit j'en profite, soit je le subis. </span></div><div><span style="color: #38761d;">J'attends, jette un coup d'œil à mon téléphone, puis me concentre sur les gens qui passent. </span></div><div><span style="color: #38761d;">"Danielà !" et apparaît. C'est Adamu, avec son grand sourire et sa cicatrice sur la joue. Il me fait un high-five en claquant des doigts, resplendissant dans sa jallabia blanche. </span></div><div><span style="color: #38761d;">Il me dit que j'ai l'air d'avoir entre 17 et 18 ans aujourd'hui. Ce doit être la chemise verte à rayures, un peu le modèle de l'écolier ? Il ne répond pas. Bien sûr, on ne metionne pa pas son retard, car pour lui, ce n'est tout simplement pas le cas. Il me montre ce qu'il a fait pour moi, il a besoin d'une coupe. Ma grand-mère aurait appelé cela de la "couture". </span></div><div><span style="color: #38761d;"><br /></span></div><div><span style="color: #38761d;">Lorsque deux femmes entrent dans l'atelier, Adamu les salue chaleureusement, comme il le fait avec tout le monde. Pendant ce temps, j'observe ses mains effilées qui courent sur le tissu du rideau qu'il est en train de réparer. Comment peut-il aller aussi droit avec la voiture ?</span></div><div><span style="color: #38761d;"><br /></span></div><div><span style="color: #38761d;">La femme qui vient d'entrer me salue. Je lui réponds poliment. Elle me demande si je la reconnais. En fait, j'ai du mal. A présent, nous nous connaissons tous un peu à Ouesso et avec l'histoire des perruques et les différents lieux que je fréquente, je perds les physionomies.... Il dit que nous avons fait des pizzas ensemble à Bomassa. Je m'en souviens !</span></div><div><span style="color: #38761d;">Puis elle demande des nouvelles du garçon qui devait finir sa robe. Adamu répond qu'il est tard et qu' "Adamu est déjà parti ". </span></div><div><span style="color: #38761d;">Un doute m'envahit : qui est Adamu alors ? Au Congo, la question des noms est délicate. Il me dit qu'Adamu est "son petit" et qu'ils partagent le mème nom. Ce sont des enfants de mères et de pères différents, "nous n'avons que des parents en commune". Je suis sérieusement troublée, parents en français signifie vraiment mère et pére è ma connaissance. Il remarque peut-être ma confusion et me dit que de toute façon, au Tchad, on ne peut pas se tromper : " On s'appelle tous Adam ou Mohamed. Donc si tu rencontres quelqu'un dans la rue et que tu l'appelles Adam, s'il ne se retourne pas, appelle-le Mohammed et il se retournera'.</span></div><div><span style="color: #38761d;">J'acquiesce.</span></div><div><span style="color: #38761d;">'Demain, je t'apporterai un short à copier avec le tissu qui reste', lui dis-je. </span></div><div><span style="color: #38761d;">'Je serai là, inchallah', me répond-il.</span></div><div><span style="color: #38761d;">Lorsque j'ai enfourché le vélo, Adamu est derrière moi et a une sucette rouge qui se détache sur le noir brillant de sa peau. La cicatrice est encore visible. </span></div><div><span style="color: #38761d;">Je lui dis qu'il vaut mieux éviter les sucettes, elles abîment les dents. </span></div><div><span style="color: #38761d;">Il me regarde comme si c'était la première fois qu'il entendait cela. </span></div><div><span style="color: #38761d;">"D'accord, dit-il, je vais finir ça et après je ne mangerai plus, Daniela. Merci pour le conseil."</span></div><div><span style="color: #38761d;"><br /></span></div><div><span style="color: #38761d;">Si seulement tout était aussi simple.</span></div></div></div></div></div>tsaramasohttp://www.blogger.com/profile/11119278458790218095noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2883614440438564333.post-34992108640170142692023-05-24T00:09:00.009+02:002023-05-24T00:18:02.773+02:00Johannesburg, part 1: quando sei dove volevi essere<div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="color: #38761d; text-align: justify;">ENGLISH BELOW</span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="text-align: justify;"><br /></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="text-align: justify;">"Come mi va" è un po' che non lo dico.</span></div></div></div><div style="text-align: justify;">Tante cose, ma oggi c'è una cosa fresca fresca che mi preme condividere, prima che passi troppo tempo e mi sfuggano immagini e pensieri, che entrano, mi attraversano e poi prendono una forma che ha un po' il mio marchio.</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgsTPR3pQMSIe30JOjtObat0I-_hQSCNj-zze-_TFslFxzONtVjVp4_3eQ7Es24W35odeJIY_bk-xAg1ocW1BMbK1A6NIM1L3QLHYZb_CW4uwlm9mxMWCHZirCTEKAodAKtybldvIgYXQBTpJ44gRPDZkx1xKttbysJVHY_Wp0fyiCVOfRb5CGnkK6n" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><img alt="" data-original-height="585" data-original-width="896" height="261" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgsTPR3pQMSIe30JOjtObat0I-_hQSCNj-zze-_TFslFxzONtVjVp4_3eQ7Es24W35odeJIY_bk-xAg1ocW1BMbK1A6NIM1L3QLHYZb_CW4uwlm9mxMWCHZirCTEKAodAKtybldvIgYXQBTpJ44gRPDZkx1xKttbysJVHY_Wp0fyiCVOfRb5CGnkK6n=w400-h261" width="400" /></a></div><div style="text-align: justify;"></div><div style="text-align: justify;">A fine Aprile sono andata a Johannesburg per partecipare ad un congresso. Con me è venuta Jenny, una ragazza di Kinshasa che fa parte dello staff di progetto da due anni e lì ci siamo trovati con i colleghi dell'altro Congo e del Madagascar per presentare i nostri lavori al primo congresso dell'associazione africana di marketing sociale.</div><div style="text-align: justify;"><br /><b style="font-family: courier;"><span style="font-size: medium;">Notte del 27 Aprile 2023, Johannesburg</span></b></div><div style="text-align: justify;">Studio e cerco di capire come orientarmi. Pare che domani nessuno dei miei colleghi avrà voglia di uscire presto dall’hotel. Io invece sì, vengo fuori da un periodo complicato in Congo e abbiamo fatto qui 4 giorni di congresso e di questa città non ho visto ancora nulla. Metto in "preferiti" un sacco di luoghi trovati su google, sapendo che tanto mi perderò a causa della nullità del mio senso dell’orientamento.</div><div style="text-align: justify;">La meta è tuttavia SOWETO, il quartiere dove ha abitato Nelson Mandela prima della sua prigionia ed è una meta che attendo da anni.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><span style="text-align: start;"><div style="text-align: justify;"><b><span style="font-family: courier; font-size: medium;">28 Aprile 2023, Johannesburg</span></b></div></span><div>È successo: quando sei dove volevi essere.</div><div style="text-align: start;">Adesso, nella mia camera a Johannesburg, al sesto piano di un albergo abbastanza anonimo non lontano dall’Universita di Wits che ci ha ospitato per il Congresso e con <i><a href="https://youtu.be/5h01eu7XxNg" target="_blank">Nkosi Sikelel' iAfrika</a></i> (“God bless Africa”, l’inno nazionale sudafricano) in loop.</div><div>Cerco di mettere insieme questa giornata che dura da ieri, quando tra cellulare e guide cartacee, comprate nelle piccole librerie che occupano questa città, ho cercato di costruire il mio itinerario.</div></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Taxi-uber. Alla fine, stamani non sono partita da sola. C’è Jenny con me. Da dove siamo noi a Soweto sono 30 minuti di macchina. Le strade a Johannesburg sono grandi e larghe, nulla da invidiare alle autostrade dell'occidente. Man mano che avanziamo, il paesaggio diventa sempre più vuoto, meno mall, meno negozi di macchine e grandi marche. Le case sono più modeste “E' lontano Soweto, Daniela, <i>regardes comment ça a changé l’ambiance</i>”, mi dice Jenny col naso attaccato al finestrino. Ci sono grandi scritte sui muri che non capisco, forse è zulù, forse xhosa o le altre tante lingue di questo posto. Jenny mi fa notare che qui a Johannesburg c’è molta gente che fuma per strada rispetto al Congo. E’ vero. Jenny con le sue considerazioni mi distrae da quella necessità continua di trovare qualcosa di riconoscibile nel mio vissuto. Mi succede sempre quando arrivo in un posto nuovo, quasi a trovare una sponda cui aggrapparmi per non sentirmi persa. Intanto fuori si iniziano a vedere agglomerati di case, sono tutte dalla stessa altezza, sparse in campi non coltivati e secchi. C’è abbastanza gente che popola questo posto, chi sale sugli autobus e chi va a piedi, spariscono i macchinoni e compaiono auto più modeste. E' tutto più modesto qui, Soweto da questa impressione.</div><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEiCv36lbk3hz7iA2cHflV4Zg_bVdPa_7M9dZATjev4KJxANy30nFGDaVRiUMlKp4dnmk6Vq4eEZP2SVM1unUA1xAhiMDlpHzQAsHxLBrjqiMGIkdiwSa1sU0C3aczVDXaSasE_TRCB1qF2kwDe8KdcvLL2p2FmWSnkoh_CKhe815UryMNB3yah2GWd0" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" data-original-height="4000" data-original-width="6000" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEiCv36lbk3hz7iA2cHflV4Zg_bVdPa_7M9dZATjev4KJxANy30nFGDaVRiUMlKp4dnmk6Vq4eEZP2SVM1unUA1xAhiMDlpHzQAsHxLBrjqiMGIkdiwSa1sU0C3aczVDXaSasE_TRCB1qF2kwDe8KdcvLL2p2FmWSnkoh_CKhe815UryMNB3yah2GWd0=w640-h426" width="640" /></a></div><br /><div style="text-align: center;"><b>SO</b><b>: </b>South <b>WE</b><b>: </b>West <b>TO</b><b>: </b>Township</div></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ecco cosa significa questo acronimo. Ce lo spiega la guida del museo <i>Hector Pieterson</i>, che è il nome dello studente che fu il primo ad essere ucciso, durante la manifestazione degli studenti delle scuole di Soweto. Volevano l’abolizione della lingua afrikaans nell'insegnamento, a favore di quelle locali. Hector fu il primo di centinaia a morire, dice la guida, portandoci nella prima "sala" del museo, che poi è un giardino interno pieno di targhe per terra, con i nomi e la data del 16 giugno 1976; su alcune invece c'è scritto <i>unknown </i>e indicano i corpi che il governo dell’apartheid non ha mai restituito alle famiglie.</div><div style="text-align: justify;">Nel museo non si possono fare foto. Ce ne sono moltissime, tuttavia. Si sentono le voci narranti dei video, che si sovrappongono a quella della nostra guida. E’ un giovane ragazzo che mostra fierezza nel parlare del suo popolo, cita suo nonno, quando ad un certo punto di interrompe per chiedere a Jenny “Are you ok, my sister?”. </div><div style="text-align: justify;">Ci racconta che i <i>non-white</i> per uscire da Soweto e andare verso la città dovevano avere due pass, uno che si chiamava il “ Dom-pass” (domestic pass - detto anche pass degli idioti) che ti permetteva di uscire e un altro che si chiamava “il pass speciale” che ti dava la durata dell’uscita. La guida racconta che tra i vari motivi di uscita c'era quello di andare a farsi una foto di famiglia - per un certo periodo avere una macchina fotografica era vietato. Nel video che abbiamo davanti scorrono proprio delle foto di famiglia: ci sono fratelli vestiti di tutto punto e con baffi sottili, famiglie con i bambini in fila dal più alto al più basso o ancora uomini a torso nudo con muscoli in tensione. Se ti beccavano fuori dal periodo di permesso, ti prendevi da 3 mesi a 6 anni di prigione. </div><div style="text-align: justify;">Per Jenny è la prima volta per qualunque cosa qui, incluso ascoltare il racconto di questa umanità crudele e così crolla per un attimo. Eppure, mi dico, che lei viene dalla Repubblica Democratica del Congo, un posto che non vede pace da 60 anni. Più tardi mi dirà che è diverso.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La visita dura un’ora. Sono esposte le armi che hanno ucciso gli studenti, le foto scattate che furono nascoste per paura della censura o della distruzione e i cartelli usati dai ragazzi nella protesta. In uno c’è scritto “Who is next?” Riferendosi a Hector, morto per primo.</div><div style="text-align: justify;">Quello che colpisce me e Jenny sono i sorrisi e le braccia alzate dei ragazzi nelle foto.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ma è forse proprio la ribellione pacifica che spinge ancora di più la crudeltà di chi si appropria del diritto di uccidere?</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La strada che porta dal Museo di Hector alla casa di Mandela non deve essere lunga, secondo quanto ci dice la guida. Tutto dritto, poi girare a sinistra al semaforo e passare davanti a due scuole, la prima è quella dove è stato ucciso Hector, poi continuare avanti e poi sulla sinistra c’è la casa di Mandela e più avanti quella di Desmond Tutu. Ci scappa un sorriso quando realizziamo che lui e Mandela, due nobel per la pace, vivevano nella stessa strada. Sappiamo che è una risata liberatoria dopo quello che abbiamo visto. Ci perdiamo nel quartiere. Scopro che Jenny è peggio di me in quanto a orientamento. Saliamo per una strada con le case fatte tutte di mattoni rossi. E’ tutto molto semplice e quotidiano. Una donna che sta stendendo i panni ci dice che siamo nella direzione sbagliata, che per andare a casa di Mandela bisogna tornare indietro. Così passiamo per altre vie. C’è un caldo secco, il cielo è azzurrissimo, ci sono due operai che bevono una una birra seduti sul marciapiede, i bambini che escono da scuola in divisa blu, i pulmini bianchi che fanno scendere donne con lunghe gonne e sacchi della spesa, così come un venditore ambulante che ha berretti cappelli colorati con scritto Soweto. Ci dicono tutti buongiorno in maniera discreta. Ho come la sensazione che quel posto non sia cambiato molto dai tempi di Mandela.</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiK6xVNhZbSsfxdBSxEHJz5dVRgGQTmoPWnXBAPromVae1E3hc0pPeRBNNr7VPmf47uQ7rrwFz8qAIiBnkmVEz4fOkfSeCaOhgEp82ZyCPu2VnMZlsvM6YfCaj6wt2ft36zrOyovjtC6eQTcguUOFvPUirdbZhWgQ6Dx96J0JG6XlJKdvpQQm_0riMY/s4860/DSC_0347%20(2).JPG" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2804" data-original-width="4860" height="370" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiK6xVNhZbSsfxdBSxEHJz5dVRgGQTmoPWnXBAPromVae1E3hc0pPeRBNNr7VPmf47uQ7rrwFz8qAIiBnkmVEz4fOkfSeCaOhgEp82ZyCPu2VnMZlsvM6YfCaj6wt2ft36zrOyovjtC6eQTcguUOFvPUirdbZhWgQ6Dx96J0JG6XlJKdvpQQm_0riMY/w640-h370/DSC_0347%20(2).JPG" width="640" /></a></div><div style="text-align: justify;">La casa di Mandela è piena di roba, la sua roba, quella che è rimasta di Winnie, dei suoi figli, i documenti, gli attestati, le foto, i diari, i manifesti, i riconoscimenti, le scarpe, le banconote dei vari paesi con le dediche di chi lo ha supportato nella prigionia. Jenny trova anche quella della Repubblica Democratica del Congo "Quella del Congo Brazzaville non c'è!" scriverà ai nostri colleghi in un messaggio whatsapp. In una teca ci sono le lettre che Mandela scriveva dal carcere, ne poteva scrivere due l’anno, così come le visite, 2 di mezzora l’una. Un’ora l’anno per 27 anni. </div><div style="text-align: justify;">Tutto è sistemato senza troppo criterio. Mi colpisce as esempio una foto di lui che copre il muro della doccia. Nel piccolo giardino c'è l’albero della melaleuca, alle radici del quale sono stati interrati i cordoni ombelicali dei tre figli. Nelle teche, le scarpe. Sui muri, i segni dei colpi di arma da fuoco. A terra, il segno del muro ormai divelto, costruito per protezione. </div><div style="text-align: justify;">Entriamo nella sua camera, ma il letto è quello del figlio, il suo fu bruciato durante un incendio. E poi ci sono le tante foto di lui da giovane fino al momento della prigionia. L'ultima è di lui col cane.</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhcKxKdPbH0BYNJwScZQydE8QMvarR-N-XK3rhP3QrsRqudMAx5uiZ04jtu_ENj6Cx2RotivxWkkbgf3qbRQM9tb9m4twUuYMfBQKQxA93L4ombjJu72PXgBkcgmYETvfW6ePwEhQQNDOjsa_Vop4ZkI4onPZFszW_7PKi9lmGttYJTNVnWAZhT0uiB/s5401/collage.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4021" data-original-width="5401" height="475" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhcKxKdPbH0BYNJwScZQydE8QMvarR-N-XK3rhP3QrsRqudMAx5uiZ04jtu_ENj6Cx2RotivxWkkbgf3qbRQM9tb9m4twUuYMfBQKQxA93L4ombjJu72PXgBkcgmYETvfW6ePwEhQQNDOjsa_Vop4ZkI4onPZFszW_7PKi9lmGttYJTNVnWAZhT0uiB/w640-h475/collage.jpg" width="640" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="text-align: justify;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;">La visita alla casa è meno impattante del Museo Hector Pieterson. C’è più vita che morte qui, anche se non è il museo che mi aspettavo: tanti oggetti e altrettante informazioni tutte insieme, forse troppe rispetto all’idea di un Uomo che nel mio immaginario viveva con poco. Ma lo scopo è evidentemente quello di condividere tutto quello che resta. </div><div style="text-align: justify;">C’è molto andirivieni di turisti, le foto sono ammesse e la gente non si limita nei selfie. Jenny mi dice più volte di essere contenta di pestare il suolo in cui Mandela ha camminato ed io provo la stessa sensazione. Me lo immagino nel piccolo giardino a leggere quei libri che lo hanno reso una delle migliori persone al mondo oppure a discutere con Winnie, che non seppe reggere alla potenza della scelta del perdono di suo marito e se ne separò per gettarsi nelle braccia di <a href="https://www.sahistory.org.za/people/samora-machel" target="_blank">Samora Michel</a>, un altro uomo importante.</div><div style="text-align: justify;">Girato l’angolo di casa di Mandela, ecco l’unica parte turistica del quartiere: collane, vestiti e cesti coloratissimi. Le torri di Soweto si vedono a distanza, qualche bar straripante di turisti, murales e gente che cerca il modo di fare qualche soldo con chi è venuto da lontano.</div><div style="text-align: justify;">Prendiamo qualcosa.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La sera Jenny dice di essere contenta della giornata, anche se è turbata e che non si aspettava tutto questo. Non indago, mi piace ascoltarla senza interferire. Le dico solo di prepararsi che domenica forse sarà ancora più dura, quando andremo al museo dell’Apartheid.</div><div style="text-align: justify;">Mi dice di essere pronta. </div><div style="text-align: justify;">Aggiunge che le piace vedere che questo è un popolo che ha reagito, dopo aver vissuto quello che ha vissuto. Dice di avvertire che qui la rivoluzione è servita ad ottenre i propri diritti e che anche lei viene da un paese difficile e che anche il suo popolo si batte a modo suo e solo che...“solo che noi un Mandela non ce l’abbiamo avuto".</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> [...to be continued]</span><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Il 23 maggio del 1992 Giovanni Falcone veniva ucciso dalla mafia. Lo considerò un piccolo Mandela.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">E qui, un po' di storia su questo Inno <a href="https://journals.openedition.org/etudesafricaines/4631?lang=en" target="_blank"><span style="text-align: start;">Nkosi Sikelel' iAfrika</span><span style="text-align: start;"> </span></a></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">-------------------</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><div><span style="color: #38761d;">'How I feel' hasn't been said in a while.</span></div><div><span style="color: #38761d;">So many things, but today there is something that I would like to share, before too much time passes and I miss images and thoughts, which come in, pass through me and then take a shape that has a bit of my stamp on it.</span></div><div><span style="color: #38761d;"><br /></span></div><div><span style="color: #38761d;">At the end of April I went to Johannesburg to attend a conference. With me came Jenny, a girl from Kinshasa who has been part of the project staff for two years, and there we met up with colleagues from the other Congo and Madagascar to present our work at the first congress of the African Social Marketing Association.</span></div><div><span style="color: #38761d;"><br /></span></div><div><span style="color: #38761d; font-family: courier; font-size: medium;"><b>Night of 27 April 2023, Johannesburg</b></span></div><div><span style="color: #38761d;">I study and try to figure out my bearings. It seems that none of my colleagues will feel like leaving the hotel early tomorrow. But I do, I'm coming out of a complicated time in Congo and we've had four days of congress here and I haven't seen anything of this city yet. I put in 'favorites'' a lot of places found on google, knowing that I will get lost due to the nullity of my sense of direction.</span></div><div><span style="color: #38761d;">However, the destination is SOWETO, the neighborhood where Nelson Mandela lived before his imprisonment, and it is a destination I have been looking forward to for years.</span></div><div><span style="color: #38761d;"><br /></span></div><div><span style="color: #38761d; font-family: courier; font-size: medium;"><b>28 April 2023, Johannesburg</b></span></div><div><span style="color: #38761d;">It has happened: when you are where you wanted to be.</span></div><div><span style="color: #38761d;">Now, in my room in Johannesburg, on the sixth floor of a fairly anonymous hotel not far from the University of Wits that hosted us for the Congress and with <i><a href="https://youtu.be/5h01eu7XxNg" target="_blank">Nkosi Sikelel' iAfrika</a></i> ('God bless Africa', the South African national anthem) on loop.</span></div><div><span style="color: #38761d;">I've been trying to piece together this day since yesterday, when between mobile phone and paper guides, bought in the small bookshops that occupy this city, I tried to construct my itinerary.</span></div><div><span style="color: #38761d;"><br /></span></div><div><span style="color: #38761d;">Taxi-uber. In the end, I didn't set off alone this morning. Jenny is with me. From where we are to Soweto is a 30-minute drive. The roads in Johannesburg are big and wide, nothing to envy the highways of the West. As we progress, the landscape becomes emptier and emptier, fewer malls, fewer car shops and big brands. The houses are more modest. 'It's a long way to Soweto, Daniela, <i>regardes comment ça a changé l'ambiance</i>,' Jenny tells me with her nose stuck to the window. There is big writing on the walls that I don't understand, maybe it's Zulu, maybe Xhosa or the other many languages of this place. Jenny points out to me that here in Johannesburg there are more people smoking in the streets than in Congo. This is true. Jenny with her remarks distracts me from that constant need to find something recognisable in my experience. It always happens to me when I arrive in a new place, almost as if to find a shore to cling to in order not to feel lost. Meanwhile outside you start to see clusters of houses, they are all at the same height, scattered in uncultivated, dry fields. Quite a few people populate this place, some get on buses and some walk, the big cars disappear and more modest cars appear. Everything is more modest here, Soweto gives that impression.</span></div><div><span style="color: #38761d;"><br /></span></div><div style="text-align: center;"><span style="color: #38761d;"><b>SO</b>: South <b>WE</b>: West <b>TO</b>: Township</span></div><div><span style="color: #38761d;"><br /></span></div><div><span style="color: #38761d;">That is what this acronym means. The museum guide Hector Pieterson explains it to us, which is the name of the student who was the first to be killed, during the Soweto school students' demonstration. They wanted the abolition of the Afrikaans language in education, in favour of local ones. Hector was the first of hundreds to die, says the guide, leading us into the first 'room' of the museum, which is then an indoor garden full of plaques on the ground, with names and the date 16 June 1976; on some, however, it says unknown and indicates the bodies that the apartheid government never returned to their families.