A tutto Est: in Giappone

30 lug 2014

18/6 - 05/7 2014: appunti dalla Palestina - 03


Gerusalemme, 4 luglio 2014

Il mio stomaco sta bruciando, si sta espandendo, sento rimbombare l’aria, il respiro. Oggi li ho visti e sentiti. In terrazza con voi e la giornalista e sua figlia. Noi intorno ad un tavolo con la cena preparata da Fef'. Io avevo già mangiato, era il giorno del semi-colloquio di lavoro. Voi mangiavate e cercavo di avere fame per impegnare il corpo, visto che la testa aveva le biglie dentro. Però fame no, neanche un po’. 

Avevo mangiato con Ad per quella chiacchierata a cercare di capire se qui me ne posso venire a vivere per un po’ e starci.
Appuntamento alle 19:00 a porta Damasco, mi lasciate vicino il Jerusalem Hotel, è presto c’è un po' di tempo prima dell’iftar e finalmente io ci sono qui a quest’ora; che in questi giorni dicevano di evitare di venirci. Il cannone non ha ancora sparato, ma il sole sta andando giù e fuori è tutto arancione. Le mura di porta Damasco sono di quella pietra che sicuramente un salentino direbbe “ma è come a Lecce!” Nella piazza davanti alla porta c’è una scalinata e i banchini si preparano. Tra poco chi potrà mangiare lo farà e lo farà in strada, all’aperto, nonostante tutto. Io mi stupisco perché immaginavo che si facessero delle gran tavolate in casa.

“Macché, si sono viziati questi. Però, i dolci con il formaggio dentro sono buonissimi, possibile che non li conosci?” 
“No, mai provati!”

Sono quasi le 19:00 e io faccio qualche scatto in bianco e nero con la contaflex. Non ce la faccio, le cose che accadono sono troppe in questi minuti e non faccio che girare la testa ovunque.
Entrano le persone in città vecchia, attraversano la porta di Damasco.
Escono le persone dalla città vecchia, attraversano la porta di Damasco.
Arrivano i militari israeliani verso la città vecchia, si allineano davanti alla porta di Damasco.
Io resto sulla scalinata e respiro i profumi della carne arrostita e del pane caldo, poi le bancarelle con le mutande da uomo e i fiori finti, mentre mi sento in mezzo: tra l’inizio della festa e l’inizio della guerra. 

Sono le 19:00 e