</span></div><div><span style="color: #38761d;">No photos can be taken in the museum. There are plenty, however. You can hear the voices narrating the videos, overlapping with that of our guide. He is a young boy who shows pride in talking about his people, quotes his grandfather, when at one point he interrupts to ask Jenny, "Are you OK, my sister?" </span></div><div><span style="color: #38761d;">He tells us that in order to get out of Soweto and into the city, non-whites had to have two passes, one called the 'Dom-pass' (domestic pass - also known as the 'idiot pass') which allowed you to get out, and another called 'the special pass' which gave you the length of time you could get out. The guide tells us that one of the reasons for going out was to go for a family photo - for a certain period having a camera was forbidden. In the video in front of us, there are family photos: there are brothers dressed up with thin moustaches, families with children lined up from the tallest to the shortest, or shirtless men with tense muscles. If you were caught outside the leave period, you got three months to six years in prison. </span></div><div><span style="color: #38761d;">For Jenny it is the first time for anything here, including hearing the tale of this cruel humanity, and so she breaks down for a moment. Yet, I tell myself, she is from the Democratic Republic of Congo, a place that has not seen peace for 60 years. Later she tells me it is different.</span></div><div><span style="color: #38761d;"><br /></span></div><div><span style="color: #38761d;">The visit lasts an hour. On display are the weapons that killed the students, the photos taken that were hidden for fear of censorship or destruction, and the placards used by the boys in the protest. One reads "Who is next?" Referring to Hector, who died first.</span></div><div><span style="color: #38761d;">What strikes me and Jenny are the smiles and raised arms of the boys in the photos.</span></div><div><span style="color: #38761d;"><br /></span></div><div><span style="color: #38761d;">But is it the peaceful rebellion that pushes the cruelty of those who take the right to kill even further?</span></div><div><span style="color: #38761d;"><br /></span></div><div><span style="color: #38761d;">The road from the Hector Museum to Mandela's house need not be a long one, according to the guide. All straight ahead, then turn left at the traffic lights and pass in front of two schools, the first is the one where Hector was killed, then continue ahead and then on the left is Mandela's house and further on Desmond Tutu's house. A smile escapes us when we realise that he and Mandela, two Nobel Peace Prize winners, lived on the same street. We know it is a liberating laugh after what we have seen. </span></div><div><span style="color: #38761d;">We get lost in the neighbourhood. I discover that Jenny is worse at orientation than I am. We walk up a street with the houses all made of red brick. It's all very simple and everyday. </span></div><div><span style="color: #38761d;">A woman who is hanging out the laundry tells us that we are in the wrong direction, that to go to Mandela's house we have to go back. So we go by other routes. It is a dry heat, the sky is blue, there are two workers drinking a beer sitting on the pavement, children coming out of school in blue uniforms, white minibuses dropping off women with long skirts and shopping bags, as well as a street vendor who has colourful hats with Soweto written on them. They all say good morning discreetly. I get the feeling that the place has not changed much since Mandela's time.</span></div><div><span style="color: #38761d;"><br /></span></div><div><span style="color: #38761d;">Mandela's house is full of stuff, his stuff, what's left of Winnie, of his children, documents, certificates, photos, diaries, posters, awards, shoes, banknotes from various countries with dedications from those who supported him in his imprisonment. Jenny also finds the one from the Democratic Republic of Congo 'The one from Congo Brazzaville is not there!' she writes to our colleagues in a whatsapp message. In a display case are the letters Mandela wrote from prison, he could write two a year, as well as the visits, two of half an hour each. One hour a year for 27 years. </span></div><div><span style="color: #38761d;">Everything is arranged without too much criterion. A photo of him covering the shower wall, as an example. In the small garden there is the melaleuca tree, at the roots of which the umbilical cords of the three children have been buried. In the cases, there are shoes. On the walls, there are the marks of gunshots. On the floor, there is the sign of the now-dismantled wall, built for protection. </span></div><div><span style="color: #38761d;">We enter his bedroom, but the bed is his son's, his was burnt during a fire. And then there are the many photos of him as a young man up to the time of his imprisonment. The last one is of him with his dog.</span></div><div><span style="color: #38761d;"><br /></span></div><div><span style="color: #38761d;">A visit to the house is less impactful than the Hector Pieterson Museum. There is more life than death here, although it is not the museum I expected: so many objects and so much information all at once, perhaps too much compared to the idea of a Man who in my imagination lived with little. But the aim is evidently to share all that remains. </span></div><div><span style="color: #38761d;">There is a lot of coming and going of tourists, photos are allowed and people are not limited to selfies. Jenny tells me several times that she is happy to step on the ground where Mandela walked and I feel the same. I imagine him in the small garden reading those books that made him one of the best people in the world, or arguing with Winnie, who could not handle the power of her husband's choice of forgiveness and parted with him to throw herself into the arms of <a href="https://www.sahistory.org.za/people/samora-machel" target="_blank">Samora Michel</a>, another important man.</span></div><div><span style="color: #38761d;">Around the corner from Mandela's house, here is the only touristy part of the neighbourhood: colourful necklaces, clothes and baskets. The towers of Soweto can be seen from a distance, a few bars overflowing with tourists, murals and people looking for ways to make some money with those who have come from afar.</span></div><div><span style="color: #38761d;">We grab something.</span></div><div><span style="color: #38761d;"><br /></span></div><div><span style="color: #38761d;">In the evening Jenny says she is happy with the day, even if she is upset and that she did not expect all this. I don't investigate, I like to listen to her without interfering. I just tell her to get ready that Sunday may be even harder when we go to the Apartheid museum.</span></div><div><span style="color: #38761d;">She tells me she is ready. </span></div><div><span style="color: #38761d;">She adds that she likes to see that this is a people who have reacted, having experienced what they have experienced. She says that she feels that the revolution here was about getting her rights and that she too comes from a difficult country and that her people also fight back in their own way... 'only we didn't have a Mandela'.</span></div><div><span style="color: #38761d;"><br /></span></div><div><span style="color: #38761d;"> [...to be continued]</span></div><div><span style="color: #38761d;"><br /></span></div><div><span style="color: #38761d;"><br /></span></div><div><span style="color: #38761d;"><br /></span></div><div><span style="color: #38761d;"><br /></span></div><div><span style="color: #38761d;"><br /></span></div><div><span style="color: #38761d;">On 23 May 1992 Giovanni Falcone was killed by the Mafia. I consider him a little Mandela.</span></div><div><span style="color: #38761d;"><br /></span></div><div><span style="color: #38761d;">And here, a little history on this <a href="https://journals.openedition.org/etudesafricaines/4631?lang=en" target="_blank">Nkosi Sikelel' iAfrika</a> anthem </span></div><div><span style="color: #38761d;"><br /></span></div></div><div style="text-align: justify;"><br /></div>tsaramasohttp://www.blogger.com/profile/11119278458790218095noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-2883614440438564333.post-26003113724061755102023-04-18T12:10:00.002+02:002023-05-24T00:10:12.277+02:00Personaggi - Tu comprends un peu?<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="color: #0b5394; font-size: x-small;"> ENGLISH BELOW</span></div><div><br /></div><div><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi5G5xWm1W8cewJddjAGghVofo8pOlidtYZ3RUSXwhQThENN_DwNNPHgmsioWPMPyKp_jzTWYXWDyt3lua6sty-wyIp-AAuJkdAEWV7VaL3junjhGXAy5ns6chAstrPbURmo8cvcSM6nU_J0IHQOCfNq7X2KfkVrMU2zAU2HQPcsLcmVDkUOJOH2oz5/s1984/IMG_20230416_124457_722.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="1984" data-original-width="1488" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi5G5xWm1W8cewJddjAGghVofo8pOlidtYZ3RUSXwhQThENN_DwNNPHgmsioWPMPyKp_jzTWYXWDyt3lua6sty-wyIp-AAuJkdAEWV7VaL3junjhGXAy5ns6chAstrPbURmo8cvcSM6nU_J0IHQOCfNq7X2KfkVrMU2zAU2HQPcsLcmVDkUOJOH2oz5/w300-h400/IMG_20230416_124457_722.jpg" width="300" /></a>Lei è Grace, sta a Ouesso, ma non è di Ouesso.</div><div style="text-align: justify;">Lavorava a <i>La</i> <i>virgule </i>quando l’ho incontrata la prima volta. <i>La</i> <i>virgule </i>è il bar che sta sulla stessa strada di Marius che fa lo shawarma, della <i>Maman </i>da cui compro la verdura, dei due macellai da cui mi rifornisco, uno per il montone e uno per il manzo e del <i><a href="https://fr.vikidia.org/wiki/Malewa" target="_blank">malewa </a></i>dei maliani che fanno il riso alla senegalese. E' anche la strada della piazza col grande albero di <i>safou </i>dove la domenica si va a bere e dei camerunensi che vendono gli articoli per l'ufficio, gli ivoriani che fanno i sarti e uno dei tre Salem (i supermercati dei mauritani). </div><div style="text-align: justify;"><i>La virgule</i> ha sempre la musica a tutto volume, impossibile scambiare due parole se ti fermi a prendere una birra. La prima volta che ho visto Grace è stato proprio lì, una sera in cui aspettavamo il riso senegalese. Al malewa fanno anche da asporto, ti porti i contenitori e te ne torni a casa col cibo da condividere in veranda con amici e hai fatto un sabato sera simpatico. Quel giorno con me c’erano il mio amico belga e un tedesco, di passaggio da Ouesso. Il tedesco un po' <i>punkabbestia </i>tutto coperto di tatuaggi colpisce molto Grace. Consumiamo una birra, il tedesco due. Grace passa il tempo con noi e mi chiede di pagargliene una. Funziona così qui, paghi la birra a chi lavora nei posti in cui sei andato a bere. Quando il riso è pronto, ci salutiamo "A la prochaine, Vanessa”. E’ così che Grace mi chiamerà da quel momento in poi, tutte le volte che mi vedrà passare davanti a <i>La</i> <i>virgule</i>.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La rivedrò un'altra volta in quel bar, quando con un collega beninese in missione a Ouesso decidiamo di chiudere la serata con una birra, dopo una cena a parlare di stregoneria e <i>voodoos</i>. Grace ci accoglie calorosamente, “Vanessa, comment vas-tu?” Neanche questa volta la correggo, non riuscirebbe comunque a sentire la risposta, visto il volume altissimo della musica. Troviamo un tavolo un po' lontano dalla cassa. Grace non smette di parlare, è contenta di avere due persone nuove al bar, invece dei soliti clienti fastidiosi, dice. Le offro una birra. Mi dice che vuole lasciare quel bar, aprirsene uno tutto suo e perché no? Lasciare anche il Congo. Mi chiede se può seguirmi in Italia, magari potrebbe restare dai miei o dal mio compagno. Non fa niente se io resto in Congo, lei se la caverebbe con loro. La osservo interagire col mio collega. Lui le dice di essere camerunese, lei gli risponde che non è possibile con quell'inconfondibile accento beninese. Non so se è perché abbiamo bevuto o se è la musica alta, ma mi sembra un dialogo surreale. Grace quando parla interrompe di colpo la frase per dire “Tu comprends un peu?” ...come a cercare conferme, poi in realtà non ascolta la risposta e continua il suo discorso. Lo fa innumerevoli volte, tanto che mi ci appassiono.</div><div style="text-align: justify;">Verso l’una, quando ormai al bar ci siamo solo noi, decidiamo di rientrare.</div><div style="text-align: justify;">“Au revoir, les amis. Eh, Vanessa! Ne m’oublie pas ! » E come potrei dimenticarla?</div><div style="text-align: justify;">Girato l’angolo, mi volto verso il collega e gli dico “Tu comprends un peu?” e scoppiamo in una risata sincrona. Diventa il <i>refrain</i> della serata.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Per un po' di mesi Grace non l’ho più vista a <i>La virgule</i>. Quando una volta chiesi di lei mi dissero che era a Brazzville per un problema di famiglia. La chiamai e mi disse che sarebbe tornata presto. Tra presto e tardi in Congo non c’è differenza. Lo spazio e il tempo sono solo proiezioni. Se ti dicono “Je suis en route, j’arrive" o anche "Sono a zero metri" vuol dire che sono appena partiti, non importa da dove, tanto c'è tempo...e inoltre qui se ti danno appuntamento alle 10, fino alle 10:59 sei in orario.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Così passano i mesi e un giorno Grace mi telefona. Mi dice che è a Ouesso e che non lavora più a <i>La</i> <i>virgule, </i>ma accanto a Ocean du Nord, la stazione dei bus. Le dico che andrò a trovarla. Non so come la prenderà, ma approfitto anche per dirle che il mio nome in realtà è Daniela. “Ah, ok, c’est bon. Pas de problème”. Ma come "non c'è problema"??</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Così domenica l’ho chiamata. Mi dice di aspettarla davanti a Ocean du Nord.</div><div style="text-align: justify;">Scende da una macchina col suo sorriso entusiasta. Ha cambiato parrucca, adesso è riccia. Mi dice che mi trova bene e che ho preso qualche chilo, dall'ultima volta. Le chiedo “Quanti?” mi dice “Il giusto per renderti più bella”.</div><div style="text-align: justify;"><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhU0CoY5DH94bDSCigbnmlnd0jLfdDF1SLfO8rhuqwU9OJg1psLS0qhRD1Qh0aZv0lIzOXWtH0T_6-Ea3ogFku95ScrCJGhr2N3ShiY8omTCztaFhFaBEy9sw_K0x5wZQwBEUekL1Rsc73RQ7OEDfKf7luIuvJRFX9102i73nRw8OR2VgAk6fKX6KOy/s1874/IMG_20230416_122125_71.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1874" data-original-width="1488" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhU0CoY5DH94bDSCigbnmlnd0jLfdDF1SLfO8rhuqwU9OJg1psLS0qhRD1Qh0aZv0lIzOXWtH0T_6-Ea3ogFku95ScrCJGhr2N3ShiY8omTCztaFhFaBEy9sw_K0x5wZQwBEUekL1Rsc73RQ7OEDfKf7luIuvJRFX9102i73nRw8OR2VgAk6fKX6KOy/s320/IMG_20230416_122125_71.jpg" width="254" /></a></div></div><div style="text-align: justify;">Grace mi mostra il suo nuovo bar. DG Willie, si chiama così. Si è messa in proprio, come avrebbe voluto. </div><div style="text-align: justify;">Ci sediamo e passiamo un’ora insieme. Stavolta è lei a offrire. Discute con qualche cliente che non vuole pagare poi è tutta mia. Il bar è una stanza di 30 metri quadri con un bancone, un frigo e le casse di birra impilate. I clienti di oggi sono quelli che bevono la birra della domenica mattina, per smaltire la sbornia che si trascinano dietro dal venerdì.</div><div style="text-align: justify;">Ci divertiamo a progettare cosa quel bar può diventare per occupare sia quei muri vuoti sia la gente che lo frequenta. Ipotizziamo foto, jam sessions e corsi vari.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><span lang="IT">Ci diamo così appuntamento a maggio - io partirò la prossima settimana per il Sud Africa - decidiamo per un ritrovo al bar con un corso di cucina italiana, tanto per cominciare. </span>“Il faut que je me prépare pour l'Italie, Danielle!»</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Beh, Danielle è già meglio di Vanessa. </div><div style="text-align: justify;">"Tu comprends un peu?"</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div><span><a name="more"></a></span><div style="text-align: justify;"><span style="color: #3d85c6;">-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #3d85c6;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #3d85c6;">This is Grace, she is from Ouesso, but she is not from Ouesso.</span></div></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #3d85c6;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #3d85c6;">She was working at <i>La</i> <i>virgule </i>when I first met her. <i>La virgule</i> is the bar that is on the same street as Marius who makes shawarma, the Madam from whom I buy vegetables, the two butchers from whom I get my supplies, one for mutton and one for beef, and the <a href="https://fr.vikidia.org/wiki/Malewa" target="_blank">malewa </a>of the Malians who make Senegalese-style rice. It is also the street of the square with the big <i>safou </i>tree where people go to drink on Sundays, and of the Cameroonians who sell office supplies, the Ivorians who are tailors and one of the three Salem (the supermarkets of the Mauritanians).</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #3d85c6;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #3d85c6;"><i>La virgule</i> always has music blaring, impossible to exchange a few words if you stop for a beer. The first time I saw Grace was right there, one evening when we were waiting for Senegalese rice. At the <i>malewa </i>they also do take-away, you bring your own containers and go home with food to share on the veranda with friends and you have had a nice Saturday night. With me that day were my Belgian friend and a German, temporarily in Ouesso. The somewhat punkish German all covered in tattoos impresses Grace a lot. We had one beer, the German two. Grace passed the time with us and asked me to pay her for one. That's how it works here, you pay for the beer at the places you go to drink. When the rice was ready we said goodbye “A la prochaine, Vanessa”. That's what Grace will call me from then on, every time she sees me walk past <i>la virgule.</i></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #3d85c6;"><br /></span></div> <div style="text-align: justify;"><span style="color: #3d85c6;">I saw her again one evening at the same bar, when with a Beninese colleague on a mission in Ouesso we decided to end the evening with a beer, after a dinner talking about witchcraft and voodoo. Grace greeted us warmly, "Vanessa, comment vas-tu?" I didn't correct her that time either, she would have not be able to hear the answer anyway, given the loud volume of the music. We found a table a little far from the cash desk. Grace didn't stop talking, she was happy to have two new people at the bar instead of the usual annoying customers, she said. I offered her a beer. She told me she wants to leave that bar, open her own and why not? Leave the Congo too. She asked if she could follow me to Italy, maybe stay with my parents or my partner. It doesn't matter if I stay in Congo, she will manage with them. I watched her interact with my colleague. He told her he was Cameroonian; she replied that it was not possible with that unmistakable Beninese accent. I didn't know if it was because we drank a lot or if it was the loud music, but it seemed like a surreal dialogue to me. I realize that when Grace spoke, she suddenly interrupted her sentence to say "Tu comprends un peu?" ...as if seeking confirmation, then she didn't actually listen to the answer and continued her speech. She did this countless times, so much so that I got hooked.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #3d85c6;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #3d85c6;">Around one o'clock, when by then there are only us at the bar, we decided to go back in.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #3d85c6;">"Au revoir, les amis. Eh, Vanessa! Ne m'oublie pas ! " And how could I?</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #3d85c6;">Turning the corner, I turned to my colleague and say "Tu comprends un peu?" and we burst into synchronous laughter. It became the refrain of the evening.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #3d85c6;"><br /></span></div> <div style="text-align: justify;"><span style="color: #3d85c6;">For a few months Grace was no longer seen at the virgule. When I once asked for her, I was told she was in Brazzville for a family matter. I called her and she told me she would be back soon. Between early and late in Congo there is no difference. Space and time are just projections. If they tell you "Je suis en route, j'arrive" or even "I'm at zero meter" it means they have just left, it doesn't matter where, there is time anyway...here if they give you an appointment at 10 o'clock, until 10:59 you are on time.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #3d85c6;"><br /></span></div> <div style="text-align: justify;"><span style="color: #3d85c6;">So, months pass and one day Grace phoned me. She told me that she was in Ouesso and that she no longer works at <i>La virgule</i>, but next to Ocean du Nord, the bus station. I told her I would have gone and see her. Additionally, I didn't know how she would have taken it, but I also took the opportunity to tell her that my name was Daniela. "Ah, ok, c'est bon. Pas de probléme". What?? Was is it my problem, at the end??</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #3d85c6;"><br /></span></div> <div style="text-align: justify;"><span style="color: #3d85c6;">So, this morning I called her. She told me to wait for her in front of Ocean du Nord.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #3d85c6;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #3d85c6;">She gets out of a car with her enthusiastic smile. She has changed her wig, it's curly now. She tells me that I look good and that I have gained a few kilos since last time. I ask her "How many?" she tells me "Just enough to make you more beautiful".</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #3d85c6;"><br /></span></div> <div style="text-align: justify;"><span style="color: #3d85c6;">Grace shows me her new bar. DG Willie, that's its name. She has set up on her own, as she would have wished. We sit down and spend an hour together. This time she is the one offering. She argues with a few customers who don't want to pay then she's all mine. The bar is a 30 square meter room with a counter, a fridge and stacked cases of beer. Today's customers are those who drink beer on Sunday mornings to work off the hangover they've been dragging around since Friday.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #3d85c6;"><br /></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #3d85c6;">We have fun planning what that bar can become to occupy both those empty walls and the people who frequent it. We hypothesize photo exhibition, jam sessions and various courses.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #3d85c6;"><br /></span></div> <div style="text-align: justify;"><span style="color: #3d85c6;">So, we make an appointment in May - I am leaving next week for South Africa - we decide on a get-together at the bar with an Italian cooking class to start with. "Il faut que je me prépare pour l'Italie, Danielle!"</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #3d85c6;"><br /></span></div> <div style="text-align: justify;"><span style="color: #3d85c6;">Well, Danielle is already better than Vanessa.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #3d85c6;">Tu comprends un peu?</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #3d85c6;"><br /></span></div><span><span style="color: #3d85c6;"><a name='more'></a></span></span><span><!--more--></span>tsaramasohttp://www.blogger.com/profile/11119278458790218095noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-2883614440438564333.post-12003552135359961232023-02-19T21:19:00.020+02:002023-02-20T09:27:12.787+02:00Come mi è andata a gennaio<div style="text-align: justify;">Orecchiette, puré di fave, carpaccio di baccalà (questo per la cronaca inventato dal padre ispirato dal mio racconto sul carpaccio di coccodrillo con pepe rosa mangiato in Botswana), foglie di ulivo in salsa di carciofi e arrosto al miele di castagno, entrambi fatti dal cugino chef. Il tutto con "qualche contorno" di rape pari-pari, cicorie cotte e crude, tortino di carciofi di patate e di ogni cosa che madre ritiene necessario alla goduria del palato (che poi lei guarda, mangiando riso in bianco e beandosi della nostra felicità). E per finire mozzarelle <i>and related issues</i> in ogni forma, dalla bufala alla vacca per sciacquarsi la bocca, sennò non vale.</div><div><div style="text-align: justify;"><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg9c5rJNwlpdbVLIIm6bpAiUcjMDbScTwBtqHJbCnp53J5IWZY6-L_LjMtm-gMwD9TFq0A6Yq8XQ9tZJ1x2VTqp3Z8i-yw26g8u-2wxDr6vptURxQeNjq_QgfOOgqajnL7L_lCYIlEBnTEboC0RadSIUki1uB_gg9GuYH8N1wfv0_cLSw7OEIiCTj2u/s2405/IMG_20221229_135500_246.jpg" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1743" data-original-width="2405" height="232" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg9c5rJNwlpdbVLIIm6bpAiUcjMDbScTwBtqHJbCnp53J5IWZY6-L_LjMtm-gMwD9TFq0A6Yq8XQ9tZJ1x2VTqp3Z8i-yw26g8u-2wxDr6vptURxQeNjq_QgfOOgqajnL7L_lCYIlEBnTEboC0RadSIUki1uB_gg9GuYH8N1wfv0_cLSw7OEIiCTj2u/s320/IMG_20221229_135500_246.jpg" width="320"></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">fave e cicora di madre</td></tr></tbody></table></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgaD2VAsxOpf40NhdVOeiZhRqc1ekSnQ2-LV5RjjxKJmBgBRZLzOupa6GIOIELUtA5o-c9YkIr-ZaZdZwfJVcHxruKSS9GfFAKz8cmfqOK0srvhPuYFJjICk0rPIsc1Qc25SuSeKthyFQ8SBSkPSycdhHMXXNHloimrg79OyA4EuQ7RFY4DztYy3Is8/s2400/inCollage_20230219_105645843.jpg" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="1920" data-original-width="2400" height="236" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgaD2VAsxOpf40NhdVOeiZhRqc1ekSnQ2-LV5RjjxKJmBgBRZLzOupa6GIOIELUtA5o-c9YkIr-ZaZdZwfJVcHxruKSS9GfFAKz8cmfqOK0srvhPuYFJjICk0rPIsc1Qc25SuSeKthyFQ8SBSkPSycdhHMXXNHloimrg79OyA4EuQ7RFY4DztYy3Is8/w295-h236/inCollage_20230219_105645843.jpg" width="295"></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Piazza Bonasoro tra spri(z)t e crep(e)s</td></tr></tbody></table><div style="text-align: justify;">E poi vini del sud e del nord e qualche aperitivo e serata con cocktail in nuovi bar trovati in piazza Bonasoro che fanno sprizt con la <i>z </i>prima della <i>t</i> e crepes con la <i>e</i> aggiunta per il rotto della cuffia, in compagnia di chi, nonostante gli anni che passano, è come se si riprendesse dalla risata dell’ultima volta, magari datata 2021. Poi finalmente la prima cena di classe, dopo 27 anni dalla maturità, dove la semplicità e il piacere di essere insieme l’hanno fatta da padrona. Deve essere l’età che avanza.</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br></div><div style="text-align: justify;"><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgaD-gOiK6J90QhXg0r-ljHAjsFvvjFTcryegXTgb115-Z_O2xf4s5cB8qbB8neL6sZ3pN2j-SytBCDfPhDium_CZs4uFL3mOpAORGadd8njq1ni0RXTgef1IDp7o1x2FaKZblj2ww-rgvQxkivyidtZhNd5EI-8J3mHySfMHx7TKkRVR7xHPGHWw94/s2265/IMG_20230102_081607_870.jpg" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1851" data-original-width="2265" height="218" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgaD-gOiK6J90QhXg0r-ljHAjsFvvjFTcryegXTgb115-Z_O2xf4s5cB8qbB8neL6sZ3pN2j-SytBCDfPhDium_CZs4uFL3mOpAORGadd8njq1ni0RXTgef1IDp7o1x2FaKZblj2ww-rgvQxkivyidtZhNd5EI-8J3mHySfMHx7TKkRVR7xHPGHWw94/w267-h218/IMG_20230102_081607_870.jpg" width="267"></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">A lezione di trucco da Lara</td></tr></tbody></table>E a proposito di <i>retrouvailles</i>, al rientro verso il nord, due soste importanti. La prima a San Marco Argentano, dove l’ultima volta era 10 anni fa, in piena crisi di coppia e Clé mi disse “lascialo perdere, peggio per lui”. Poi la crisi sanò e nel primo giorno di gennaio 2023 ci siamo ritrovati nel salotto di Clé e Ono, con tanto di rimproveri amorevoli “per tutto questo tempo senza vedersi” ma anche paccheri ai funghi, funghi fritti e rape e sazizza (perché Calabria è <i>delicatessen)</i>. A Cosenza, se vi capita, ci sono le opere d’arte da Dali a Modigliani esposte lungo il corso principale, solo che erano incelofanate per via del concerto di capodanno. Con Lara abbiamo ripercorso le strada di Cosenza vecchia con quei dieci anni di più sul groppone che hanno anche il peso di un’amicizia-oltre-ogni-cosa. La sua nuova casa classic-post-moderna presto avrà le mie foto in bianco e nero, così quando le vedrà potrà dire “pisciu lei, in giro per il mondo”.<br></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj40JwTxDoW9_NHNxlI6RJguy6t6QYO0I_NmKAnjprkC67inYEte-WtcZOFbKVT1EvYMO7mi9ZnEFeGPSFbtupL6lB3ehwJsbEQgiHPGJdgUzY9AZohiD0RongyVscQW5wh5JxuVbW-rCQYMGQUWISZGi1adU8TMXyGAQdshoiXop34vZLQBZjRy6E5/s3001/IMG_20230103_121534_879~2.jpg" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: left;"><img border="0" data-original-height="3001" data-original-width="2660" height="217" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj40JwTxDoW9_NHNxlI6RJguy6t6QYO0I_NmKAnjprkC67inYEte-WtcZOFbKVT1EvYMO7mi9ZnEFeGPSFbtupL6lB3ehwJsbEQgiHPGJdgUzY9AZohiD0RongyVscQW5wh5JxuVbW-rCQYMGQUWISZGi1adU8TMXyGAQdshoiXop34vZLQBZjRy6E5/w192-h217/IMG_20230103_121534_879~2.jpg" width="192"></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La sora Lella</td></tr></tbody></table>A Roma una toccata e fuga per il tempo di un brindisi di un capodanno ritardato con altri amici importanti e di una foto della Sora Lella disegnata sui muri di Trastevere.</div><div style="text-align: justify;">E questo è solo l'inizio dell’anno, tra Mesagne e Pisa, tra baci e abbracci e la voglia di fare le cose belle, come finire <i>After life season 3</i> mentre Mic fa il pisolino sul divano dietro di me e ti senti a posto tuo.<br></div><br>In acqua al “bagno di befana" edizione 2023 (la prima dopo il COVID) abbiamo riunito proprio tutti, anche chi sulla traiettoria Mesagne-Vicenza ha fatto uno stop a ovest per un tuffo invernale e il rituale della pasta e ceci di Mic e del dolce di Elle, che è alla quarta edizione di crème caramel da sogno.</div><div><br></div><div><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjtO0OIV5idys63WKp9lsh9-6UHHMguCO3UpEUaneIAWQAJzi6Gs0oAkOf6u-6r2RWaXaocbun7vECWHmE7gs1f-13psZNRkzzuxiTGp11zsCL4hiApOIhUXDJtCZhm2rxlm6flTesACshlXJYzI2oZEobFzf8x28JgQfgbWpua4cwUEw7UI0_k3CJA/s2400/inCollage_20230219_194921828.jpg" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1920" data-original-width="2400" height="237" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjtO0OIV5idys63WKp9lsh9-6UHHMguCO3UpEUaneIAWQAJzi6Gs0oAkOf6u-6r2RWaXaocbun7vECWHmE7gs1f-13psZNRkzzuxiTGp11zsCL4hiApOIhUXDJtCZhm2rxlm6flTesACshlXJYzI2oZEobFzf8x28JgQfgbWpua4cwUEw7UI0_k3CJA/w297-h237/inCollage_20230219_194921828.jpg" width="297"></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">"Bagno di befana": prima e dopo.<br></td></tr></tbody></table><span style="text-align: justify;"><br></span></div><div><span style="text-align: justify;">Sono andata al mio dojo due volte. Una delle due è venuto Dem, una persona speciale da 30 anni. Di passaggio da Pisa, con la sua proverbiale discrezione è entrato in palestra e anche nell'intimo di una parte della mia vita che non aveva mai ancora visto da vicino. Non so se si renderà mai conto di quanto sia stato importante per me esserci così.</span></div><div><div style="text-align: justify;"><br></div></div><div><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEghyK8vvQDTEMzAzqDq--8Fdfwc5mDkrNSpeS5Uoym3-8mOfvliGLVlE7qbK6FcIcfEQ_VMw-IEVFBd_gzLG_lSYU1eiyFKOfoMjBHc95id44Q7_WQkXzj2eA-nNcASgDUfVZr-B3Y3Lu08qvzDGtAwVQjiRlN6VspbQwOh4-Nkesc_rYr4JwIdhx68/s4608/IMG_20230112_214224_234.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="4608" data-original-width="3456" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEghyK8vvQDTEMzAzqDq--8Fdfwc5mDkrNSpeS5Uoym3-8mOfvliGLVlE7qbK6FcIcfEQ_VMw-IEVFBd_gzLG_lSYU1eiyFKOfoMjBHc95id44Q7_WQkXzj2eA-nNcASgDUfVZr-B3Y3Lu08qvzDGtAwVQjiRlN6VspbQwOh4-Nkesc_rYr4JwIdhx68/s320/IMG_20230112_214224_234.jpg" width="240"></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Aikido...</td></tr></tbody></table><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">E poi il volo, dopo la notte a Firenze dalla <i>sister</i>, che saluto sempre per penultima, prima di passare ai controlli dei bagagli e il « fai ammodo, Gamena » di Mic.</div><div style="text-align: justify;"><div style="text-align: justify;"><div style="text-align: left;"><div style="text-align: justify;">Sul Parigi-Brazzaville abbiamo rischiato di non partire. Una donna incitava a un "soyez rebelles!" il gruppo di congolesi presenti per reagire all’estradizione di un <i>compatriote africaine</i> .</div></div></div><div style="text-align: justify;"><br></div>Quando ho messo piede a Ouesso ho ritrovato la casa vuota. Bodyguard ha dato le dimissioni. È tornata sul campo, come le piace. Peccato, ci eravamo trovate nei due differenti concetti di ordine militare e mediterraneo. Così siamo di nuovo io e Ous, io nella grande casa e lui nell'annexe. </div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">A Ouesso siamo nella <i>courte saison sèche</i> che è il periodo più bello dell’anno, dura fino a marzo. Il cielo è blu, la Sangha si ritira e ci possiamo fermare sui banchi di sabbia e passare la giornata durante i nostri giri con la Piroga che <i>papa Modeste </i>ci tiene lungo il fiume.</div><div style="text-align: justify;">Stavolta eravamo in 10, per salutare Yorick che torna in occidente. Quei bei momenti che non si dimenticano. Yorick mi mancherà, lo so già. Per ora con me ho tutti i bei momenti condivisi e anche Nola, il cane che è tornato nella grande casa per un po' prima di andare a Bomassa.</div><div style="text-align: justify;"><br></div>Qui sotto c'è il video del rientro dalla gita in piroga. La canzone non l’ho messa io, giuro. È Ous che la adora. L’ha messa in loop durante tutta la gita.</div><br><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.blogger.com/video.g?token=AD6v5dzzcFQ4mQfPrivjev3hpAVn1v6tyb-w6KNbcyKyLb3cD8H_u5eDz9Qd5EYgU59F6jJc5Yu2nytWDdjQTF2ZFQ' class='b-hbp-video b-uploaded' frameborder='0'></iframe></div><br><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">Ci vediamo a Marzo!</div></div><div><br> </div>tsaramasohttp://www.blogger.com/profile/11119278458790218095noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-2883614440438564333.post-62844166328180511502023-01-31T10:50:00.001+02:002023-02-01T00:26:59.930+02:00Come mi è andata a novembre e dicembre<div class="separator" style="text-align: justify;">Volati. Come sempre stessa sensazione di pieno e di velocità. Novembre è iniziato col weekend di tutti i santi. L’ho fatto a Bomassa, la base del parco Nouabale Ndoki, dove ho trovato i diversi sottogruppi di amici e colleghi che abitano dispersi nelle varie sedi nel nord del Congo, che per arrivarci ci puoi mettere da 1 a 5 ore a piedi o 7 in piroga.</div><div style="text-align: justify;">Bomassa è l’ideale per pause brevi se vuoi un’immersione completa nella natura. Mi hanno dato di nuovo la grande tenda che sta sulla piattaforma, così l’elefante non ti ci entra dentro.</div><div style="text-align: justify;"><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEinOgCiN0gV8kQ7BHYQmFJNvPbqGQ4cgw5hKQXrF33wKllQO4-aB-IeM2DWUO9Ayh6CLtoCePoFN0jTLPqif8RTbq8QvM5OvXfR3bZQ4vPk9eKmirK5v9XsCdLi_QXF-Z4KqpO0aDmZIIJmu9413BXoJRdvOTC2yp6ro5j3Eqg9Pr8-MLB7Qw_Tn7Ej/s2141/GOPR0276-2.jpg" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1605" data-original-width="2141" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEinOgCiN0gV8kQ7BHYQmFJNvPbqGQ4cgw5hKQXrF33wKllQO4-aB-IeM2DWUO9Ayh6CLtoCePoFN0jTLPqif8RTbq8QvM5OvXfR3bZQ4vPk9eKmirK5v9XsCdLi_QXF-Z4KqpO0aDmZIIJmu9413BXoJRdvOTC2yp6ro5j3Eqg9Pr8-MLB7Qw_Tn7Ej/s320/GOPR0276-2.jpg" width="320"></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Bomassa: piante per Song!</td></tr></tbody></table><br>Accanto alla mia tenda c’è quella in cui ci sta Song. Song è finlandese quindi bionda e zigomi alti - <i>ça va sans dire</i> - parla 7 lingue, mia coetanea (finalmente!) sempre scalza se può, le piace il gin and tonic. Song si occupa di turismo. Si fa le tabelle per tutto, così sulla carta sa quello che deve succedere se qualcuno prenota un giro turistico, nella pratica invece si confronta con altri imprevisti. Song prima di qui era a Gibouti e ancora prima è passata dalla sicilia e da livorno e questo si vede nella sua reazione immediata all'ironia di noi expat mediterranei di qui.</div><div style="text-align: justify;">Con Song un giorno siamo uscite con la cariola e il macete a prendere un po’ di sottobosco per creare un piccolo giardino davanti alla sua tenda, in piena foresta equatoriale. A dicembre ho fatto il check ed era quasi tutto morto, tranne l’aloe.</div><div style="text-align: justify;">Poi una sera al parco hanno proiettato «Gorilla nella nebbia » e io e Vitto ci siamo chieste perché. La Weaver doppiata in francese poi non si poteva sentire. Ma ogni primatologo ha amato quel film in qualche modo<span style="text-align: left;">, quindi ok.</span></div><br><div style="text-align: justify;">A novembre ho giocato con gli allevatori dei villaggi del progetto. E’ un gioco di carte che serve a imparare le regole di base per fare un buon allevamento. </div><div><div style="text-align: justify;"><div style="text-align: left;"><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhAmM7qoyeoAjrw9_8BTk3Yu5tR8Si3eKflaU7MSsCO2PHYjV8Voj4Z0RANjSiA7meU-y-TYCgVxOxQwrAH1z6LzgXA8sP9_4-A06vhk8AJPRnxdSQO6ZYHTvxK-wz8TxDMekZJfpOam0Rd45HsQbldeS7f2TiZPojFo4yDK9Vgj3KiweTYZzMAxCvp/s6000/DSC_0468.JPG" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="6000" data-original-width="4000" height="342" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhAmM7qoyeoAjrw9_8BTk3Yu5tR8Si3eKflaU7MSsCO2PHYjV8Voj4Z0RANjSiA7meU-y-TYCgVxOxQwrAH1z6LzgXA8sP9_4-A06vhk8AJPRnxdSQO6ZYHTvxK-wz8TxDMekZJfpOam0Rd45HsQbldeS7f2TiZPojFo4yDK9Vgj3KiweTYZzMAxCvp/w228-h342/DSC_0468.JPG" width="228"></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Gioco con gli allevatori di Leme</td></tr></tbody></table><div style="text-align: justify;">Il gioco consiste nel far aumentare la dotazione di capre e pecore di partenza. Si pesca una carta e può arrivare il cane randagio che ammazza tutto, il ladro del villaggio che ti ruba tre pecore, la malattia che si propaga. Così bisogna investire in costruzione di stalle, parchi di quarantene, vaccini, mangimi...Io all’inizio nella squadra ero “Madame la Coordinatrice”, poi alla fine della partita, Daniela-e-pacca-sulle-spalle; a dimostrazione che il gioco facilità le relazioni sociali oltre che imparare facendoti scompisciare. A Leme ha vinto una donna, che all'inizio non voleva neanche giocare e invece poi saltava di gioia.</div></div><div style="text-align: left;"><br></div></div><div style="text-align: justify;">A Ouesso Bodyguard ha reso la casa un grande spazio funzionale e accogliente. Il fornetto è finito in cucina dal soggiorno, lo studio orientato verso la finestra, le tovagliette per mangiare coprono e abbelliscono i vari mobili, in giardino la raccolta del compost – tana di topi - è diventata un grande vaso per gli avocado che hanno attecchito.</div><br><div style="text-align: justify;">Io ho contribuito all’abbellimento della casa con un grande quadro fatto da Alain, il mio amico pittore, che raffigura un grande elefante rosso su sfondo verde e giallo, che poi sono i colori della bandiera del Congo e del panafricanismo. Alain ve lo avevo raccontato <a href="http://cameraesud.blogspot.com/2021/10/immaginare-pas-de-soucis.html" target="_blank">qui </a>un anno fa circa.</div><br><div style="text-align: justify;">Gli ospiti di questi mesi sono stati Sam, Boo e il mio amico Ivan.</div><div style="text-align: justify;">Con Boo e Sam non ci eravamo mai viste, se non su zoom e quando sono scese dalla macchina ho dato loro una taglia.</div><div style="text-align: justify;">Boo sa tutto di zoologia, tutto. Noi infatti diciamo che «Boogoliamo » quando abbiamo qualche dubbio. In pochi minuti la risposta arriva con tanto di articolo scientifico a supporto. <br></div><div style="text-align: justify;">Sam invece è la maga della statistica. A loro ho preparato il pollo Sasso, quello del progetto, uno di quei pulcini che arrivarono 4 mesi fa dal Rwanda, insomma... Me lo ha venduto Mme Pierrette, che quando lo ha sacrificato, poi ha dovuto consolare la sorella che se n’era affezionata.</div><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgvHcE_RAI-mdc_AFDNHoRad4q9QBNUMuJbQvm2CDjM8RL2lMslF9ghGTtFBRIiW_84Jn0lghhQsqkSPIBv_XHT2iaiHpnTjAeTj3aOBuuR4MzIbSu_50pdigqBELpyYwJCKJ-bUfwJW1XsSAl9KdHrlJMVFDsjgNzfRiYzBksEPlg3yKExaz-cgGas/s6000/11_2022_Boo&Sam02.JPG" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="4000" data-original-width="6000" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgvHcE_RAI-mdc_AFDNHoRad4q9QBNUMuJbQvm2CDjM8RL2lMslF9ghGTtFBRIiW_84Jn0lghhQsqkSPIBv_XHT2iaiHpnTjAeTj3aOBuuR4MzIbSu_50pdigqBELpyYwJCKJ-bUfwJW1XsSAl9KdHrlJMVFDsjgNzfRiYzBksEPlg3yKExaz-cgGas/s320/11_2022_Boo&Sam02.JPG" width="320"></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Sam&Boo</td></tr></tbody></table><br><div style="text-align: justify;">Con Bodyguard va bene. Siamo molto diverse, ma complementari. Lei organizza dentro casa, io fuori. Un giorno l’ho portata in giro per Ouesso. L’ho introdotta alle persone chiave: Regine, Rudolf, gli amici del ristorante senegalese, Marius dello shawarma e qualcuno del judo. Siamo state anche due volte al Rubis a ballare e ci siamo scatenate. Non so se continuare a chiamarla Bodyguard o James Bond.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgobtwgnHh9Je_VjoHsg010Uw6qqCdftots0xObOADkXchMuFQg5mupgGgjQPrku0b6fppOjAI8MA143LyvyXimqMZ79jt6nvPv7lOKu18A_hQOwLeuaPjHAaXUALTp7gXwIWJzm4dZbqzbW8WL8XH_qc4pKfu1LXoXfGcoIfmvEJHYPsh9d2PduKwA/s1125/IMG_20221126_142137_385~2_1.jpg" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="797" data-original-width="1125" height="253" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgobtwgnHh9Je_VjoHsg010Uw6qqCdftots0xObOADkXchMuFQg5mupgGgjQPrku0b6fppOjAI8MA143LyvyXimqMZ79jt6nvPv7lOKu18A_hQOwLeuaPjHAaXUALTp7gXwIWJzm4dZbqzbW8WL8XH_qc4pKfu1LXoXfGcoIfmvEJHYPsh9d2PduKwA/w356-h253/IMG_20221126_142137_385~2_1.jpg" width="356"></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Direzione per Kazungula</td></tr></tbody></table><br></div><div style="text-align: justify;">Tra novembre e dicembre ho preso 10 voli, 7 dei quali per una riunione tecnica in Botswana. Ero a Kasane, dove Mic aveva vissuto 30 anni prima. Il mio albergo era a 5 minuti da casa sua. Pazzesco. Dal Botswana si vedeva la Namibia, come dal Congo vedo il Camerun e anche lì c’era un fiume nel mezzo. Ultimamente sono sempre ai confini. Che significa?</div><div style="text-align: justify;">Eravamo una 50ina e anche in questa occasione ho dato una taglia alle persone con cui lavoro a distanza da più di un anno. La sera facevo spesso gruppo coi 4 italiani presenti, così per riposare un po' il cervello dalle barriere linguistiche e ridere a crepapelle davanti al cartello della città di Kazungula, mentre tutti ci chiedevano perché. <div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><br></div></div>Poi a dicembre è venuto Ivan a trovarmi. L’ho portato in giro tra luoghi del progetto e luoghi turistici, che poi in parte coincidono.</div><div><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg7SXfLF9Y_YMvltUTGJFwZHS977N9jaWaLHsAc-Hl2QrwYQtq0xsx31ixLcEE0Y-2q-o1N05dOAOepEZvX1AzTo9Xmg47oUeiUV9EQa4b4bezsquBJ13Xfor1w1W04B7flb1ip_XbeUqfeVreYtkuHcVzRp7fEdUNdDxWyOzf-PdfAHv-QoOUJV_Zp/s2508/DSC_0892.JPG" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1672" data-original-width="2508" height="223" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg7SXfLF9Y_YMvltUTGJFwZHS977N9jaWaLHsAc-Hl2QrwYQtq0xsx31ixLcEE0Y-2q-o1N05dOAOepEZvX1AzTo9Xmg47oUeiUV9EQa4b4bezsquBJ13Xfor1w1W04B7flb1ip_XbeUqfeVreYtkuHcVzRp7fEdUNdDxWyOzf-PdfAHv-QoOUJV_Zp/w334-h223/DSC_0892.JPG" width="334"></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">A Mondika!<br></td></tr></tbody></table><span style="text-align: justify;"><div style="text-align: justify;">Siamo stati a Mbeli e Mondika, due siti per vedere elefanti e gorilla. Abbiamo guadato il fiume per 40 minuti all'andata e 40 al ritorno e navigato in piroga in 6 con i bagagli. Poi a Ouesso, io lavoravo e Ivan girava per le strade a guardare, parlare, osservare, cercare e soprattutto scoprire. Ad Alain ha commissionato circa 4 quadri e a Kabo gli autoctoni gli hanno fatto lo sgabello che gli abbiamo regalato per il compleanno.</div></span></div><div><div style="text-align: justify;">Il giorno della sua festa era anche la finale della partita dei mondiali, dove i congolesi alla fine hanno tifato Francia perché nel team sono tutti “nos frères”.</div> <br><div style="text-align: justify;">Il 23 dicembre ero in aeroporto a Brindisi per chiudere l’anno in Italia "ed è subito pettola e baccalà" per la vigilia, come la tradizione pugliese vuole. Ho fritto io con applausi del padre, che evidentemente non aveva mai testato le mie abilità di friggitrice umana. L’accesso alla cucina di famiglia d'altronde è interdetto da personale più esperto, cioè la madre e prima ancora lo era dalla madre della madre.</div></div><div style="text-align: justify;"><br></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhh08PAEkgVCyZ8qXp6y76j9_h4Dd8vMTz4BiGuBaZ6bzrVAK5ESN-dmAU6GuuM1ykdkUi3MN6XvQ3hjszAVuo_FkElUoySVdAFKusJqVhjqz8CACTXziAlYGLOvEhOyWIZp2yiR88u253kk0bXBLr8b67eSTD1vZKsRcfktAX1cPqjs2YI_Dh3TEfv/s1280/IMG_20221231_153131_702.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="721" data-original-width="1280" height="359" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhh08PAEkgVCyZ8qXp6y76j9_h4Dd8vMTz4BiGuBaZ6bzrVAK5ESN-dmAU6GuuM1ykdkUi3MN6XvQ3hjszAVuo_FkElUoySVdAFKusJqVhjqz8CACTXziAlYGLOvEhOyWIZp2yiR88u253kk0bXBLr8b67eSTD1vZKsRcfktAX1cPqjs2YI_Dh3TEfv/w640-h359/IMG_20221231_153131_702.jpg" width="640"></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Anteprima di "come mi è andata a gennaio ". Prima foto del 2023 😉</td></tr></tbody></table><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><br> </div>tsaramasohttp://www.blogger.com/profile/11119278458790218095noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2883614440438564333.post-8428998517198295452023-01-23T15:26:00.003+02:002023-02-20T00:58:45.930+02:00A Gamboma<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><img border="0" src="https://lh3.googleusercontent.com/-aTwm-DkQ0As/Y8xhgOEMEfI/AAAAAAAAD8s/jgvV9xt9FEYlixcuNwSCcupyV53DWc2wwCNcBGAsYHQ/s1600/1674338541633788-0.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;" width="400"></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Malombo à Gamboma</td></tr></tbody></table><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://lh3.googleusercontent.com/-aTwm-DkQ0As/Y8xhgOEMEfI/AAAAAAAAD8s/jgvV9xt9FEYlixcuNwSCcupyV53DWc2wwCNcBGAsYHQ/s1600/1674338541633788-0.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;">
</a>
</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">A Gamboma mi hanno invitato ad assaggiare un nuovo frutto.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Gamboma è anche chiamata Game city, "è più alla moda 😎 ", mi dice Ruben. All'ingresso della città c'è un monumento che rappresenta una coppia di persone che si tengono per mano, ma nessuno sa dirmi chi siano.</div><div style="text-align: justify;">Gamboma è tra Brazzaville e Ouesso e di solito approfitto per fare la spesa al mercato. Come sempre vengo sorpresa da un gruppo di donne e bambini che vogliono vendermi patate dolci, avocado, ananas... Me ne libero il più gentilmente possibile. Sono felice di vedere che è la stagione dei <i><a href="https://fr.wikipedia.org/wiki/Safou" target="_blank">safou</a></i>, del frutto della passione e degli asparagi selvatici e infatti li compro. Con dietro questa fila di persone che vogliono vendermi di nuovo quello che ho già comprato, arrivo dalla donna che invece vende noci di cocco. Ha un vestito con dei colori che mi catturano ed è per questo che decido di comprare da lei.</div><div style="text-align: justify;">Mentre ero in piena contrattazione del prezzo, sento qualcuno che mi tocca le spalle con insistenza. Mi volto. È un uomo che fissa il vuoto, mi sta chiaramente chiedendo dei soldi. Questo è il momento difficile in cui il cervello e il cuore si prendono a botte. Di solito non si danno i soldi per strada, un'abitudine che noi bianchi abbiamo tuttavia creato, ma è qualcuno che guarda il vuoto, non ha nulla da vendermi, né è in grado di sentire ciò che dico. Si allontana e raggiunge la nostra macchina, per fare la stessa cosa ai due colleghi con cui viaggio.</div><div style="text-align: justify;">La donna mi offre di comprare questo frutto con la buccia gialla. Vuole che lo assaggi. Lo apre e ne esce un cuore rosso intenso, con piccole venature. "Sembra un piccolo cervello" le dico. La donna non capisce e non reagisce. Ripeto la storia del cervello, ma niente. Mi arrendo e ora invece penso a una vagina. Continuo a esitare ad assaggiarlo, con tutte queste immagini di parti del corpo umano che mi vengono in mente! Per convincermi mi dice che è buono. </div><div style="text-align: justify;">Le prendo la mano e mangio il frutto morbido. E' asperrimo come un limone. Faccio un'espressione con il viso che fa ridere tutti. Così a Gamboma troviamo il nostro breve momento di felicità.</div><div style="text-align: justify;">Quando chiedo come si chiama il frutto, la <i>maman</i> con il bel vestito colorato mi dice "si chiama frutto selvatico, <i>maman</i>".</div><div style="text-align: justify;">E ora è il mio turno di ridere a crepapelle. Loro di conseguenza.</div><div style="text-align: justify;">Pago e me ne vado.</div><div style="text-align: justify;">E <i>j'adore.</i></div><div style="text-align: justify;"><i><br></i></div><div style="text-align: justify;"><i>PS</i></div><div style="text-align: justify;">SaintPat, uno degli autisti, mi dice che il nome del frutto è <a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Saba_senegalensis" target="_blank">Malombo</a></div>tsaramasohttp://www.blogger.com/profile/11119278458790218095noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-2883614440438564333.post-70925343809496702882022-11-06T22:59:00.000+02:002022-11-07T09:01:10.241+02:00Come mi è andata a Ottobre<div style="text-align: justify;"><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgyfUnE4gteAx38PL9ZtTpYZub90Lpq_SUc1S_nM3e65amSXo6LCcdT6y5KF2vk4nti5PI958Fkcc9RI8F29Menj-LA0w0qNmYNQHMTamPgxNcz4wITOVWJhyq2Ln1kLIu4liG8AzwPQOWfZ43O_zoosP0CtUL-WjVgQQqhLWjId1lktSFXLiOIaXCO/s1587/IMG_20221016_181710_614.jpg" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1587" data-original-width="1488" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgyfUnE4gteAx38PL9ZtTpYZub90Lpq_SUc1S_nM3e65amSXo6LCcdT6y5KF2vk4nti5PI958Fkcc9RI8F29Menj-LA0w0qNmYNQHMTamPgxNcz4wITOVWJhyq2Ln1kLIu4liG8AzwPQOWfZ43O_zoosP0CtUL-WjVgQQqhLWjId1lktSFXLiOIaXCO/w301-h320/IMG_20221016_181710_614.jpg" width="301"></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"></td></tr></tbody></table></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">In Congo, quando al mattino esco per andare a lavoro il guardiano mi chiede "C'est le départ ?"</div><div style="text-align: justify;">E quando rientro la sera "C'est le retour ?"</div><div style="text-align: justify;">Il 16 ottobre ho preso l’aereo dall'Italia per il Congo e mi sono detta « parto. » Poi in aereo ho cominciato a pianificare tutte le cose di questo « ritorno».</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"></div><div style="text-align: justify;">La pausa in Italia è stata necessaria. </div><div style="text-align: justify;">Prima di arrivarci sono passata dalla Tanzania, dove c'ero stata nel 2006, nel mio primo giro in Africa sub-sahariana. L'aereo fece uno scalo di 30 minuti a Zanzibar per poi dirigersi verso Dar Es Salaam. E rimase la voglia di quell'isola inesplorata. Dopo 16 anni eccomi a Zanzibar con Mic e Mari che lì ci ha abitato per un po', circa 30 anni fa. A Zanzibar ci si va per le grandi spiagge a perdita d'occhio e le barche tipiche, le tartarughe, i colobi e i Masai con cui negozi scrivendo il prezzo sulla sabbia. A Stonetown invece si vede la storia di questa capitale del sultanato di Oman: i palazzi, le moschee e le porte indiane in legno intarsiato. Noi abbiamo visto una cosa bella, che andrebbe inserita nel circuito turistico. Siamo andati dal fotografo da cui 30 anni fa Mic si faceva fare le foto di famiglia da mandare come cartolina natalizia in Italia. Il fotografo era ancora lì, nel suo negozio di foto in bianco e nero e lui e Mic si sono riconosciuti.</div><div style="text-align: justify;"><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjp00o50Y6-oo3aH9YsEYqDMNqwYb6gkE9tsM9yqfINBY3iUNu-WRjrO6_Hl_NsuRyX3MkdeJyyVoyqM2sXRxzpfmAvi4ITP-pBFTqk9UPzvGngiWNi7mpWEbszcayrSQU7qmFAAtf9ygcB_9wB2vgNVHTxlVdxLlq3BguWBnYD3mQzx9OpbBytJPHA/s1200/IMG_20221105_231226_428.jpg" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1193" height="275" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjp00o50Y6-oo3aH9YsEYqDMNqwYb6gkE9tsM9yqfINBY3iUNu-WRjrO6_Hl_NsuRyX3MkdeJyyVoyqM2sXRxzpfmAvi4ITP-pBFTqk9UPzvGngiWNi7mpWEbszcayrSQU7qmFAAtf9ygcB_9wB2vgNVHTxlVdxLlq3BguWBnYD3mQzx9OpbBytJPHA/w274-h275/IMG_20221105_231226_428.jpg" width="274"></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">il fotografo di Zanzibar - Yashica Mat124 </td></tr></tbody></table></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><img border="0" height="276" src="https://lh3.googleusercontent.com/-AAk3ETQnF18/Y2ga5-fXNcI/AAAAAAAAD6s/Rplp_PFdKOQXqAzRYHGayTQY42vx8696QCNcBGAsYHQ/w275-h276/1667767010333654-0.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;" width="275"></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">la foto di famiglia</td></tr></tbody></table><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Poi finalmente verso l'Italia da cui mi sembrava di mancare da un tempo infinito. Ho fatto un concentrato di luoghi, persone e cose tra famiglia, amici, mare, aikido, bevute e ho sentito quanto il Mediterraneo sia la radice che mi tiene salda ovunque.</div><div style="text-align: justify;"><div><br></div></div><div style="text-align: justify;">Poi il posto 42B di Air France del volo delle 6:30 del mattino del 16 ottobre, con una partenza incerta fino all'ultimo perché il test COVID io non l'avevo fatto e invece ci voleva. Ma io di controllare, manco per niente. La mia <i>psycho</i> avrebbe detto che il subconscio non smette mai di lavorare e che forse non volevo partire.</div><div style="text-align: justify;">Mi hanno salvato il decreto congolese, che stabiliva la fine dello stato di emergenza nel paese, un po' di diplomazia al check in e una sorprendentemente gentile dipendente di airfrance.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">All'atterraggio, orribile stavolta, non ho messo <i>Hello</i> di Adele come ogni volta. Forse è per quello che è stato orribile. A Brazzaville ho trovato il cielo grigio e il freddo del bizzarro inverno del sud del Congo. Il dojo accanto all'ufficio ce l'hanno tolto perché non pagavano il mese e invece quello fighissimo dell'ex Ministro è sempre lì e abbiamo fatto lezione nella penombra perché era saltata la corrente.</div><div style="text-align: justify;">Maman Ro è morta e così Brazzaville ha perso il miglior ristorante della città. A Maman Ro piaceva mischiare cucina congolese con un pizzico di altri paesi. Tipo nel saka-saka lei ci metteva la melanzana. Ma la cosa bella era che il ristorante era il giardino di casa sua e ce ne tornavamo sempre con i tupperware pieni, perché il cibo era sempre molto di più del necessario. </div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Poi finalmente Ouesso.</div><div style="text-align: justify;">Quando siamo entrati in casa con il pickup ho scommesso che ci fosse Regis di turno a fare il guardiano. « Madame, ora basta partire », mi ha detto.</div><div style="text-align: justify;">La casa finalmente si è riempita di nuovo. Adesso ci sono due nuovi <i>collocs</i> : Ous e Bodyguard e vediamo cosa sarà. Ous viene dal Niger e il sabato dal suo annex escono gli odori del cibo di Africa dell'ovest che prepara per la settimana. Bodyguard invece è francese ed è appena arrivata ed è ancora tutta da scoprire. Nel frattempo in mia assenza ha dato ordine alle cose nella grande casa. Io non vedo l'ora di contribuire al cambiamento con il mio nuovo trapano Bosch, che a Ouesso di trapano ce n’è solo uno in condivisione tra i vari <i>menuisiers</i>.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Poi una notte è scattato l'interruttore della corrente. Ci sono voluti 2 giorni di elettricisti scalzi, che volevano salire sul tetto senza scala passando da un buco fatto nel soffitto, per poi capire che il problema era una delle 7 nuove lampadine che i guardiani avevano fatto mettere in esterno « pour mieux vérifier pendant la nuit, Madame ». Ora però se ne devono far bastare 6.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">In ufficio non ho fatto in tempo ad aprire la porta della mia stanza che subito mini-Maman-Esther si è infilata, spingendo e scusandosi perché aveva fretta di togliere la polvere di più di un mese. Coordo mi ha accolto con un «voilà la voyageuse» e l'équipe, tutta intorno al grande tavolo, con il solito sorriso silenzioso ad attendere che sia io a dire il primo « ça va ».</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Nel frattempo i pulcini venuti dal Rwanda sono diventati polli e Mme Pierrette ne ha cotto uno con le patate. Ha detto che è proprio buono, saporito e tenero, ma anche che ha dovuto consolare sua sorella che al polletto si era affezionata. E a proposito di polli, il beninese che fa gli shawarma adesso fa anche l'hamburger di pollo, ma li fa ancora con i polli che arrivano congelati dal Brasile. Non l'ho ancora provato.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhd-5crMlp9PEiTQ5xaP0msoa1fwie5YDF8yHwNh1spfKM5Fs8_aPDTFweqKTUKgXg97kPOYl_Q2PnO_AETZgF7PhRxTUgvsJFhh_mL8enS5Hg90ZZcLVDWLj-mgJL96HHqli4ffDYO1xcv8_tOMJEdQumEoGz7XlgYgCOadfsRl_Y-YBjM0aly6i-K/s1455/IMG_20221025_202643_126.jpg" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1215" data-original-width="1455" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhd-5crMlp9PEiTQ5xaP0msoa1fwie5YDF8yHwNh1spfKM5Fs8_aPDTFweqKTUKgXg97kPOYl_Q2PnO_AETZgF7PhRxTUgvsJFhh_mL8enS5Hg90ZZcLVDWLj-mgJL96HHqli4ffDYO1xcv8_tOMJEdQumEoGz7XlgYgCOadfsRl_Y-YBjM0aly6i-K/w320-h266/IMG_20221025_202643_126.jpg" width="320"></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">I ravioli a Ouesso</td></tr></tbody></table>La grande novità di fine ottobre è che Clém, in missione nel nord, è venuto da Brazzaville con la macchina della pasta e abbiamo fatto i ravioli. Clém li conosce tutti i ravioli del mondo, ci sta facendo proprio uno studio e questi li abbiamo fatti un po' secondo lo stile fusion di Maman Ro, ossia con <i>oseille</i> e cacioricotta fresco fresco di Puglia .</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Ogni boccone un moto di gioia e incredulità per i 56 ravioli fatti in 3 ore da due italiane e un francese, in quel paese che nessuno conosce e che quando dici Congo per tutti è sempre quell'altro.</div><div style="text-align: justify;"><br></div>tsaramasohttp://www.blogger.com/profile/11119278458790218095noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-2883614440438564333.post-40701166050807156262022-05-08T19:10:00.009+02:002022-05-09T08:36:24.009+02:00Una cosa normale<div style="text-align: justify;">Oggi a Kabo avremmo dovuto fare delle riprese su alcune delle attività di progetto su cui lavoro: allevamento, caccia e monitoraggio della fauna selvatica.</div><div style="text-align: justify;">Poi però tutto è saltato per un imprevisto della <i>troupe</i> e così siamo corsi a scusarci con le comunità che avevamo allertato.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Quando M Samba ha aperto la stalla, le capre sono volate vie. Le aveva lasciate chiuse per permetterci di fare le riprese. Dentro la stalla abbiamo trovato un cane morto. Con distacco, M Samba ci ha detto che probabilmente era rimasto lì dalla sera precedente e le capre lo avevano fatto fuori. Strategia di gruppo.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">M Samba è un saggio del villaggio oltre che il più grande allevatore tra i nativi del luogo. Ci dice che l'allevamento ai piedi della foresta ha i suoi limiti, ma che ha anche un grosso potenziale economico. Parliamo dei servizi veterinari, necessari e inesistenti. “Mais, on fait avec”, conclude. </div><div style="text-align: justify;">Così, dopo esserci scusati per il disturbo creato, ci diamo appuntamento a fine mese per la formazione.</div><div style="text-align: justify;">“C’est bon. On est ensemble”.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiFI6dwJjVGhBHUKztLBuFIsz-mjlml5avvIgI_dL6CvoE7Iuk58q0S7KeU2NrFn4NcLWbuO_uzXCQwOEuWHqE_AhqbNllSZMT8YYr82RVGOPRhXCpoMcBYQhv6gtR6k3_YN1MTfK-UQDhOuP6d2lJfbdoodRRlZ_LsBw0DosPAAftgM6w2ImEx0E0U/s1920/IMG_20220426_121534_196.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1920" data-original-width="1441" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiFI6dwJjVGhBHUKztLBuFIsz-mjlml5avvIgI_dL6CvoE7Iuk58q0S7KeU2NrFn4NcLWbuO_uzXCQwOEuWHqE_AhqbNllSZMT8YYr82RVGOPRhXCpoMcBYQhv6gtR6k3_YN1MTfK-UQDhOuP6d2lJfbdoodRRlZ_LsBw0DosPAAftgM6w2ImEx0E0U/s320/IMG_20220426_121534_196.jpg" width="240"></a></div>Con Benj ci spostiamo nel quartiere dei Ba'kaa, che sono i cacciatori con cui dobbiamo scusarci. Sono gli autoctoni della zona, i veri esperti cacciatori, mandati a cacciare dai Bantu. I Ba'kaa sono nati nella foresta e di questa conoscono tutto. </div><div style="text-align: justify;">Anche Benj ha una motoretta con rimorchio, se ne vedono tante a Ouesso, le usano per qualsiasi tipo di trasporto (bottiglioni d'acqua, bombole del gas...). Benj però ci ha aggiunto la sedia di vimini per il passeggero. </div><div style="text-align: justify;">Per il video di oggi, con i cacciatori avremmo dovuto continuare a sperimentare un gioco, per affrontare il tema difficile della sostenibiltà. Si fa con i fiammiferi, che rappresentano gli animali cacciati. Non si vince, ma ci si rende conto di cosa succederà in futuro. </div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Arrivati nel quartiere la musica è forte, fatta di percussioni su barili e bidoni. Sono bambini e ragazzi, a ripensarci, gli stessi che la sera precedente suonavano davanti al ristoro di Mme Benj. Con questo rito i Ba'akaa annunciano che qualcuno è morto nella comunità. Si fa durante la veglia e dura fin quando non si sono raccolti tutti i soldi necessari all'<i>enterrement</i>, la sepoltura. A volte può durare anche una settimana. </div><div style="text-align: justify;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody><tr><td style="text-align: left;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhx-rGQu3dRxZSj1EGZPSR7Ha5EyjKSz_SOaIODU1Smqg_SuKOYo0KB8cwBQc47WurR9tqqEl6BDocWZdZaDi3VnErwdMMpui7KZY7PnFeYdyeItwTLfUSCE9vbbqALQ3pzrgeqixhC1AKQtlDdTrJmoYfYd6GQWhYrOJFvlC3Ykybh-IjQPt6diORn/s2048/WCS05267.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1365" data-original-width="2048" height="208" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhx-rGQu3dRxZSj1EGZPSR7Ha5EyjKSz_SOaIODU1Smqg_SuKOYo0KB8cwBQc47WurR9tqqEl6BDocWZdZaDi3VnErwdMMpui7KZY7PnFeYdyeItwTLfUSCE9vbbqALQ3pzrgeqixhC1AKQtlDdTrJmoYfYd6GQWhYrOJFvlC3Ykybh-IjQPt6diORn/w312-h208/WCS05267.jpg" width="312"></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: right;">@C.Nzuonzi/WCS</td></tr></tbody></table>L’uomo che mi sono trovata davanti è lo stesso che stamani era venuto in ufficio, ma io non parlando la lingua locale, non avevo capito nulla. Era venuto a chiedere a Benj la motoretta per la sepoltura. Ci dice che andrà a chiamare gli altri cacciatori. Io seguo i colleghi, che mi portano verso un capannello di gente.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"></div><div style="text-align: justify;">Mi fanno accomodare tra 4 persone. Ci salutiamo. Ci fissiamo. Siamo a circa una decina di metri dal gruppetto di gente, che a sua volta sta intorno a un grande tavolo basso. C’è un signore che è seduto su una sedia di legno e si dondola. Più in là, una donna incinta col un piccolo in braccio. Un'altra danza. Vestono tutte con dei <i>pagne</i> (tessuti africani), i bambini sono per lo più nudi con un cordino in vita. Alcune donne hanno della terra chiara intorno al viso, una ce l'ha anche sulle braccia. E' quella che piange, guardando verso la parete di legno della casa. Sembra che ci guardi dentro, spiando attraverso le listarelle. Si dondola in un pianto dolce e disperato.</div><div style="text-align: justify;">Mi vengono in mente tutte le volte che ho visto attori lavorare proprio alla ricerca di quella fisicità, per trovare un pianto, un'emozione, un qualcosa di forte.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">La donna che danza ora fa il giro tra le altre persone e getta qualcosa - o forse niente - su ognuno di loro. Poi va verso il centro, si avvicina al tavolo e agita le anche guardando verso un punto fisso. Sorride e pronuncia delle parole. Mi accorgo all'improvviso che su quel tavolo basso c'è il corpo semi nudo di qualcuno, che ne abbraccia un altro coperto da un telo bianco a disegni neri.</div><div style="text-align: justify;">Realizzo che mi hanno portato dal morto.</div><div style="text-align: justify;">Stupita di me, continuo a guardare intensamente tutto, senza provare quella paura che un corpo senza vita mi ha sempre fatto.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgJyG8Irn7uvU4nkX0h0bPOu1YeoFWjZw-oOW3q-yvKJKeAyb7kxrKQh27hXXh9U_HD1hiHt2yGpUkKua4fpDdMi6Ms1lXFMAPQ6wxfWIq21lNxj5GgMngMlAXSIYRnj_buLp8xH7igQMaTN5woP3cbi9Nl4kVw65S6-G_WKnzwAjYzzfwrRGfkBKR5/s3678/DSC_0746.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="1956" data-original-width="3678" height="350" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgJyG8Irn7uvU4nkX0h0bPOu1YeoFWjZw-oOW3q-yvKJKeAyb7kxrKQh27hXXh9U_HD1hiHt2yGpUkKua4fpDdMi6Ms1lXFMAPQ6wxfWIq21lNxj5GgMngMlAXSIYRnj_buLp8xH7igQMaTN5woP3cbi9Nl4kVw65S6-G_WKnzwAjYzzfwrRGfkBKR5/w657-h350/DSC_0746.jpeg" width="657"></a></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Poi ci alziamo e andiamo via. Seguo il mio collega. </div><div style="text-align: justify;">Mi aspettavo un commento qualsiasi da parte sua, invece mi dice soltanto che i cacciatori sarebbero arrivati più tardi, perché sono già partiti con Benj in motoretta per scavare la fossa e che ci saremmo scusati un'altra volta.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Così, come fosse la cosa più normale del mondo.</div>tsaramasohttp://www.blogger.com/profile/11119278458790218095noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-2883614440438564333.post-91675206909412019032022-04-08T02:11:00.003+02:002022-04-18T18:19:25.141+02:00Serate<div>Ouesso, una sera delle tante</div><div><br /></div><div style="text-align: justify;">Qualcuno bussa alla porta, il guardiano ci chiama per avvisarci.</div><div style="text-align: justify;">"Ciao, sono qui di passaggio per..."</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Spesso è per lavoro che la gente si ferma da noi "alla casa degli expat di Ouesso", prima di andare verso i villaggi del nord. Da quando la gente ha ripreso a viaggiare, i passaggi non mancano.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">A volte li conosciamo, a volte ci avvisano, a volte bussano e basta. Li accogliamo in veranda e se non portano da bere, le birre le prendiamo noi dalla <i>maman</i> accanto, che ci rimprovera sempre perché non le riportiamo i vuoti. Con un' italiana e una spagnola in casa, gioco forza che la bevuta si trasforma in cena. </div><div style="text-align: justify;">Così restiamo insieme, le chiacchiere scorrono e la rete di conoscenze si allarga. A volte nascono amicizie. A volte quella persona invece sarà per una volta e basta.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Stasera sono venuti una belga, un'italiana e due tedeschi. La belga ha fatto le crepes troppo salate, ma che sono andate benissimo con le melanzane preparate dell'italiana. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Domani con alcuni di loro andrò in Repubblica Centrafricana, al Parco Dzanga Sangha, dove pare ci siano centinaia e centinaia di elefanti. Il bello è che ci andremo via fiume da Ouesso.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Prima di andare a letto abbiamo fatto una foto. In realtà ne abbiamo fatte tante stasera e ci siamo fatti anche tante domande e chiesto cose che non sempre chiediamo in queste serate insieme. Ci siamo detti come siamo quando siamo a casa nostra, cosa facciamo che qui non facciamo e cosa desideriamo e tanto altro.</div><div style="text-align: justify;">Stasera era diverso, perché sapevamo che era una delle ultime sere insieme: i miei compagni di casa vanno via tutti tra non molto. Ognuno verso un'altra strada. </div><div style="text-align: justify;">Lo avevo messo in conto e mi preparo a questo periodo in solitario, nella grande casa in attesa di altri arrivi.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Vediamo che sapore avrà tutto questo.</div><div><br /></div><div><div class="separator" style="text-align: center;"><a href="https://lh3.googleusercontent.com/-Bwziy3qPTno/Yk99bBrpRyI/AAAAAAAAD1Q/rHGQj2dSOTIZCyAni3RtvyrAFpl71Dt4gCNcBGAsYHQ/s1600/1649376574781221-0.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="300" src="https://lh3.googleusercontent.com/-Bwziy3qPTno/Yk99bBrpRyI/AAAAAAAAD1Q/rHGQj2dSOTIZCyAni3RtvyrAFpl71Dt4gCNcBGAsYHQ/w400-h300/1649376574781221-0.png" width="400" /></a></div><br /></div><div><br /></div><div><br /></div>tsaramasohttp://www.blogger.com/profile/11119278458790218095noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-2883614440438564333.post-45181352227523235012021-12-27T12:52:00.000+02:002021-12-27T12:52:58.527+02:00Kabo in pillole<div><br></div><span style="color: #073763; font-family: trebuchet;"><div style="text-align: justify;"><i>Alcuni amici che si definiscono vintage e/o antisocial mi hanno chiesto di condividere anche qui le "pillole" che di tanto in tanto scrivo sui social (<a href="https://www.facebook.com/daniela.antonacci.587" target="_blank">facebook </a>e <a href="https://www.instagram.com/tsaramaso_be/" target="_blank">IG</a>). Obbedisco </i><i>con piacere.</i></div></span><div style="text-align: justify;"><span style="color: #073763; font-family: trebuchet;"><i>Qui di seguito ci sono i tre momenti che ho fotografato con immagini e testo durante alcune delle missioni a Kabo, che è il villaggio a 3 ore da Ouesso, andando verso nord. </i></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #073763; font-family: trebuchet;"><i>A Kabo ci vado almeno una volta al mese per le attività di campo. Kabo è quella che chiamo "la routine". Mi alzo, faccio colazione, attraverso la strada e sono in ufficio, che è su una palafitta e per questo lo chiamano Madagascar. A volte prendiamo la macchina e andiamo nei siti di foresta oppure con la piroga a motore andiamo dalle comunità di pescatori e di cacciatori. Spesso per il pranzo non c'è tempo. A fine giornata Mme Benj prepara la cena nel suo ristoro al villaggio e poi rientro a casa a piedi, stando attenta agli elefanti.</i></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #073763; font-family: trebuchet;"><i>Dico "Buonanotte" al guardiano che si siede accanto al piccolo aereo che non vola e l'indomani si ricomincia.</i></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #073763; font-family: trebuchet;"><i>A Kabo accadono piccole cose.</i></span></div><div><div style="text-align: justify;"><b style="background-color: white; font-family: courier;"><span style="color: #073763; font-size: x-small;"><i>------</i></span></b></div><div><b style="background-color: white; font-family: courier;"><br></b></div><div><b style="background-color: white; font-family: courier;"><br></b></div><div><b style="background-color: white; font-family: courier;"><br></b></div><div><b style="background-color: white; font-family: courier;">13 Settembre 2021</b><br><br><div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: courier;"><b>A Kabo dopo la pioggia.</b></span></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEg4XB_2bCL8y3i8j18QTEpzKXCnRNvH1_FAknW7KJOCruzRWDZp_RAdtQmXtJ6GqoHh8pEao7vq_SPP9on2kcxzYOvBwQcWf5KJQCPEa37n2zb_F5k9bELheiSH5Uh27TTYJegVjEwpCRKZi_4btSn0lNGwokadTHXCYrTEOwcGDosiUImR96EpNLY4=s3968" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="2976" data-original-width="3968" height="228" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEg4XB_2bCL8y3i8j18QTEpzKXCnRNvH1_FAknW7KJOCruzRWDZp_RAdtQmXtJ6GqoHh8pEao7vq_SPP9on2kcxzYOvBwQcWf5KJQCPEa37n2zb_F5k9bELheiSH5Uh27TTYJegVjEwpCRKZi_4btSn0lNGwokadTHXCYrTEOwcGDosiUImR96EpNLY4=w303-h228" width="303"></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Il tappeto verde, il fiume Sangha e il Camerun</td></tr></tbody></table><div style="text-align: justify;">Kabo è fatta di grandi spazi verdi da una parte e di case di legno dall'altra, che poi sarebbe il villaggio. Io preferisco il villaggio, anche se riconosco che l'ampio spazio offre un gran respiro. Ci passo ogni giorno per andare a lavoro e mi chiedo come mai l'erba venga tosata ogni giorno. Perché? Per chi? Non c'è nessuno che sembra averne bisogno. Ci sono gli ex hangar, non ci sono le ville dei ricchi, è una zona di passaggio delle poche 4x4 dei lavoratori di qui che partono per gli altri siti. È un tappeto che arriva fino alla foresta, da una parte e al fiume, dall'altra.</div></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEh94HCyKZ6aVf17BZOhbpfVL41fqFfwpA-y_un6rw5SA-5RtAjEzesfMhNXQK0zCxlDpI2XftDYR6RcZ3uqP54rmpm8byZG_5cuRafaTQCJ4spp9Wx1ozJA5n8de7K25LwZKoCm1lCt0ycY-WNhnWMcRbAe2BmSlW8sJgoSuyZ9VM_ykmywYQcCK2Z4=s3457" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1907" data-original-width="3457" height="192" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEh94HCyKZ6aVf17BZOhbpfVL41fqFfwpA-y_un6rw5SA-5RtAjEzesfMhNXQK0zCxlDpI2XftDYR6RcZ3uqP54rmpm8byZG_5cuRafaTQCJ4spp9Wx1ozJA5n8de7K25LwZKoCm1lCt0ycY-WNhnWMcRbAe2BmSlW8sJgoSuyZ9VM_ykmywYQcCK2Z4=w344-h192" width="344"></a></div><div style="text-align: justify;">Oggi al tramonto c'era un gruppo di ragazzi che giocava a calcio: i "senza maglia" contro "i con maglia". Volevano le foto e gliel'ho fatte.</div></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEh-rb98hc6ilQMHZQa5b6cyELaS2b4dqtVxUKAfQ7mEeQxfhI0kWimNIryZag3aJaksmeXGucAAu7NNrWl3Egxh8tiPLxe_PsS5DjrC6PkS2h8ae_4HAfo9qdTJW3sNtAHtwlVqgQFseDgg2JfVxBrjeplIXXAo2pp4VBMdGfpgim50BWaLfhhXnPpv=s2835" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1839" data-original-width="2835" height="190" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEh-rb98hc6ilQMHZQa5b6cyELaS2b4dqtVxUKAfQ7mEeQxfhI0kWimNIryZag3aJaksmeXGucAAu7NNrWl3Egxh8tiPLxe_PsS5DjrC6PkS2h8ae_4HAfo9qdTJW3sNtAHtwlVqgQFseDgg2JfVxBrjeplIXXAo2pp4VBMdGfpgim50BWaLfhhXnPpv=w293-h190" width="293"></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">l'antenna di MTN: la compagnia telefonica</td></tr></tbody></table><div><span style="text-align: justify;"><br></span></div><div><span style="text-align: justify;">Poi accanto al campo c'era questa grande pozzanghera che rifletteva l'antenna di MTN stagliata nel cielo. Quell'acqua che la sera, se non c'è la luna, sono cavoli e ci entri in pieno e poi sei rosso di argilla per giorni.</span></div></div><div><b style="background-color: white; font-family: courier;"><br></b></div><div><b style="background-color: white; font-family: courier;"><br></b></div><div><b style="background-color: white; font-family: courier;"><br></b></div><div><b style="background-color: white; font-family: courier;"><br></b></div><div><b style="background-color: white; font-family: courier;"><br></b></div><div><b style="background-color: white; font-family: courier;"><br></b></div><div><br></div><div><b style="background-color: white; font-family: courier;"><br></b></div><div><b style="background-color: white; font-family: courier;">------</b><div><span style="font-family: courier;"><b><br></b></span><b style="background-color: white; font-family: courier;">20 Novembre 2021</b><div><span style="font-family: courier;"><b><br><div style="text-align: justify;">A Kabo dopo 1500km in 5 giorni nel nord del Congo.</div></b></span></div><div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Ero uscita per prendere qualcosa da mangiare al negozietto dietro l'angolo, quello che sta dopo la grande antenna di MTN.</div><div style="text-align: justify;">L'uomo del negozio mi saluta chiamandomi <i>mundelé</i>, che vuol dire straniera. </div><div style="text-align: justify;">E ancora quando ha finito di servirmi mi chiede se voglio altro: "C'est bon mundelé?". </div><div style="text-align: justify;">E quando me ne vado: "Bonne nuit, mundelé".</div><div style="text-align: justify;">Quando esco...SBAM mi scontro con una luna piena e rossa che sale dal quartiere dei Bakaa, gli autoctoni. Subito faccio dietro front e torno al negozio:</div><div style="text-align: justify;">"Papa, on fait comme ça" - <i>gli dico, usando una tipica espressione congolese che preannuncia una dichiarazione.</i></div><div style="text-align: justify;">"On fait comment, maman?" - <i>mi dice.</i></div><div style="text-align: justify;">Facciamo che mi chiamo Daniela "pas seulement mundelé", <i>gli dico</i>.</div><div style="text-align: justify;">"Ah merci, maman Danielà" - <i>mi dice come tipicamente il congolese fa, ringraziandoti per il solo fatto di avergli parlato (ad esempio se gli dici :"Bojour Monsieur" lui ti risponde: "Merci, Madame").</i></div><div style="text-align: justify;">"Et vous, papa? Comment vous appellez-vous?"</div><div style="text-align: justify;">"Jean Chris, maman".</div><div style="text-align: justify;">"D'accord. A demain, papa".</div><div style="text-align: justify;">"Merci, maman. A demain. On est ensemble" <i>rassicurandomi con l'immancabile "siamo insieme" con cui qui ci si congeda. </i></div><div style="text-align: justify;">Rigiro l'angolo e ancora SBAM su questa luna.</div></div><div><br></div><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjcuCdzE40utsbo1uqHGG-hba97lg20jl3TWKkZG67eBuSYufBZiA1gQJMeNpQda2dRC9kTz9yoQR1ZRSrENONg7louSygNAwnlY5ekXSG7Cl16oV8hyL_F8lbfhu3tcMBZAIYMmnCYe_UCbgyaXgMl9NSOK0dxsot6N4i21VbhLUdwUZtq4Q1rmAWU=s1984" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1984" data-original-width="1488" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjcuCdzE40utsbo1uqHGG-hba97lg20jl3TWKkZG67eBuSYufBZiA1gQJMeNpQda2dRC9kTz9yoQR1ZRSrENONg7louSygNAwnlY5ekXSG7Cl16oV8hyL_F8lbfhu3tcMBZAIYMmnCYe_UCbgyaXgMl9NSOK0dxsot6N4i21VbhLUdwUZtq4Q1rmAWU=s320" width="240"></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><br></td></tr></tbody></table><div><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhoOXkgl-ZIPGM8C6JiSjLW31pYHkLkgebsn9bHaanoK-rIfgJBJbjO-KWrMwwbMtWORvpru25gTpbG0ty785WT9lLVOTNFReVIl1aREKoel5vyKcIdkw1bWLgWyYobHE_f_DfAKarwG8OTXrBnLloLHoGdG5BGeFNCXSBLByM51Hui_SmbH2TCjW3Q=s1867" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="1867" data-original-width="1314" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhoOXkgl-ZIPGM8C6JiSjLW31pYHkLkgebsn9bHaanoK-rIfgJBJbjO-KWrMwwbMtWORvpru25gTpbG0ty785WT9lLVOTNFReVIl1aREKoel5vyKcIdkw1bWLgWyYobHE_f_DfAKarwG8OTXrBnLloLHoGdG5BGeFNCXSBLByM51Hui_SmbH2TCjW3Q=s320" width="225"></a></div><div><br><p><b style="background-color: white; font-family: courier;">------</b></p><p><b style="background-color: white; font-family: courier;">3 Dicembre 2021</b></p><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: courier;"><b>Sono tornata a Kabo.</b></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: courier;"><b><br></b></span></div><div style="text-align: justify;">Qui abito in una casa di legno, che è quella del pilota che non ha mai volato. Penso a Saint Exupéry quando vedo il piccolo aereo fermo nell'hangar.</div><div style="text-align: justify;">Stasera in cielo accadeva questo spettacolo. Avevamo appena finito di mangiare al ristorante di Mme Benj, che si chiama così perché è la moglie di Benj.</div><div style="text-align: justify;">Da Mme Benj si mangia fuori, meglio se ti sei portato la lampada frontale, cosi vedi cosa hai nel piatto. Comunque è facile: è pesce del fiume e manioca dei campi, quella portata dalla città, che qui i campi li distrugge l'elefante e la manioca non ce la fa a crescere.</div><div style="text-align: justify;">Il giorno successivo Mme Benj cambia specie, ma è di nuovo manioca e pesce del fiume e così anche il giorno seguente.</div><div style="text-align: justify;">Quando il pesce fresco non arriva, allora è pesce affumicato in salsa di arachidi e foglie di manioca, si chiama <i>koko</i>. Invece il pesce cucinato fresco si chiama <i>bouillon</i>, una sorta di guazzetto in salsa di pomodoro, cipolla e qualche erba, il tutto cotto nelle foglie di banano.</div><div style="text-align: justify;">È proprio buono. Soprattutto se non hai pranzato, te lo divori. La palla è la quantità di spine che devi togliere, sputacchiare e a volte ingoiare per necessità. Secondo me il pesce di fiume ha più spine del pesce di mare. La manioca te la danno in <i>baton </i>e in effetti sembra un piccolo bastone. Oppure arriva come <i>foufou </i>che è tipo una polenta, ma qui a Kabo è raro il <i>foufou</i>, perché la macchina per macinare la manioca e fare la farina ce l'ha solo una famiglia.</div><div style="text-align: justify;">Stasera dopo il pesce e il <i>baton</i>, alle mie spalle, dietro al grande mango, il cielo esplodeva così e non erano fuochi d'artificio. </div><div><div style="text-align: justify;">Come ha detto il Coordò, "In Camerun piove. Dobbiamo affrettarci, che arriva presto anche qui".</div><div style="text-align: justify;">Siamo partiti.</div><div style="text-align: justify;">Dopo poco è arrivata la pioggia dall'altra sponda del fiume, che poi è il Camerun.</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.blogger.com/video.g?token=AD6v5dyGBbFYYv2tcoFRWpF1g6Bx4qVwXMYTE39n5pvCc15cnyDjYfpdwws5f0mfykIzsIOCYOvCy3J5AyR_fYITiA' class='b-hbp-video b-uploaded' frameborder='0'></iframe></div><br><div><br><br></div></div></div></div></div></div></div></div>tsaramasohttp://www.blogger.com/profile/11119278458790218095noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2883614440438564333.post-78926716523903071602021-11-06T12:05:00.003+02:002021-11-06T12:05:38.179+02:00"Rifrazioni di istanti" personale di fotografia di Michele Lischi: ci siamo!<div style="text-align: justify;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-j5IGZPUlQ_E/YYZO58Q4EwI/AAAAAAAADwQ/yLqIChNANM0lQEPQsHtL5YYum_XeOLO0gCLcBGAsYHQ/s2974/Mic-fotografa.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1057" data-original-width="2974" height="229" src="https://1.bp.blogspot.com/-j5IGZPUlQ_E/YYZO58Q4EwI/AAAAAAAADwQ/yLqIChNANM0lQEPQsHtL5YYum_XeOLO0gCLcBGAsYHQ/w640-h229/Mic-fotografa.jpg" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Momenti nella casa-laboratorio</td></tr></tbody></table><br />Oggi nella sede dell’Associazione Imago, in via coccapani à Pisa, Michele Lischi farà la sua personale di fotografia.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ci mostrerà le sue “<a href="https://www.facebook.com/events/243365177775600/?ref=newsfeed" target="_blank">rifrazioni di istanti</a>”. Tra le migliaia di foto che occupano i suoi archivi questa ricerca sembra davvero interessante. Lo “spezzato” e il “ricomposto” di quella bellezza che Michele è capace di cogliere nelle sue molteplici sessioni di fotografia con amici, parenti, conoscenti e chiunque stimoli il suo atto creativo.</div><div style="text-align: justify;">Atto creativo che si svolge spesso tra le mura di casa, dove lo vedo comporre come fosse un musicista ma anche uno scienziato rigoroso nel suo laboratorio che rispetta la regola e sa anche romperla.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Al mattino, quando appena svegli il senso dell’odore è più attivo, spesso sale dalle scale del seminterrato un lieve odore di chimico degli acidi per sviluppo e stampa. Se non lo trovi, è lì nei bassifondi. A questo odore a volte si somma quello della malvasia dolce di bottiglie esplose nella cantina accanto alla camera oscura. Ed è questo mix di odori che rende la produzione di Michele ancora più viva e presente in ogni momento della sua vita, da quando lo conosco.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Credo che sarà una bella mostra. Credo che valga veramente la pena andare a vedere come ha messo insieme i pezzi di foto e persone, di storie e stati d’animo diversi, in una reciprocità tra fotografo e fotografato intima e artisticamente onesta.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Certo, sono di parte, è il mio compagno da venti anni. Ma mi sa che avrei pensato la stessa cosa anche se avesse avuto un altro ruolo nella mia vita.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Buona mostra, Michele e a tutti voi che potrete esserci!</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La guarderò a distanza, sempre facendo ricorso a quell'immaginazione...</div><div style="text-align: justify;"><br /><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-e61A6u4c8B0/YYZRIr_mjVI/AAAAAAAADwY/WRNKMtHx3kw9aH6WyQCTAmRnwRYhqCFswCLcBGAsYHQ/s1200/photo_2021-11-06_10-50-12.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="805" data-original-width="1200" height="269" src="https://1.bp.blogspot.com/-e61A6u4c8B0/YYZRIr_mjVI/AAAAAAAADwY/WRNKMtHx3kw9aH6WyQCTAmRnwRYhqCFswCLcBGAsYHQ/w400-h269/photo_2021-11-06_10-50-12.jpg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Piccolo spoiler durante l'allestimento con chi lo ha aiutato:<br /> l'artista David Paolinetti e l'amica Chiara Caccamo</td></tr></tbody></table><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div>tsaramasohttp://www.blogger.com/profile/11119278458790218095noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-2883614440438564333.post-70114595428184715482021-10-27T07:50:00.012+02:002021-10-29T23:14:52.309+02:00Immaginare, pas de soucis!<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: courier;">Ottobre 2021, Ouesso</span></p><div style="text-align: justify;"><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-myzbY_tYGy8/YXXPcLPwU5I/AAAAAAAADvI/_9Hfb0SdcME4RrOvKsYbv6DxPTG2G1IOgCLcBGAsYHQ/s1861/IMG_20211023_121514_598.jpg" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1861" data-original-width="1488" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-myzbY_tYGy8/YXXPcLPwU5I/AAAAAAAADvI/_9Hfb0SdcME4RrOvKsYbv6DxPTG2G1IOgCLcBGAsYHQ/w320-h400/IMG_20211023_121514_598.jpg" width="320"></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">la maison d'art di Ouesso</td></tr></tbody></table><br>Lui è Alban, davanti alla sua "<i>maison d'art</i>", che si trova sulla strada per il mercato di Ouesso. </div><div style="text-align: justify;">E' sabato, sono in taxi e ho chiesto al tassista di farmi scendere, la maison è finalmente aperta. Alban lo trovo sotto l’albero a dipingere. Mi presento e lui fa gli onori di casa. Mi mostra i suoi quadri, sono per lo più scene di vita quotidiana; Manuel invece, dipinge gli animali. Manuel non c'è, vive a Pokola, al di là del fiume. </div><div style="text-align: justify;">Tra i vari quadri che Alban mi mostra ce n'è uno con due zebre. Vede la mia espressione e mi anticipa dicendo “anche se qui in Congo le zebre non ci sono”. </div><div style="text-align: justify;">Quando ho chiesto ad Alban quale fosse il simbolo del Congo, lui ha inteso quale animale-simbolo e mi ha detto "<i>les elefantes, maman</i>", anzi "due elefanti con in mezzo un leone" e ha aggiunto "anche se il leone non esiste in Congo. <i>Mais ça suffit d'imaginer, maman</i>". </div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Basta immaginarseli.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Anche sul tetto dell'is'art Galerie di Antananarivo c'era un elefante in cartapesta. E chi l'aveva costruito mi aveva detto una cosa simile "L'ho fatto per dare la possibilità di fare vedere ciò che altrimenti qui possiamo solo immaginare, <i>tsy maninona</i>”, cioè <i>non fa niente</i>, <i>pas de soucis</i>, <i>non ci sono problemi</i>. </div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">E' quello di cui ho quotidianamente bisogno qui, immaginare senza farmi problemi.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-29FbgwViiCc/YXci_FGa3II/AAAAAAAADvQ/24_apTSubPI3jZ9zIGH0hOSeCsIFOrWfQCLcBGAsYHQ/s2048/IMG_20191206_232510.jpg" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="2048" data-original-width="1536" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-29FbgwViiCc/YXci_FGa3II/AAAAAAAADvQ/24_apTSubPI3jZ9zIGH0hOSeCsIFOrWfQCLcBGAsYHQ/s320/IMG_20191206_232510.jpg" width="240"></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">L'elefante dell'is'art galerie di Antananarivo</td></tr></tbody></table>Immaginare ciò che non è, rispetto a quello che per me sarebbe. Mi riferisco a tutte le volte che qui spalanco la bocca e mi stupisco davanti a qualcosa che non avrei mai pensato potesse accadere, secondo quello che io intendo per logica.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Con Alban parliamo di cosa faccio io e di cosa fa lui. Mi chiede se disegno, gli dico che sono negata, ma mi piace la fotografia. Gli mostro la FM2 e dice che non l'aveva mai vista una macchina così. Gli dico che mi piacerebbe fotografare la gente di Ouesso per esplorarne l'identità, la quale sembra essere nascosta o confusa. Non so bene come, ma vorrei che ci fossero i commercianti mauritani, beninesi e centroafricani; gli agricoltori camerunensi, i congolesi di Kinshasa che costruiscono le piroghe, i congolesi di Brazzaville, di Ouesso e gli autoctoni e poi anche noi 7 <i>expat </i>presenti in questa città cosmopolita.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Alban mi conferma quello che sapevo: qui farsi fotografare è complicato, le persone sono scettiche e resistenti. Addirittura <i>Coordò</i> mi dice che ci vuole un permesso della prefettura.</div><div style="text-align: justify;">In passato in alcuni paesi si sono rifiutati di farsi fotografare, perché è come togliergli l’anima. E davanti a questa affermazione era difficile replicare. Anche qui ne hanno una da non sottovalutare: se li fotografi poi te ne vai a casa tua, stampi un libro e ci fai i soldi sulle loro immagini. Io la replica ce l’avrei e cioè che le foto sono loro, resteranno alla città e faremo una mostra qui.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Alban mi dice che qui la gente non è abituata alla fotografia come forma d’arte, si fanno le foto a Natale e ai compleanni e per i documenti. L'arte non si spiega, dice, ma il progetto posso spiegarlo e mi da' qualche speranza che la gente possa poi partecipare. Patecipare, è proprio la parola giusta.</div><div style="text-align: justify;">Alla fine Alban si propone di aiutarmi a parlare con le persone, mi dice che questo è uno dei compiti dell’artista: far conoscere quello che non si conosce.</div><div style="text-align: justify;">Alban quando ascolta sorride con la testa china da un lato. </div><div style="text-align: justify;">Inizio a sentire che questa città ha qualcosa da dire. Bisogna cercare, avere pazienza e non smettere di immaginare.</div><div style="text-align: justify;">Così, io e Alban ci diamo appuntamento a sabato prossimo, vuole cominciare dagli autoctoni. Mi fido. </div><div style="text-align: justify;">Lui torna al suo albero a dipingere le scene di vita quotidiana e io mi ci butto dentro, per le vie dei mercati.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">La lista della spesa oggi è fatta di materiale per la casa; passo tra le montagne di secchi di plastica colorata e le <i>marmittes </i>di tutte le dimensioni, impilate una sull’altra. La <i>maman </i>è seduta sul bancone e mi dice che oggi ci sono i saldi sulle sedie in plastica.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Per la cronaca, qui se sei donna sei <i>maman</i>, se sei uomo sei <i>papa</i>. </div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Non ho bisogno di sedie, ma di 3 bacinelle rettangolari per la camera oscura, ma niente, a Ouesso ci sono solo bacinelle rotonde. Proseguo e mi fermo da due donne che vendono cosmetici e mutande.</div><div style="text-align: justify;">Neanche loro sono di Ouesso, arrivano dalla capitale. Una è quasi addormentata sui cartoni di roba da vendere, l'altra appende i teli per coprire i prodotti dal sole delle 11 del mattino.</div><div style="text-align: justify;">Questa sarebbe una foto bellissima. </div><div style="text-align: justify;">La donna stesa si chiama Regine "<i>mais sans royaume, maman</i>" aggiunge. Dice che si annoia perché la gente non compra. Nel mettere a posto il resto dei soldi, tiro fuori la macchina fotografica. Lo faccio apposta, ovviamente. Anche lei mi dice che i congolesi non amano le foto "andate via con le nostre immagini". Le parlo dei ritratti che vorrei fare e le chiedo cosa ne pensa. Dice che sarebbe meglio un film allora, con della bella musica. Parliamo di musica, di <i>tamtam, </i>di<i> rumba </i>(il ballo tradizionale che ha un legame con Cuba). Ci diamo il numero di telefono, vuole sapere come andrà col mio progetto fotografico. Alla fine del grande sorriso che ci scambiamo le chiedo se possiamo scattare una foto e lei mi dice che non è pronta. Magari la prossima volta.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Alla prima traversa accanto al supermercato con la grande scritta CocaCola c’è la donna dei <i>pagne</i>. Li chiamano così, i grandi teli africani davanti ai quali mi fermo ogni volta, catturata da quella immensità di colori. Ovviamente neanche questi non sono prodotti qui, però la gente li veste e i mille sarti che ci sono ad ogni angolo usano questi tessuti per cucire vestiti bellissimi per uomini e donne. La <i>maman </i>ha già capito che comprerò. Anche lei è seduta sui prodotti che vende. Si ricorda di me e dell’ultima volta che ho comprato e mi fa lo stesso prezzo. Mi gira la testa quando mi fa entrare a guardare la montagna di <i>pagne </i>che ha. Cerco qualcosa col rosso ed esco con una fantasia turchese e un’altra arancione. La novità adesso sono i "<i>deux temps</i>", ossia 2 pezzi venduti insieme che puoi separare e vestirli quindi in “due momenti” differenti. </div><div style="text-align: justify;">Le sintesi geniali di questi paesi. </div><div style="text-align: justify;">La <i>maman </i>la foto se la fa fare senza esitazione, mantiene la mascherina sotto al mento, si mette sullo sfondo dei suoi <i>pagne </i>appesi alla porta. La foto è in bianco e nero.</div><div style="text-align: justify;">Tutto questo dura circa due ore e ho fatto in tutto 3 scatti.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Alla fine passo da Salem II, che ho deciso essere il più simpatico dei 3 Salem. Mi regala ogni volta le <i>holliwood</i> e dice ad alta voce i prezzi di quello che compro mentre imbusta. La trovo una forma di rispetto in mancanza di registratore di cassa e di qualunque altra prova di pagamento. Salem i numeri li dice a bassa voce in arabo, quando batte sulla calcolatrice e li comunica in francese al cliente. Chiederò anche a Salem uno scatto, naturalmente.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Quando ripasso davanti alla <i>maison d’art </i>la trovo chiusa. Sono le 14 e Alain sarà andato a mangiare. Devo correre a casa perché ho il carpentiere che mi aspetta per sistemare i mobili della mia stanza, che non è ancora terminata. Nonostante lo sforzo immaginativo non ho ancora finito di riadattare tutto quello che avevo chiesto e che è arrivato in forma diversa: ripiani più larghi del muro, scaffali più alti del soffitto...</div><div style="text-align: justify;">Adesso però col nuovo carpentiere Myr stiamo tagliando e adattando. Myr mi ha voluto fare una <i>zed</i> per i libri. Myr non usa il trapano, ma batte col martello talmente forte che parte la scintilla sul chiodo. Myr non avrà 30 anni e non peserà più di 70 kg. Myr s’impegna, è puntuale e quando arriva mi scrive un sms: "sono arrivato, sono seduto col guardiano" che appunto non lo fa entrare in casa se prima non ha verificato che io non sia occupata. Peccato che a volte il guardiano interpreta male e lascia Myr 40 minuti ad aspettare. Myr ogni volta mi porta un piccolo dono: una noce di cocco, una cabossa (frutto del cacao), le banane plantaines (quelle che si friggono) e ogni volta mi chiede se conosco quello che mi sta offrendo. L’altro giorno gli ho offerto io il caffè italiano e ce lo siamo preso seduti sul divano di vimini, con la curiosità del guardiano che ci guardava in questa configurazione inusuale: la <i>maman </i>con l'operaio.</div><div style="text-align: justify;">Mentre prediamo il caffè, condivido con Myr alcuni dubbi su come comportarmi in alcune situazioni qui. Tipo quando le persone non ti avvisano se c’è un problema, anche se ogni frase si conclude con "<i>pas de soucis, maman</i>". Tipo quando le persone non vengono dove abbiamo concordato e tu aspetti e poi qualcuno compare con tuttta calma e non proferisce parola. Tipo quando nessuno viene perché piove (e qui piove 8 mesi su 12). Chiedo per capire come incastrarmi in questo concetto di tempo diverso e soprattutto in questo gioco del silenzio. </div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Myr ascolta, tace, beve il caffè nella mia tazza preferita, quella color foresta e poi dice qualcosa, ma non lo capisco. E' come se anche lui stesse riflettendo insieme a me. Gli dico che non ho capito e lui mi dice che qui nessuno è di qui, quindi in sostanza, perché spiegare, dire, cambiare? Mi dice che Ouesso è una città di nessuno e di cui nessuno si appropria. Eccola quindi, la città di passaggio, cosmopolita, che non appartiene a nessuno, è Myr che me lo spiega. </div><div style="text-align: justify;">Così anche io devo premere reset e rivedere le aspettative e le logiche. </div><div style="text-align: justify;">Myr vede il kekogi di aikido appeso allo stendino e mi chiede se faccio karate. No, aikido, ma adesso andiamo a lavorare mentre ti racconto.</div><div style="text-align: justify;"><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-2y9VGrrW0vY/YXh3w9CvhwI/AAAAAAAADvs/m4njdqVrgGk1WERk1EpeAeh6BvhmOKU0wCLcBGAsYHQ/s2048/IMG_20211026_215748_151.jpg" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1533" data-original-width="2048" height="240" src="https://1.bp.blogspot.com/-2y9VGrrW0vY/YXh3w9CvhwI/AAAAAAAADvs/m4njdqVrgGk1WERk1EpeAeh6BvhmOKU0wCLcBGAsYHQ/s320/IMG_20211026_215748_151.jpg" width="320"></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">la "zed" rivisitata</td></tr></tbody></table>Myr finisce di montare gli scaffali. Fa scattare un paio di scintille sui chiodi e a lavoro finito mi chiede se mi piace la <i>zed</i> che mi ha costruito. Vorrei dirgli che la zeta non è fatta così, ma abbiamo parlato finora di immaginazione... </div><div style="text-align: justify;">Fa per pulirsi i pantaloni dalla polvere, solo che sulle ginocchia non ha alcun tessuto. Myr veste coi jeans strappati come i giovani trendy di Ouesso coi cappellini portati con la visiera dietro, il giubbino tarocco di Dior - non importa se ci sono 35 gradi - e le mutande che escono dalla vita bassa.</div><div style="text-align: justify;">Ci diamo appuntamento a lunedi per terminare con il mobile del bagno.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Dopo un’ora ricevo un messaggio. E’ Myr che mi invita a fare jogging domenica mattina lungo il fiume Ngoko. Dico ok.</div><div style="text-align: justify;">L'appuntamento è alle 6:30 del mattino, davanti al <i>poste de police</i>.</div><div style="text-align: justify;">Accetto, perché se mi immagino lì, so che poi mi piacerà.</div><div style="text-align: justify;"><br></div> <br><br> tsaramasohttp://www.blogger.com/profile/11119278458790218095noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-2883614440438564333.post-76826102293481330642021-09-08T12:11:00.000+02:002021-09-08T14:03:56.429+02:00A nord, ma anche a sud.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div><p>Una strana cosa.</p><div style="text-align: justify;">Prima ancora di arrivare qui, apprendo dal mio coordinatore che si avvicina la stagione umida, dovremo quindi proseguire con gli studi iniziati in stagione secca. Ci stiamo chiedendo quale sia la correlazione tra il consumo di carne selvatica e variabili come il livello di accesso alla risorsa in termini di costo e disponibilità, oppure quanto il consumo sia legato alle tradizioni locali, al potere nutritivo di questa carne etc. Tutto ciò potrebbe subire un cambiamento significativo tra una stagione e un'altra, motivo per il quale vanno esplorate entrambe.<br><br>In previsione delle piogge, nella valigia ci sono K-way, sacchetti stagni, pantaloni antipioggia, mantelle...<br> <br>Arrivata a Brazzaville trovo un cielo bianco coperto di nuvole e un’arietta fredda, che la sera costringe a mettere le maniche lunghe, benché di cotone.<br>Quando incontro il Direttore mi dice che sono fortunata perché questo è il momento migliore per visitare Brazzaville visto che, finalmente, è iniziata la stagione secca.<br> </div><div style="text-align: justify;">Ah! </div><div style="text-align: justify;">Entro un po’ in confusione, ma proseguo.<br><br> </div><div style="text-align: justify;">Quando arrivo a Ouesso il cielo resta bianco per tutto il percorso di 800 Km, l’umidità è a livelli altissimi e le temperature intorno ai 30 gradi. Poi piove. Ma piove-piove. Quella pioggia che dura ore, incessante e che bagna ogni volta i cuscini dei divanetti in vimini nella veranda della "casa con le colonne". Quella pioggia che ti fa sporcare e giocare, che ti fa cambiare strada e idea, chiudere i mercati, togliere i letti di legno dei carpentieri esposti davanti ai loro laboratori, la pioggia che allaga le grandi strade, anche se vedo senza troppi danni - pare infatti che abbiano da poco pulito gli scoli, per via del passaggio di qualche ministro.</div><div style="text-align: justify;"> </div><div style="text-align: justify;">Il primo giorno in ufficio lo passo col coordinatore. Dal video me lo aspettavo più piccolo di statura e mingherlino, invece è alto con le dita delle mani affusolate e gli occhi nerissimi. Restiamo qualche secondo in silenzio, entrambi con la mascherina, ma si vede che sotto c'è un sorriso. Non so se stringergli la mano, toccargli il gomito (abbracciarlo non se ne parla) o non fare niente e rimanere giusto impalata e vedere che fa lui. Lui porta avanti il suo pugno e capisco che potrò fare la stessa cosa pure io, arrivando a toccarci le dita. </div><div style="text-align: justify;">Nel suo ufficio ci sono 20 gradi, fuori 30, ma non posso fare subito la rompiballe con la mia intolleranza all'aria condizionata. Per fortuna usciamo presto da quella stanza per andare nel mio ufficio. Anche lì c’è un altro condizionatore, che poi è l’unica presenza oltre alla scrivania di legno tinta di giallo, che riprende - mi dice con soddisfazione il coordinatore - i colori del logo del nostro progetto. Per ora rimbomba tutto e c’è una luce a neon e presto arriverà una libreria. Torniamo nel suo ufficio. </div><div style="text-align: justify;">Comincia il <i>briefing</i>. In realtà saltiamo da un discorso all’altro toccando anche l’argomento lavoro, ma in maniera sciolta e confusionaria. Parla con molta calma e serenità. Ho l’impressione che sappia tutto del nord del Congo, pur essendo originario del sud del paese. Lo chiamano <i>Doc</i>, perché ha un dottorato, oppure <i>Coordò </i>perché è il coordinatore. Dice che dovranno chiamare <i>Doc </i>anche me, a me Daniela va benissimo, ma mi pare disdicevole replicare così e taccio. Avere un dottorato non è così ovvio qui. </div><div style="text-align: justify;">E’ a questo punto che gli chiedo se può abbassare la ventola di quel condizionatore che mi arriva dritto al collo. Lo spegne proprio. Troppo. Di lì a poco inizierà a sudare nella sua camicia a maniche lunghe.</div><div style="text-align: justify;"></div><div style="text-align: justify;">L’urgenza è finire certe analisi entro dicembre, ribadisce, per coprire una buona parte della stagione delle piogge appena iniziata. Va bene, sono pronta.<br></div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Jey è sotto la porta del nostro ufficio. Dice "Toc toc, Coordò", recitando a voce quindi il gesto di bussare alla porta. Scoprirò presto che qui si usa così, quando non c’è una porta da bussare. E’ la studentessa che seguirò, viene da Kinshasa e mi chiama Madame Daniela. Jey porta una evidente parrucca di capelli lisci color marrone chiaro. Sotto quella parrucca si vedono i riccioli neri tutti serrati in trecce attaccate al cuoio capelluto. Anche questo è così qui. Acconciarsi i capelli sembra una cosa molto importante nell'estetica della donna congolese. E infatti è difficile a volte riconoscere qualcuno che hai già incontrato proprio per questa grande rapidità con cui le donne cambiano colore di capelli. Portano grandi trecce colorate, lunghe extension libere o raccolte a <i>chignon </i>e dentro i turbanti in wax. I negozi per strada vendono lunghi capelli in sacchetti di plastica, presumibilmente roba cinese. Recentemente mi è stato chiesto come avessi fatto ad avere i capelli di due colori. Il fatto è che uno dei due era il bianco della ricrescita, che necessitava imperativamente di essere coperta e di cui mi vergognavo anche un po'. E invece quel bianco era piaciuto. Quel bianco naturale che d'altronde qui stupisce in una donna di 45 anni, troppo giovane perché i capelli bianchi e che pertanto è per forza posticcio.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><img border="0" height="320" src="https://lh3.googleusercontent.com/-gtVPUCON8Hw/YTdeF9OfqnI/AAAAAAAADtw/RslCkz8T-MQaXkHm2nxTsKXzYcBQVwWsACLcBGAsYHQ/w240-h320/1631018509495449-2.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;" width="240"></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Il bac per attraversare il fiume Sangha<br></td></tr></tbody></table>Jey non riesce a dire molto, sembra anche un po' emozionata all'idea di essere tutti insieme in quell'ufficio. Sbircio nella sua stanza, ha un piatto pieno di banane e arachidi. Mi viene in mente il mio collega Aristide che mi chiamava <i>la primitive</i> per il consumo smodato di banane che facevo a Tana. </div><div style="text-align: justify;"><a href="https://lh3.googleusercontent.com/-gtVPUCON8Hw/YTdeF9OfqnI/AAAAAAAADtw/RslCkz8T-MQaXkHm2nxTsKXzYcBQVwWsACLcBGAsYHQ/s1600/1631018509495449-2.png" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;">
</a>Siamo di nuovo io e il <i>Coordò</i>. Tra non molto andrà in ferie, e pertanto questo è un incontro e anche un arrivederci con passaggio di consegne. Il passaggio avverrà a Kabo, dove si fanno le attività di progetto e per andarci si attraversa il fiume Sangha.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-2XibnHBetf8/YTdeJAqkwcI/AAAAAAAADt8/pBH38H2dgTcrwkEXX37t5uhIzQaU8YyegCPcBGAYYCw/s1600/1631018520539675-1.png" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-2XibnHBetf8/YTdeJAqkwcI/AAAAAAAADt8/pBH38H2dgTcrwkEXX37t5uhIzQaU8YyegCPcBGAYYCw/s320/1631018520539675-1.png" width="240"></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">la strada per Kabo<br></td></tr></tbody></table>Kabo è ancora più a nord, di fronte al Camerun e più vicino alla Repubblica centroafricana. Il Sangha si attraversa con il <i>bac</i>, una chiatta a cui si attacca una pilotina che ti porta in 4 minuti dall’altra parte del fiume. Da lì si prende la via per Pokola, dove la foresta che si vede da Ouesso inizia a circondarti. Sono 3 ore di strada tutta sterrata, ma piatta e in buono stato. Più si avanza, più il verde domina sul rosso della strada argillosa. Lavoriamo a Kabo, Pokola, Makao, villaggi ai piedi della foresta che si sono popolati per la presenza di quella che qui si chiama la “concessione forestale”, vale a dire una compagnia cui il governo affida il compito di gestire la foresta. A Kabo mi portano subito a vedere il nostro ufficio, mi dicono “andiamo in Madagascar”. Non capisco. Poi scopro che lo chiamano così perché ha la forma di una palafitta senza essere sull’acqua. <br>A Kabo c’è il minimo indispensabile a volte neanche quello, così quando si parte da Ouesso è bene fare il carico di qualcosa che sia diverso da pane, sardine e <i>vache qui rit</i>. La sera si mangia nell’unica gargotte del luogo, è un’<i>épicerie </i>coi tavoli fuori e le grandi <i>marmittes</i> sul fuoco a legna. La gestisce la moglie di Bej, il nostro assistente. Pesce e manioca, ogni sera. E’ buono, il pesce cambia sempre, ma non sai quale sia, perché la luce sui tavoli non c’è e neanche sotto a quel gazebo dove si sente rumore di bottiglie di birra dei giovani Kabotiani.</div><div style="text-align: justify;"><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://lh3.googleusercontent.com/-zq8QvvWQRm8/YTdeMErOQzI/AAAAAAAADt4/F8qHkjUtP3shjStSiEO6yE_XYPxHCRNwACLcBGAsYHQ/s1600/1631018533415567-0.png" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="320" src="https://lh3.googleusercontent.com/-zq8QvvWQRm8/YTdeMErOQzI/AAAAAAAADt4/F8qHkjUtP3shjStSiEO6yE_XYPxHCRNwACLcBGAsYHQ/w240-h320/1631018533415567-0.png" width="240"></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">la cena a Kabo<br></td></tr></tbody></table>Kabo è un posto remoto, col cielo stellato che quasi ti schiaccia quando rientri a casa a buio o con la luna piena o con la torcia del telefono e Bej che ti fa da scorta, non perché è pericoloso, ma perché gli fa piacere venire con te. Per noi la casa è una stanza che la concessione forestale ci mette a disposizione. Al mattino la prima cosa che vedi è il Camerun al di là del fiume.</div><div style="text-align: justify;"></div><br><div style="text-align: justify;">Nell’ufficio del Doc fa caldo anche per me adesso, vorrei uscire per lasciarlo libero di riaccendere il suo condizionatore. Gli faccio l’ultima domanda però: “Mi spieghi come funzionano le stagioni in Congo? Sono confusa”.</div><div style="text-align: justify;"></div><div style="text-align: justify;">E’ importante saperlo, alla stagionalità è legato tutto: l’agricoltura, il livello di accessibilità a un luogo, la disponibilità di cibo, di corrente elettrica, acqua, internet…</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;"> </div><div style="text-align: justify;"> </div><div style="text-align: justify;">La risposta è semplice e sorprendente. Mi dice che qui a Ouesso siamo in stagione umida, come aveva sempre detto d’altronde. E così scopro che stando qui sono appena sopra l’equatore, mentre Brazzaville invece si trova sotto di esso. E il mistero è risolto, qui stagione delle piogge, lì stagione secca, per soli 800 Km due climi completamenti differenti. Non so spiegarlo, ma è emozionante, è quel senso di (bio)diversità che si averte sulla pelle, diventato un po’ moda, un po’ rarità.</div><div style="text-align: justify;"> </div><div style="text-align: justify;"> </div><div style="text-align: justify;"> </div><div style="text-align: justify;"> </div><div style="text-align: justify;"> </div><div style="text-align: justify;"> </div><div style="text-align: justify;"> </div><div style="text-align: justify;"> </div><div style="text-align: justify;"> </div><div style="text-align: justify;"> </div><div style="text-align: justify;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-AebDJ7u5Gic/YThlsB0C7yI/AAAAAAAADuE/8ws_keuphCMZLtkPV3Se3Q9pyTxr_kddACLcBGAsYHQ/s2048/IMG_20210807_135250_647.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="2048" data-original-width="2048" height="394" src="https://1.bp.blogspot.com/-AebDJ7u5Gic/YThlsB0C7yI/AAAAAAAADuE/8ws_keuphCMZLtkPV3Se3Q9pyTxr_kddACLcBGAsYHQ/w400-h394/IMG_20210807_135250_647.jpg" width="400"></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La pioggia a Ouesso</td></tr></tbody></table><div style="text-align: justify;"><br></div> </div>tsaramasohttp://www.blogger.com/profile/11119278458790218095noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2883614440438564333.post-55437563972455773102021-08-12T08:45:00.006+02:002021-08-12T21:12:48.655+02:00Ouesso, una nuova meta.<p><span style="font-family: courier;"><b>Ouesso, Agosto 2021</b></span></p><p></p><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-PglqUG1ymiM/YRLnSxC9ZGI/AAAAAAAADsY/hI7B8V1cWJglTpqZcW1HgIe94rccWwkdACLcBGAsYHQ/s982/ouesso-map2.jpg" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="793" data-original-width="982" height="258" src="https://1.bp.blogspot.com/-PglqUG1ymiM/YRLnSxC9ZGI/AAAAAAAADsY/hI7B8V1cWJglTpqZcW1HgIe94rccWwkdACLcBGAsYHQ/w320-h258/ouesso-map2.jpg" width="320"></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">I confini di Ouesso</td></tr></tbody></table><span style="text-align: justify;">Quando ho guardato dove si trovava Ouesso, ho inevitabilmente cercato appigli mentali per capire cosa potesse esserci di simile nella mia memoria tra i posti già visitati. Prima ho pensato al Marocco, tra le montagne dell’Atlas, poi sono finita a Morondava, la città nel secco arido dell’ovest del Madagascar, quella coi grandi baobab. Solo che a Ouesso non c’è il mare, ma un fiume. Il fiume Sangha. Sangha è anche il nome della Regione in cui Ouesso si trova. </span><p></p><p><span style="text-align: justify;">Mi trovo da meno di un mese nella Repubblica del Congo, il piccolo stato tra il vicino Congo Democratico, il vicino Camerun, il vicino Gabon e la vicina Repubblica Centro africana. Ouesso è ai confini.</span></p><p><span style="text-align: justify;"></span></p><div style="text-align: justify;">Sono qui per via del mio nuovo lavoro. Si tratta di coordinare un progetto che si occupa di conservazione della biodiversità e al tempo stesso di sicurezza alimentare, in un paese dove la caccia alla fauna selvatica è l’attività principale, per la sopravvivenza e per il commercio a livello nazionale. </div><div style="text-align: justify;">Come tsaramaso, proverò a scrivere di quello che c’è qui e anche di quello che non c’è e lo farò un po’ alla volta, perché ci vorrà tempo e credo che ne avrò. Scrivere mi aiuta a capire di solito. Non è una cosa che sono riuscita a fare quando ero in Madagascar alla fine, non attraverso il blog intendo. Credo che qui in Congo mi sarà più necessario. E’ la mia prima volta in Africa Centrale, la prima volta in Congo ed è anche la prima volta che la città in cui starò si trova molto a nord.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Cominciamo. Da dove scrivo? Da un gazebo di cemento che sta nel mezzo di un grande giardino della casa che la ONG ci ha messo a disposizione. Quella che si vede al di là della finestra del gazebo è una ravinala, che è "la palma del viaggiatore" ed è il simbolo del Madagascar. Quando me la sono vista davanti, appena ho messo piede in casa, ho pensato che non si è mai del tutto persi. Rifletto spesso sulle coincidenze, le interconnessioni, i simboli e non riesco a prescinderne. Questa è stata davvero forte. </div><div style="text-align: justify;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><img border="0" height="320" src="https://lh3.googleusercontent.com/-4Rc9sM7uAMM/YROWm-LNybI/AAAAAAAADsw/5mvb31ktaTE_H2yxM2PZ4RdGthS0icCSgCLcBGAsYHQ/w320-h320/1628673677282601-0.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;" title="la ravinala" width="320"></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La ravinala</td></tr></tbody></table>Dietro di me sento i passi del guardiano, che è incuriosito da me, che credo rappresento un po' la novità all'apparente noia. A quanto pare - e per fortuna - il livello di sicurezza del Paese è elevato. Abbiamo tre guardiani che si alternano. A volte vengono quelli dell'ufficio a dare il cambio e pare che ci sia un judoka tra di loro e questa è una cosa buona per un potenziale incontro con l'aikidoka. Vedremo.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Lo stile coloniale della casa è imponente: porticato, colonne e soffitti su cui si vede l’impegno estetico della mano del costruttore - o di chi gli ha dato le indicazioni - ma poi nella casa non c’è un muro dritto, un pavimento piano, una parete senza un buco. Mi piace, soprattutto il fatto che deve ancora essere completata, adattata, resa funzionale, in particolare la mia stanza, che per il momento ha solo un letto enorme e le pareti azzurre. In casa siamo in quattro: un’italiana, una franco-spagnola, FS e due inglesi, UK1 e UK2.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://lh3.googleusercontent.com/-Y9bEBzr7qDo/YROWjWDEiHI/AAAAAAAADss/tNy1PLFysS0gV3w8Mf_6IaUQp-K7Yh28QCLcBGAsYHQ/s1600/1628673655824905-1.png" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;">
<img border="0" height="219" src="https://lh3.googleusercontent.com/-Y9bEBzr7qDo/YROWjWDEiHI/AAAAAAAADss/tNy1PLFysS0gV3w8Mf_6IaUQp-K7Yh28QCLcBGAsYHQ/w164-h219/1628673655824905-1.png" width="164">
</a>
</div> Lavoriamo tutti per la stessa ONG, ma su cose diverse. I miei coinquilini sono qui da due anni circa. Mi presentano la casa con molto entusiasmo, soprattutto il forno per la pizza che hanno costruito. La città invece me la descrivono per quello che non offre.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Dicono che Ouesso sia una “città di passaggio”, grazie al fiume intorno al quale si è espansa e dicono che nessuna tradizione si sia veramente radicata qui. Bah, voglio continuare a pensare che ogni luogo abbia la sua storia, seppur di passaggio.</div><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-58LtYd9xlqs/YRPaRSXuucI/AAAAAAAADtE/3n4Q5Lh34rsCB8caEe4JGAyMxmixcg3WwCLcBGAsYHQ/s1620/IMG_20210724_160906_131%257E2.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="918" data-original-width="1620" height="181" src="https://1.bp.blogspot.com/-58LtYd9xlqs/YRPaRSXuucI/AAAAAAAADtE/3n4Q5Lh34rsCB8caEe4JGAyMxmixcg3WwCLcBGAsYHQ/s320/IMG_20210724_160906_131%257E2.jpg" width="320"></a></div><br>Sono pronta a scambiare e inizierò partendo da quello che ho per costruire una nuova dimensione qui, che spero possa anche allargarsi. Costruirò la mia camera oscura, il keikogi è già piegato con l’hakama in cima e il tamburello ha già fatto spaventare gli altri due abitanti della casa: Boto e Nola, due cani.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Di Ouesso per il momento conosco la strada che faccio tutte le mattine e che è molto breve: abito a 500 mt dai due uffici. Al mio ci si arriva andando sempre dritto, impossibile perdersi anche col mio senso dell'orientamento pessimo. In generale le strade a Ouesso sono larghe, asfaltate e lungo i bordi ci sono i baracchini di legno, le case, i posticini per mangiare e i negozi veri con le scritte disegnate. Io memorizzo quest'ultime per non perdermi. E poi ci sono i bambini, le donne, gli uomini che lavorano, giocano o semplicemente guardano. Nei 500 mt del mattino dico almeno 15 buongiorno a tutte queste persone. Poi ci sono i buongiorno per i passanti occasionali e la cosa bella, e nuova, è che qui al buongiorno rispondono con “merci”. Per il momento mi fermo a parlare solo con il proprietario di un ex ristoro, gli manca il frigo e non può tenere e quindi servire il cibo. Spesso lo incontro lungo la trada e ironicamente mi dice di "sgranchirsi le braccia", perché si è costruito tutto un sistema di pedalata di braccia mlto efficace sulla sua sedia a rotelle. Vorrebbe riaprire il suo ristorante e preparare del cibo con le anatre che sta allevando.</div><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div></div><div style="text-align: justify;"><a href="https://lh3.googleusercontent.com/-i0qq3mxhUcY/YROWZZplaII/AAAAAAAADsk/g9kmDAzyhyM813564WPuLoGxcVZ0wLmQACLcBGAsYHQ/s1600/1628673620921375-3.png" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;">
<img border="0" height="320" src="https://lh3.googleusercontent.com/-i0qq3mxhUcY/YROWZZplaII/AAAAAAAADsk/g9kmDAzyhyM813564WPuLoGxcVZ0wLmQACLcBGAsYHQ/w240-h320/1628673620921375-3.png" width="240">
</a>A proposito di sopravvivenza, a Ouesso sembra esserci tutto quello che serve, manca invece quello cui siamo abituati, ma che se non lo hai, vivi lo stesso. Potrei chiamarlo superfluo, ma non è proprio il termine giusto. La prima volta che sono andata in un supermercato non ho trovato niente di locale. Niente. Tutto arriva dal Camerun e dal Gabon e gli abitanti pagano il prezzo del viaggio in termini economici (equivalenti ai prezzi europei) e di qualità del prodotto. Quindi non è proprio il superfluo che manca. Qui lavorare la terra non sembra essere una tradizione radicata. Soprattutto qui a nord, dove tuttavia la terra umida della foresta equatoriale fa crescere solo manioca e poi ancora manioca, di cui con le foglie ci fai il pesce in umido, con il tubero ci fai il companatico. Se esageri, sono dolori...è il dissenten più efficace che ci sia.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">I supermercati e i piccoli alimentari sono di competenza dei mauritani. Bisogna solo ricordarselo il venerdì, che sono chiusi e avere pazienza se stanno pregando negli orari preposti. A Ouesso mi hanno introdotto ai vari Salem. Salem ha due piccoli supermercati, sul muro c’è scritto Salem1 e Salem2. Salem3 invece vende elettrodomestici e utensili. Un Salem ieri mi ha riconosciuto nel suo negozio (siamo meno di 10 espatriati in tutta Ouesso) era stato reclutato qualche pomeriggio fa dal fratello S3, quando cercavo una bilancia pesa alimenti. Ma è un superfluo e me la sono fatta arrivare da Brazzaville, la capitale, con una collega. Quel pomeriggio S3 aveva tutte le TV accese con le olimpiadi in mondovisione. Era il giorno del nostro oro della staffetta...Si sono complimentati a partire dalla coppa d'Europa, fino alle Olimpiadi e sono quei momenti in cui un po' ti emozioni.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Ouesso ha due mercati, uno grande e uno piccolo. UK1 mi ha portato a quello piccolo e mi ha detto di non scoraggiarmi. Temevo quella frase. Quando si entra in questi mercati di solito la separazione netta tra vegetale e animale è sempre evidente ed è su base visiva e olfattiva.</div><div style="text-align: justify;">Ci sono solo donne sedute dietro il proprio bancone. Ti chiamano per mostrarti la montagnetta di cipolla, aglio, patata, peperone, pomorodo, spezie, foglie verdi (non identificate) e i dadi da brodo Maggi. Alcuni hanno anche il pili pili, il peperoncino locale, altri una cosa che chiamano pistaches. Non sono i nostri pistacchi, ma neanche le arachidi, come li chiamano in Madagascar, sono semi di zucca che diventano una crema da mettere su qualche piatto locale.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Fatto lo slalom sulle pietre, per evitare di affondare nel fango, l’odore diventa più forte e anche le mosche, ma non vedo le scopette fatte con le strisce di sacchetti della monnezza per allontanarle, come ho visto in diversi mercati. Ci sono dei pezzi di carne non ben identificata, sono molto scuri. Poi spuntano zampe di ungulati e delle code. Cerco di andare veloce, ma non posso non guardare, sono qui e ci abiterò. Riconosco delle bocche aperte e degli occhi in posizione frontale, proprio come i nostri. Sono le scimmie e da qui inizia tutto.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Lavoriamo perché queste scimmie non finiscano più nei mercati, così come le antilopi e i potamoceri. Il problema non è l’obiettivo da raggiungere, ma il modo per farlo, che rispetti chi ci vive e l’ambiente circostante. Una grande sfida che non saremo né i primi né gli ultimi a lanciare.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Le donne mi invitano a fermarmi, so che dovrei farlo per educazione, ma quella vista mi disturba. Almeno stavolta me lo concedo, è la prima volta.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Quando prendiamo il taxi per rientrare, ha iniziato a piovere. Il taxi passa davanti al Bac dove ci si imbarca per andare oltre il fiume e UK1 mi indica “la corniche”, una lunga strada lungo il fiume con costruzioni abbandonate o comunque vuote e vecchie insegne di qualche ristorante. Poi riprendiamo la grande strada principale, quella col cinema. Ci fermiamo perché desidero fare una delle primissime foto a quell’azzurro intenso di un cinema che per il momento non ha mai funzionato.</div><div style="text-align: justify;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><img border="0" height="282" src="https://lh3.googleusercontent.com/-2ah50u4CJ9s/YROWVWpORqI/AAAAAAAADsg/RpIds0jTrR0NEXYUY2R17yVBp9wSKfWnACLcBGAsYHQ/w640-h282/1628673612686549-4.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;" width="640"></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Il cinema di Ouesso, inaugurato poco prima dell'inizio della pandemia</td></tr></tbody></table><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://lh3.googleusercontent.com/-2ah50u4CJ9s/YROWVWpORqI/AAAAAAAADsg/RpIds0jTrR0NEXYUY2R17yVBp9wSKfWnACLcBGAsYHQ/s1600/1628673612686549-4.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;">
</a>
</div><br></div><div style="text-align: justify;">Questo è, nell’attesa di altro.</div><div style="text-align: justify;"><br></div><div style="text-align: justify;">Ben arrivati con me a Ouesso.</div>tsaramasohttp://www.blogger.com/profile/11119278458790218095noreply@blogger.com12tag:blogger.com,1999:blog-2883614440438564333.post-85567655922870733082021-07-11T10:34:00.002+02:002021-07-11T10:48:00.751+02:00Peppe Voltarelli, planetario: ritrovarsi in uno dei tanti mondi del migrare<div style="text-align: justify;">Da Antananarivo a Suvereto, ritrovarsi in uno dei tanti mondi del migrare.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Peppe Voltarelli di migrazione ne parla sempre nelle sue canzoni e lo fa in maniera acuta, sottile, profonda lui che “entra di sicc’ e poi di chiattu”.</div><div style="text-align: justify;"><div style="text-align: justify;"><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-35qu2M5K9Q4/YOqp0qhMhlI/AAAAAAAADrA/3nuTbEaAnvImVUQ5IOilUq4J6WBtgPkqwCLcBGAsYHQ/s1080/FB_IMG_1625991482209.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1080" data-original-width="1080" height="168" src="https://1.bp.blogspot.com/-35qu2M5K9Q4/YOqp0qhMhlI/AAAAAAAADrA/3nuTbEaAnvImVUQ5IOilUq4J6WBtgPkqwCLcBGAsYHQ/w168-h168/FB_IMG_1625991482209.jpg" width="168" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Antananarivo, 2019</td></tr></tbody></table><div style="text-align: right;"><br /></div></div>Nel 2018 tenne un concerto all’IFM di Antananarivo, forse non sapeva di essere il primo cantautore italiano a tenere un concerto in Madagascar. Cantò nelle sue molteplici lingue, dall’italiano, al francese inventato ma soprattutto cantò nel suo dialetto della “costa jonica calabrese del nord”, come dice lui. Noi italiani eravamo tanti, ma solo due del sud e molti del nord, poi francesi, malgasci, tedeschi, inglesi. E lui arrivò dritto al petto di tutti senza limiti linguistici. Qualcuno chiedeva traduzioni “perché capisco che dice cose importanti, ma non comprendo”, allora ci lanciammo in salti mortali di traduzioni franco-calabro-italiane per far passare quelle sfumature che Peppe rivela nelle sue canzoni. Come si fa a spiegare “qui si campa d’aria” a una francese o a un malgascio senza cadere nel cliché che lui, invece, trasforma in poesia? Fu bello, vero, onesto, potente sentire quanta forza ha il sud dentro tutti quelli che lasciano una terra per un’altra.</div><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: right;"><br /></div></div><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; text-align: right;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-U81tYvqdYu8/YOqn__8orCI/AAAAAAAADqw/eWKvM-svQVEnJq-EgJV2A2UMHSowkQMRwCLcBGAsYHQ/s2048/IMG_20210707_220548.jpg" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="2048" data-original-width="1536" height="200" src="https://1.bp.blogspot.com/-U81tYvqdYu8/YOqn__8orCI/AAAAAAAADqw/eWKvM-svQVEnJq-EgJV2A2UMHSowkQMRwCLcBGAsYHQ/w150-h200/IMG_20210707_220548.jpg" width="150" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Suvereto, 2021</td></tr></tbody></table></div><div style="text-align: justify;">Il 7 luglio Peppe ha presentato a Suvereto il suo nuovo disco “Planetario” , nella rassegna salotto diVino. Una raccolta di contributi e storie di un lungo progetto che attraversa parte del pianeta con Silvio Rodríguez, Amancio Prada, Adriana Varela, Joan Manuel Serrat.</div></div><div style="text-align: justify;">Un altro ambiente, un altro contesto, siamo nella maremma toscana con calici di vino e buon cibo, turisti stranieri e italiani di passaggio in vacanza a san Vincenzo. Peppe ci ha portato di nuovo in giro, nei concerti della tanto desiderata America del nord per poi scendere in Argentina, passando dal Belgio, dall’Olanda e per finire nel sud Italia. Ci ha fatto incontrare i Calabresi migrati nel Bronx, ci ha fatto piacere le brutture di Ostenda, che a gennaio deve essere “talmente terribile che ne ritrovi la bellezza”. Poi, a fine serata, in pochi intimi ci ha portato dagli amici di famiglia residenti a Buenos Aires.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Siamo tutti un po’ <a href="https://youtu.be/cvATcFagi_U" target="_blank">Marinai</a>, e come tali abbiamo il compito di non fermarci nel nostro mondo, piccolo o grande che sia. Nel link la versione cantata al premio Tenco nel 2010, e nel video in basso la versione cantata ad Antananarivo con artisti malgasci.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Peppe, ci vediamo al prossimo porto, allora!</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='221' height='184' src='https://www.blogger.com/video.g?token=AD6v5dwcJ3bw3ukN8i8Fulxhj4fLxF2Qe641hNq4OvzIRGsGHZOo0B5gDqI6cV-3HUCqVITwFC_ZMJOqA9sigxjkPw' class='b-hbp-video b-uploaded' frameborder='0'></iframe></div></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Qualche link:</div><div style="text-align: justify;">Il sito di <a href="https://www.squilibri.it/catalogo/crinali/peppe-voltarelli-planetario.html" target="_blank">squilibri editore</a> dove trovate il disco Planetario</div><div style="text-align: justify;">Un video girato in <a href="https://www.youtube.com/watch?v=g0GYUix9exc" target="_blank">Madagascar</a></div>tsaramasohttp://www.blogger.com/profile/11119278458790218095noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2883614440438564333.post-68157578430023507962021-05-20T08:19:00.001+02:002021-05-20T17:30:07.776+02:00una settimana di autoscatti, edizione 2021<p> </p><div style="text-align: center;"><span style="font-family: helvetica; font-size: large;">E' online la mostra virtuale 2020-2021 del progetto</span></div><div style="text-align: center;"><i><span style="color: #2b00fe; font-family: courier;">link: </span></i><a href="https://sites.google.com/view/unasettimanadiautoscatti/home?authuser=0" style="color: #2b00fe; font-family: helvetica; font-size: x-large;">una settimana di autoscatti</a></div><div style="text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-GsIC5A2tHPA/YKUwypwQFLI/AAAAAAAADoE/Pn4m8ZL-LQ0boUKRRcqGjbHLLENVYTaewCLcBGAsYHQ/s3130/banner_giorni.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1004" data-original-width="3130" height="206" src="https://1.bp.blogspot.com/-GsIC5A2tHPA/YKUwypwQFLI/AAAAAAAADoE/Pn4m8ZL-LQ0boUKRRcqGjbHLLENVYTaewCLcBGAsYHQ/w640-h206/banner_giorni.jpg" width="640" /></a></div><br /><div style="text-align: center;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Una settimana di autoscatti è un progetto nato nel 2020, nel pieno del periodo del confinamento, a causa della pandemia da covid19.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Avevamo chiesto ad amici, parenti e conoscenti di giocare con noi per una settimana. La regola era di fare un autoscatto al giorno, seguendo 7 temi diversi. Per ogni giorno bisognava indossare un certo capo di abbigliamento e includere nello scatto uno specifico oggetto:</div><div style="text-align: justify;"><div><br /></div><div>Giorno 1: Camicia bianca + bicchiere e bottiglia</div><div>Giorno 2: Canottiera + libro</div><div>Giorno 3: Costume da bagno + occhiali da sole</div><div>Giorno 4: Maglia a righe + spazzolino e dentifricio</div><div>Giorno 5: Giacca invernale con cappuccio + quaderno e penna</div><div>Giorno 6: Camicia e giacca + macchina fotografica</div><div>Giorno 7: Giacca senza camicia + frutto</div></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">L’autoscatto avrebbe permesso di partecipare anche a chi fosse rimasto da solo a casa.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La prima edizione del 2020 è stata accolta con profondo entusiasmo da circa 30 partecipanti sparsi nel mondo, ma anche con qualche insulto…chiari segnali del disagio che stavamo vivendo.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Poi, a un anno di distanza, abbiamo pensato di riprovare a riproporre il progetto per vedere "cosa fosse successo" tra un anno e l'altro. </div><div style="text-align: justify;">La riflessione è nata dal sentirsi e vedersi in una situazione esterna apparentemente simile a quella dell’anno precedente, ma profondamente diversa per quel che riguardava noi, come/cosa eravamo e siamo diventati, come singoli e come comunità. </div><div style="text-align: justify;">Quindi, stesso identico progetto, ma un anno dopo. <br /></div><div style="text-align: justify;"><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-TQtmiKtE-0E/YKX8-Ap-TYI/AAAAAAAADo4/PCGiKyM4YCsNPsnpZ1AHdUu0WqiiTTbKQCLcBGAsYHQ/s2048/banner-2020-20217.jpg" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="2048" data-original-width="1536" height="200" src="https://1.bp.blogspot.com/-TQtmiKtE-0E/YKX8-Ap-TYI/AAAAAAAADo4/PCGiKyM4YCsNPsnpZ1AHdUu0WqiiTTbKQCLcBGAsYHQ/w150-h200/banner-2020-20217.jpg" width="150" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Jean Michel, Ile de la Réunion<br />2020-2021</span></td></tr></tbody></table><span style="text-align: justify;">In questa edizione 2021 alcuni sono tornati a partecipare (12), altri si sono inseriti come "nuovi partecipanti" (17). Si sono osservate interessanti reazioni : alcuni hanno rinunciato dall’inizio, altri hanno abbandonato in corso d'opera. Abbiamo sentito molto entusiasmo, ma anche molta fatica, una dominante comune in questo secondo anno di pandemia. Per molti non c’era tempo, per altri è mancata la motivazione, chi ha parlato di profondo calo di umore o addirittura di depressione, chi all'inizio era entusiasta di aderire e poi ha dimenticato di partecipare. </span><span style="text-align: justify;">Un compito in più, quindi, che affaticava invece di stimolare. Più che comprensibile. </span></div></div><div style="text-align: justify;"> </div><div style="text-align: justify;">Tra i partecipanti invece è successo che, se l'anno scorso la preoccupazione principale era dovuta alla difficoltà oggettiva di poter reperire degli oggetti o dei capi (perché davvero non si poteva uscire di casa) o al non sentirsi a proprio agio nell'indossare un costume (perché avevamo tutti preso peso); quest'anno si è avvertita molta più preoccupazione sul come comporre il set, quale scelta stilistica, quale soluzione - figa - trovare, "devo proprio esserci io nelle foto?"<br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-80lTSFnRKlI/YKX-4FAZJNI/AAAAAAAADpI/Qkr4omcywesvanYMM1niiLYo7PQ3npulQCLcBGAsYHQ/s2048/banner-2020-20216.jpg" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1540" data-original-width="2048" height="151" src="https://1.bp.blogspot.com/-80lTSFnRKlI/YKX-4FAZJNI/AAAAAAAADpI/Qkr4omcywesvanYMM1niiLYo7PQ3npulQCLcBGAsYHQ/w200-h151/banner-2020-20216.jpg" width="200" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Jan Willem e Inge, Apeldoorn<br />2020-2021</span></td></tr></tbody></table>Ogni partecipante alla fine ha trovato la sua strada espressiva, con un risultato davvero interessante, oltre che di alta qualità artistica. </div><div style="text-align: justify;">Chi ha giocato, ha giocato veramente, mostrando il proprio pensiero, il vissuto passato e attuale (per chi ha fatto le due edizioni, c'è una sezione appositamente dedicata sul sito). Chi ha scelto di farle tutte in esterno (perché si poteva!) chi si è diviso tra due citta (a causa della settimana spezzata dallo smartworking), chi ha rappresentato il "fittone dello yoga" maturato nel 2021, chi c'ha messo di mezzo la mascherina, chi si è imbattuto in editing interessanti di coppia tra i due anni.<br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">E’ stato un gioco davvero interessante, in cui non si vince e non si perde, ma si partecipa anche non partecipando...</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Per questo ringraziamo tutti quelli che hnno giocato con noi e anche quelli che ci hanno raccontato perché non lo hanno fatto. </div><div style="text-align: justify;">Alla prossima, chissà!</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-ZhDR8390uP0/YKU21JOCNXI/AAAAAAAADos/FkqPwZCV_zYPsRm00W8C8k9CQejBkn6TgCLcBGAsYHQ/s3072/blog.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1024" data-original-width="3072" height="214" src="https://1.bp.blogspot.com/-ZhDR8390uP0/YKU21JOCNXI/AAAAAAAADos/FkqPwZCV_zYPsRm00W8C8k9CQejBkn6TgCLcBGAsYHQ/w640-h214/blog.jpg" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">tema giorno 7: giacca senza camicia + frutto</td></tr></tbody></table><br /><span style="font-family: courier;"><br /><div><br /></div><div><br /></div><div><b>Gli autori:</b></div><div><br /></div><div class="separator" style="clear: both; font-weight: bold; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-2nmRHoKD_uw/YKUzGgmdNWI/AAAAAAAADoM/fMFWLWfmBQMe2RfrwbBsSBlkYt-3ufNfACLcBGAsYHQ/s626/DSC_0036_%2B%25281%2529.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="626" data-original-width="626" height="105" src="https://1.bp.blogspot.com/-2nmRHoKD_uw/YKUzGgmdNWI/AAAAAAAADoM/fMFWLWfmBQMe2RfrwbBsSBlkYt-3ufNfACLcBGAsYHQ/w105-h105/DSC_0036_%2B%25281%2529.jpg" width="105" /></a></div><br /><div style="text-align: justify;"><b style="font-weight: bold;">Michele Lischi:</b><b> </b>Dottore Forestale, Giornalista</div></span><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: courier;">Pubblicista,</span><span style="font-family: courier;">Istruttore Subacqueo , Fotografo, Velista, Campeggiatore.</span></div><div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: courier;"><a href="https://www.google.com/url?q=https%3A%2F%2Fenezvaz.wordpress.com%2F&sa=D&sntz=1&usg=AFQjCNG9F2LYMIuVPDlk7CRftUNhBtGecQ">Enez Vaz</a>, <b><span style="color: #ff00fe;">IG</span></b> <span class="aw5Odc" style="box-sizing: border-box; color: #006580; font-size: 12pt; font-variant-ligatures: none; text-decoration-line: underline; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"><a class="XqQF9c" href="https://www.google.com/url?q=https%3A%2F%2Fwww.instagram.com%2Fmic.lischi%2F&sa=D&sntz=1&usg=AFQjCNFal8ZDfGzp9OSqJNzC23LlbahD6w" style="box-sizing: border-box; outline: 0px; pointer-events: all; text-decoration-line: none;" target="_blank">mic.lischi</a></span><span style="box-sizing: border-box; color: #212121; font-size: 12pt; font-variant-ligatures: none; text-decoration-line: inherit; vertical-align: baseline; white-space: pre-wrap;"> </span></span></div><div><br /></div><div><h3 class="CDt4Ke zfr3Q OmQG5e" dir="ltr" id="h.eouj955sgvzv" style="border-color: initial; border-style: none; border-width: initial; box-sizing: border-box; line-height: 1.2; margin: 0px 0px 8pt; outline: none; padding: 0px; pointer-events: none; position: relative;" tabindex="-1"><div class="CjVfdc CJIdie" jsaction="touchstart:UrsOsc; click:KjsqPd; focusout:QZoaZ; mouseover:y0pDld; mouseout:dq0hvd;fv1Rjc:jbFSOd;CrfLRd:SzACGe;" jscontroller="Ae65rd" style="box-sizing: border-box; display: inline-block; max-width: 100%; pointer-events: all; position: relative;"><span style="box-sizing: border-box; vertical-align: baseline;"><div class="separator" style="clear: both; color: #212121; font-family: courier; font-size: 12pt; font-variant-ligatures: none; text-align: center; text-decoration-line: inherit; white-space: pre-wrap;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-1DyDUgHsxsQ/YKUzQpxmRCI/AAAAAAAADoQ/68pHcIEoyCgBbDTJozp0x9fHaZPtX69AACLcBGAsYHQ/s365/P1220433.JPG" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: justify;"><img border="0" data-original-height="365" data-original-width="365" height="103" src="https://1.bp.blogspot.com/-1DyDUgHsxsQ/YKUzQpxmRCI/AAAAAAAADoQ/68pHcIEoyCgBbDTJozp0x9fHaZPtX69AACLcBGAsYHQ/w103-h103/P1220433.JPG" width="103" /></a></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #212121; font-family: courier; font-size: 16px; font-variant-ligatures: none; white-space: pre-wrap;"><br /></span></div><span style="font-family: courier; font-size: 12pt; font-variant-ligatures: none; white-space: pre-wrap;"><div style="color: #212121; text-align: justify;"><span style="box-sizing: border-box; vertical-align: baseline;"><span style="font-size: 12pt;">Daniela Antonacci (</span></span><span style="box-sizing: border-box; font-size: 12pt; text-decoration-line: inherit; vertical-align: baseline;">Tsaramaso)</span><span style="box-sizing: border-box; font-size: 12pt; font-weight: normal; text-decoration-line: inherit; vertical-align: baseline;">:</span><span style="box-sizing: border-box; font-size: 12pt; font-weight: 400; text-decoration-line: inherit; vertical-align: baseline;"><span style="font-family: courier;"> - biologa - primatologa, esperta di comportamento sociale dei primati e appassionata di fotografia analogica e digitale. </span></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="box-sizing: border-box; font-size: 12pt; text-decoration-line: inherit; vertical-align: baseline;"><span style="font-family: courier;"><span style="color: #ff00fe;">IG</span><span style="color: #212121; font-weight: 400;"> </span></span></span><span class="aw5Odc" style="box-sizing: border-box; color: #006580; font-size: 12pt; font-weight: 400; text-decoration-line: underline; vertical-align: baseline;"><a class="XqQF9c" href="https://www.google.com/url?q=https%3A%2F%2Fwww.instagram.com%2Ftsaramaso_be%2F&sa=D&sntz=1&usg=AFQjCNHysriIKK39XY3VolLPmt-uzN3JZQ" style="box-sizing: border-box; pointer-events: all; text-decoration-line: none;" target="_blank">tsaramaso_be</a></span><span style="box-sizing: border-box; color: #212121; font-size: 12pt; font-weight: 400; text-decoration-line: inherit; vertical-align: baseline;"> </span></div></span></span></div></h3></div></div><div><div class="CjVfdc CJIdie" jsaction="touchstart:UrsOsc; click:KjsqPd; focusout:QZoaZ; mouseover:y0pDld; mouseout:dq0hvd;fv1Rjc:jbFSOd;CrfLRd:SzACGe;" jscontroller="Ae65rd" style="box-sizing: border-box; display: inline-block; max-width: 100%; pointer-events: all; position: relative;"><span style="font-family: courier;"><span style="box-sizing: border-box; font-size: 12pt; font-weight: 400; vertical-align: baseline;"><br /></span></span></div></div><div><div class="CjVfdc CJIdie" jsaction="touchstart:UrsOsc; click:KjsqPd; focusout:QZoaZ; mouseover:y0pDld; mouseout:dq0hvd;fv1Rjc:jbFSOd;CrfLRd:SzACGe;" jscontroller="Ae65rd" style="box-sizing: border-box; display: inline-block; max-width: 100%; pointer-events: all; position: relative;"><span style="font-family: courier;"><span style="box-sizing: border-box; font-size: 12pt; font-weight: 400; vertical-align: baseline;"><br /></span></span></div></div>tsaramasohttp://www.blogger.com/profile/11119278458790218095noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-2883614440438564333.post-18089490531137571582021-03-31T20:09:00.000+02:002021-03-31T20:09:58.081+02:00Un omaggio a primavera.<div style="text-align: justify;">Domenica scorsa è stato il primo vero giorno di primavera qui a Marina di Pisa, nonché l’ultimo giorno da arancioni prima di diventare rossi. Lo so che non se ne può più di queste frasi.</div><div style="text-align: justify;">Così una passeggiatina in pineta ci stava bene.</div><div><div style="text-align: justify;">Avevo un tesoro in mano: l’ultimo pacco della <span style="color: #674ea7;"><i>FP-100C silk</i></span>, la pellicola istantanea della Fuji che va bene per le vecchie camera Land della Polaroid.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La pineta di Marina di Pisa è quella della pioggia nel pineto di D’Annunzio. Non tutti lo sanno, ma fa effetto saperlo. </div><div style="text-align: justify;">A me invece quella pineta restituisce l’immagine della selva oscura di Dante, così come me l’ero immaginata al liceo, con i suoi accessi fitti di vegetazione e chiome alte dei pini che si inerpicano e accomodano a formare una muraglia. Non si capisce quanto potrà essere profonda, buia, penetrabile. Una volta che ci entri poi è semplicemente una pineta, come molte altre: giochi di ombra e luce, pino, lentisco, cisto, corbezzolo, erica, euforbia, tronchi a pezzi, qualche casetta diroccata, un ponticello, qualcuno che passeggia col cane, in bicicletta, chi corre fino a Tirrenia e a terra le plastiche delle patatine e le carte igieniche dei bisogni impellenti e poi il silenzio, perché sono tutti sul lungomare a godersi la vista.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="text-align: justify;"><br /></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="text-align: justify;"><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-BsqjgikijTk/YGS5Fr-nNXI/AAAAAAAADms/uS5cwMOxEcYxM5EiPY5N1TBXCZg__d_WgCLcBGAsYHQ/s2048/IMG_20210328_121615.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1536" data-original-width="2048" height="165" src="https://1.bp.blogspot.com/-BsqjgikijTk/YGS5Fr-nNXI/AAAAAAAADms/uS5cwMOxEcYxM5EiPY5N1TBXCZg__d_WgCLcBGAsYHQ/w220-h165/IMG_20210328_121615.jpg" width="220" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><div>Polaroid Camera Land 210 </div><div>Pellicola istantanea fuji FP-100C silk</div></td></tr></tbody></table>Bene, bisognava onorare questo momento e inventarsi qualcosa con la nostra </span><a href="https://en.wikipedia.org/wiki/Land_Camera" style="text-align: justify;" target="_blank">Land camera</a><span style="text-align: justify;">.</span></div><div style="text-align: justify;">Land è il cognome di Edwin Land, lo scienziato che le inventò e poi co-fondò la Polaroid Corporation. La mia è una Land 210, comprata qualche anno fa a 20 euro su ebay e modificata per far funzionare l’esposimetro. In caso, <a href=" http://www.coagula.org/albedo/come-usare-batterie-standard-nelle-vecchie-macchine-polaroid/" target="_blank">QUI </a>è spiegato come si fa. Purtroppo però al momento la fuji ha smesso di produrre queste pellicole, bellissime sia a colori sia in bianco e nero, ed è un vero peccato.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Arrivati in pineta, ci siamo dati il compito di penetrare in questo ambiente e fermare come siamo e come stiamo oggi.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: center;"><i><b>Siamo vivi e temporaneamente uccisi.</b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b><br /></b></i></div><div style="text-align: center;"><i><b>Siamo presenti alla natura e siamo assenti a noi stessi.</b></i></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-0b8s4Z2uEYA/YGS1AoKHOdI/AAAAAAAADmI/V7ugKnB5W3cAg7G6SonLGUIAg02wOOM5ACLcBGAsYHQ/s1600/21_pineta_pola001.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1281" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-0b8s4Z2uEYA/YGS1AoKHOdI/AAAAAAAADmI/V7ugKnB5W3cAg7G6SonLGUIAg02wOOM5ACLcBGAsYHQ/s320/21_pineta_pola001.jpg" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-h3R-3QEddpw/YGS1Aai35eI/AAAAAAAADmA/KdP5H2xGkBs0nd1H9lZ2AqJF7T7JTXeXwCLcBGAsYHQ/s1600/21_pineta_pola002.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1295" data-original-width="1600" src="https://1.bp.blogspot.com/-h3R-3QEddpw/YGS1Aai35eI/AAAAAAAADmA/KdP5H2xGkBs0nd1H9lZ2AqJF7T7JTXeXwCLcBGAsYHQ/s320/21_pineta_pola002.jpg" width="320" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-reu85-8EF2M/YGS1AaxPCgI/AAAAAAAADmE/2vnmrMXpDKUbU8h1BXUR00930765I5R-QCLcBGAsYHQ/s1600/21_pineta_pola003.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1295" data-original-width="1600" src="https://1.bp.blogspot.com/-reu85-8EF2M/YGS1AaxPCgI/AAAAAAAADmE/2vnmrMXpDKUbU8h1BXUR00930765I5R-QCLcBGAsYHQ/s320/21_pineta_pola003.jpg" width="320" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-byEhdvpyAa8/YGS1BjkUDqI/AAAAAAAADmU/RH-r0eFE-s4gb2eNJxZPUUp07ECDrtlMQCLcBGAsYHQ/s1600/21_pineta_pola006.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1280" data-original-width="1600" src="https://1.bp.blogspot.com/-byEhdvpyAa8/YGS1BjkUDqI/AAAAAAAADmU/RH-r0eFE-s4gb2eNJxZPUUp07ECDrtlMQCLcBGAsYHQ/s320/21_pineta_pola006.jpg" width="320" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-29Qp38BQicc/YGS1CBHCmGI/AAAAAAAADmY/2rhIBNhouucw-CZYcsrRGfNgZ1QbHIXqACPcBGAYYCw/s1600/21_pineta_pola007.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1264" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-29Qp38BQicc/YGS1CBHCmGI/AAAAAAAADmY/2rhIBNhouucw-CZYcsrRGfNgZ1QbHIXqACPcBGAYYCw/s320/21_pineta_pola007.jpg" /></a></div><br /><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-MbSp1L7m_TU/YGS1Bu7_wsI/AAAAAAAADmQ/A6dvGUrELpAMlAXeo97h1gOopq9eFJCJwCPcBGAYYCw/s1600/21_pineta_pola005.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1265" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-MbSp1L7m_TU/YGS1Bu7_wsI/AAAAAAAADmQ/A6dvGUrELpAMlAXeo97h1gOopq9eFJCJwCPcBGAYYCw/s320/21_pineta_pola005.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption"><div style="text-align: center;"><br /></div></td></tr></tbody></table><br /><div style="text-align: justify;">Gli scatti e le idee sono anche di <a href="https://enezvaz.wordpress.com/" target="_blank">Michele Lischi</a>.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><p></p></div>tsaramasohttp://www.blogger.com/profile/11119278458790218095noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2883614440438564333.post-67600079546255320282021-03-20T19:04:00.002+02:002021-03-21T14:54:44.401+02:00365 dopo: moramora, sennò come?<p> </p>Oggi, un anno fa. <br /><br /><div style="text-align: justify;">Era deciso, bisognava lasciare il paese per l’emergenza covid, di cui in Madagascar si sentiva solo parlare attraverso gli echi dell’Europa. Era solo l’inizio.</div><div style="text-align: justify;">C’era posto sull’aereo del 19 marzo, uno dei 4 posti rimasti sulla tratta Tana - Addis Abeba - Roma.</div><div style="text-align: justify;">Il problema era smontare casa, impacchettare un anno e mezzo di cose e relazioni cercando di dare un ordine ad un affanno che era impossibile da domare. Questa era la vera difficoltà logistica ed emotiva. Così la guerra tra la corteccia prefrontale e l’amigdala incalzava.</div><br /><div style="text-align: justify;">Cominciai il viaggio di rientro il 17 marzo, quando acquistai il biglietto e lo finii oggi 20 marzo, quando misi piede a Roma.</div><br /><div style="text-align: justify;">Durante il tragitto si andava concretizzando man mano l’idea del pericolo della pandemia. Più si volava, più mi accorgevo dei volti tesi e spaesati. In aeroporto avevo incontrato gli ultimi turisti europei e americani rimasti in Madagascar per staccare dal disastro già iniziato a ovest. Qualcuno ci era venuto apposta.</div><br /><div style="text-align: justify;">In fila al check in davanti a me ricordo le 2 <i>peace corp</i> che lavoravano a sud dell’isola, uno dei sud più dimenticati del mondo. A loro era stato ordinato dal quartier generale di partire. Le due americane erano spaesate, piangevano per motivi che a Ivato sono normali e frequenti: la valigia troppo pesante, la calca delle persone al desk... Riuscivano solo a dire che sarebbe stato meglio rimanere in <i>the middle of no where.</i></div><div style="text-align: justify;">Quello sguardo di stupore e paura, a un anno di distanza lo ritrovo ancora oggi sui canali TV, sui social, per strada…</div><br /><div style="text-align: justify;">Io aspettavo paziente il mio turno nella calca e nell’ansia di tutti di questa fuga improvvisa, anche della mia. Il grosso era fatto: avevo inscatolato 15 pacchi, distribuito roba e salutato Fanja, Florence, Roland, Tahina, Bazou, Ravaka, Dimby, Aristide, Vohang i colleghi e avevo fatto "ciao ciao" alla città dal finestrino dal pickup una volta arrivata in aeroporto con Nono. Ora si trattava di raggiungere il controllo passporti per l’ultimo "<i>Je vous souhaite un</i> <i>bon voyage, Monsieur"</i>. Dovevo stare talmente concentrata e capire quale fila seguire, che non riuscivo a sentire la sofferenza del distacco da tutto quello che lasciavo. </div><div style="text-align: justify;">A un anno di distanza, quella sensazione di gestione del distacco la ritrovo, necessaria incombente, seppur sotto altre forme. E’ come se oggi non ci si possa permettere di avere la stessa paura di prima, la paura di una “fila che spinge”, ma dobbiamo capire come stare in fila senza che questa ci mangi.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">A volte sorridevo a chi spingeva, con la mia solita strategia di rispondere ad un approccio aggressivo con uno volto alla complicità. Era la prima volta in cui mi accorsi di cosa volesse dire escludere le espressioni facciali dalla comunicazione, a causa della mascherina. </div><div style="text-align: justify;">Dopo un anno forse stiamo capendo che, accettare quella che giudichiamo follia altrui, ci farebbe vivere meglio (per poi capire che follia non è, ma diversità). Inoltre, dopo un anno di chirurgiche alla bocca adesso penso liberamente ad alta voce, tutte le volte che mi viene. Sarà bello vedere cosa succederà quando toglieremo la mascherina. Potrei andare in giro con un registratore.</div><br /><div style="text-align: justify;">Ho fatto il viaggio accanto ad un tipo di Torino. Tra me e lui c’era un posto vuoto. Ci siamo parlati guardando davanti a noi per evitare di infettarci, lui veniva dal Kenya. Non sapevamo nulla di come comportarsi, ad esempio io avevo la mascherina sbagliata (quella con la valvola). A Roma ha sorvegliato i miei bagagli mentre prenotavo la macchina a noleggio per andare a Pisa e ci siamo detti buona fortuna. Un incontro come molti altri fatti nei lunghi voli: qualcuno di cui non sai il nome o lo dimentichi e di cui resterà un ricordo piacevole (o spiacevole). Questo non cambierà mai negli anni, credo. Basta avere pazienza.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div> <div style="text-align: justify;">A Roma c’era del nervosismo locale “te devi allontanà!” L’autostrada era vuota. Viaggiavo coi guanti e i disinfettanti a portata di mano, come mi avevano detto.</div><div style="text-align: justify;">E più mi avvicinavo a casa e più pensavo al fatto che avevo fatto bene a lasciare alcuni pacchi in ufficio con alcuni effetti personali e il materiale per la camera oscura, vedi mai un giorno dovessi ritornare.</div><div style="text-align: justify;">A 365 giorni di distanza mi dicono che quei pacchi sono ancora lì ad aspettarmi “Moramora, Danielà”.</div><div style="text-align: justify;">A un anno di distanza ho capito finalmente la necessità del <i>moramora</i>.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='545' height='454' src='https://www.blogger.com/video.g?token=AD6v5dzEHD0h3ixLneM_UMcCI_ni7C28jyA-PXoF1edpOJAYzFoCSwxyM5LMhzUl8ZKNYhc-Nwr7DarkCxGR0magow' class='b-hbp-video b-uploaded' frameborder='0'></iframe></div><br /><div style="text-align: center;"><span style="color: #38761d;">Gli scatti sono stati realizzati con Nikon FM2 e Yashika Mat 124</span></div>tsaramasohttp://www.blogger.com/profile/11119278458790218095noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-2883614440438564333.post-41791834917076848812021-02-18T10:52:00.001+02:002021-02-18T20:13:32.391+02:00Ritratti di un'estate particolare<p style="text-align: left;">Dall'album "<a href="https://www.lomography.com/homes/tsaramaso/albums/2366616-being-behind-being-in-front" target="_blank">being behind, being in front</a>", qualche sguardo fotografato nel 2020. </p><p style="text-align: left;">Era estate, durante la fuga verso il sud Italia. Grazie a chi ha posato alla giusta distanza dalla Mamiya C3.</p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-nXPim3OMbTw/YC4i4AtD3XI/AAAAAAAADjc/0qgFSqzjBGUVUjeAQE_PKdrD3T7wDKNfACLcBGAsYHQ/s1600/20_Estate_Mamya05_010_2.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1292" data-original-width="1600" src="https://1.bp.blogspot.com/-nXPim3OMbTw/YC4i4AtD3XI/AAAAAAAADjc/0qgFSqzjBGUVUjeAQE_PKdrD3T7wDKNfACLcBGAsYHQ/s320/20_Estate_Mamya05_010_2.jpg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Marco e Ola, la Torretta, Mesagne - BR</td></tr></tbody></table><br /><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-F3De90zvRaU/YC4i_U46mqI/AAAAAAAADjg/jSC856euhdQRP0Im8d2BhItwlCQgnk7qwCLcBGAsYHQ/s1600/20_mamya_estate012.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1598" data-original-width="1600" src="https://1.bp.blogspot.com/-F3De90zvRaU/YC4i_U46mqI/AAAAAAAADjg/jSC856euhdQRP0Im8d2BhItwlCQgnk7qwCLcBGAsYHQ/s320/20_mamya_estate012.jpg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Mariangela, Matera</td></tr></tbody></table><br /><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-5DEDmiVuQdY/YC4jYNrypnI/AAAAAAAADjs/Mso6BU-tel0ka5UwsYEPxDuGF-MWKHYDwCLcBGAsYHQ/s2048/20_mamya_estate008.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="2048" data-original-width="2046" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-5DEDmiVuQdY/YC4jYNrypnI/AAAAAAAADjs/Mso6BU-tel0ka5UwsYEPxDuGF-MWKHYDwCLcBGAsYHQ/s320/20_mamya_estate008.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Pietro, la Torretta, Mesagne - BR</td></tr></tbody></table><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-4lXSxwLbWLc/YC4mddUQKlI/AAAAAAAADkQ/jJZ_C-MEjqoEW0iNiVqs7xvlSItXdvgigCLcBGAsYHQ/s1600/20_mamya_estate006.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1599" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-4lXSxwLbWLc/YC4mddUQKlI/AAAAAAAADkQ/jJZ_C-MEjqoEW0iNiVqs7xvlSItXdvgigCLcBGAsYHQ/s320/20_mamya_estate006.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Silvia, la Torretta, Mesagne - BR</td></tr></tbody></table><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-dYtOysA-If4/YC4mqPGUxdI/AAAAAAAADkU/wBGo4GY1HsgHBaauaVz8REaAYTXs0jSQwCLcBGAsYHQ/s1600/20_Estate_Mamya03_003.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1551" data-original-width="1600" src="https://1.bp.blogspot.com/-dYtOysA-If4/YC4mqPGUxdI/AAAAAAAADkU/wBGo4GY1HsgHBaauaVz8REaAYTXs0jSQwCLcBGAsYHQ/s320/20_Estate_Mamya03_003.jpg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Carlo, Mesagne - BR</td></tr></tbody></table><br /><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-nvUc775NFRU/YC4nD4FNgrI/AAAAAAAADkg/mys-O7jPThMKWI03I9TZgB89M_A6eAXQACLcBGAsYHQ/s2048/20_estate_mamya06_001.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="2048" data-original-width="1961" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-nvUc775NFRU/YC4nD4FNgrI/AAAAAAAADkg/mys-O7jPThMKWI03I9TZgB89M_A6eAXQACLcBGAsYHQ/s320/20_estate_mamya06_001.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Giuseppe, Leverano - LE</td></tr></tbody></table><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: courier;"><br /></span></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-B74hrSC-Y0k/YC4p-Cpjq6I/AAAAAAAADks/O4WvEgJiDi48TpqojbOlyIH9zYyeNcv3gCPcBGAYYCw/s2048/20_estate_Mamy_07_011.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="2048" data-original-width="2000" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-B74hrSC-Y0k/YC4p-Cpjq6I/AAAAAAAADks/O4WvEgJiDi48TpqojbOlyIH9zYyeNcv3gCPcBGAYYCw/s320/20_estate_Mamy_07_011.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Michele, Marina di Pisa - PI</td></tr></tbody></table><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: courier;"><br /></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: courier;">Mamiya C3</span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: courier;">Kodak 400 TriX</span></div><div><br /></div><div>L'album completo si trova <a href="https://www.lomography.com/homes/tsaramaso/albums/2366616-being-behind-being-in-front" target="_blank">qui</a>: </div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><br />tsaramasohttp://www.blogger.com/profile/11119278458790218095noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2883614440438564333.post-19503788149571254132020-11-23T11:28:00.007+02:002020-11-24T11:38:09.973+02:00Quel 23 novembre 1980: quando la terra tremò in Irpinia e noi lo sentimmo.<br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-TISCg8PQupE/X7uAjZeN8CI/AAAAAAAADhI/4WJ9Y976Vw8NxmXfm3Qh1amau66eANSVgCLcBGAsYHQ/s2048/matera003.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1348" data-original-width="2048" height="264" src="https://1.bp.blogspot.com/-TISCg8PQupE/X7uAjZeN8CI/AAAAAAAADhI/4WJ9Y976Vw8NxmXfm3Qh1amau66eANSVgCLcBGAsYHQ/w400-h264/matera003.jpg" width="400" /></a></div><br /><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Il ricordo di papà.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><i>Noi, all’epoca, abitavamo a Matera nella Caserma della Polizia nell’alloggio di servizio del 3° piano. Era domenica: io ero seduto in salone a guardare le partite di calcio; Laura, 6 anni, giocava a fare l’indossatrice e aveva indossato un abito di mamma che le stava molto grande; Daniela, 4 anni, era in cucina insieme alla mamma. </i></div><p style="text-align: justify;"><i>All’improvviso si sentirono tremare il pavimento e i vetri delle finestre. I candelabri oscillavano paurosamente e alcuni oggetti posti sui mobili cadevano a terra; allora, presi dalla paura, decidemmo di uscire da casa per recarci in un posto più sicuro. Mentre inziavamo a scendere le scale, mi resi conto che Laura non era in grado di muoversi perché inciampava nella veste che aveva indossato, molto grande, e Daniela si era bloccata alla prima rampa. D’impeto presi in braccio entrambe le bimbe e scesi le scale con molta difficoltà perché le scosse di terremoto ci sballottavano tra la ringhiera e il muro ed era andata via la luce. </i><i>La mamma scendeva dietro a tutti. </i></p><div style="text-align: justify;"><i>Giunti, finalmente, al pianterreno, ci portammo nel cortile della caserma, all’aperto, e ci posizionammo lontani dall’edificio per ripararci da eventuali crolli. </i></div><p style="text-align: justify;"><i>Subito dopo iniziarono a giungere alcuni abitanti del vicinato urlando e piangendo. Il cortile era illuminato dalle lampade del gruppo elettrogeno e sui nostri volti era evidente la paura, il terrore! Infine, decidemmo di allontanarci da lì e ci portammo in macchina a casa di Gianni che abitava in una villetta a piano terra in periferia dove non si temevano crolli. </i></p><p style="text-align: justify;"><i>Lì fummo ospitati tutta la notte sino al giorno successivo la mamma con le figliole, mentre io ritornai in Questura da dove giustamente i poliziotti di servizio si erano allontanati per recarsi presso le proprie abitazioni. Solo il piantone e il centralinista erano rimasti al loro posto. Il questore, sessantaquattrenne, si era rifugiato nel suo alloggio con la moglie. Li trovai seduti l’uno affianco all’altro e terrorizzati non riuscivano a parlare. Li convinsi ad uscire e a portarsi nel cortile della caserma. </i></p><p style="text-align: justify;"><i>Le comunicazioni telefoniche erano interrotte e ciò rese difficoltoso avere notizie in merito al terremoto e all’epicentro. A questo punto feci intervenire il personale radiotelegrafista che, a bordo di un automezzo attrezzato con apparecchiature ricetrasmittenti, riuscì a mettersi in contatto con la Prefettura di Potenza da cui giunsero notizie terrificanti che furono approfondite nei giorni seguenti. Il mio collega della Polizia Stradale, con le sue pattuglie si spostò in direzione di Potenza dove c’era bisogno di soccorso urgente e, mentre si dirigeva in quelle località, comunicava via radio il disastro e le vittime provocati dal sisma. Nei giorni successivi anch’io fui mandato a Potenza per concorrere alle operazioni di soccorso.</i></p><div style="text-align: justify;"><i>«Non vi sono stati i soccorsi immediati che avrebbero dovuto esserci, perché in quel tempo non esisteva la Protezione Civile. Ancora dalle macerie si levavano gemiti, grida di disperazione di sepolti vivi» (il Presidente della Repubblica, Sandro Pertini)</i></div><div style="text-align: justify;"><i><br /></i></div><div style="text-align: justify;"><i>Il resto è storia.</i></div><div style="text-align: justify;"><i><br /></i></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #0b5394;">Alle 19:34 oggi restermo tutti in silenzio per un minuto.</span></div>tsaramasohttp://www.blogger.com/profile/11119278458790218095noreply@blogger.com4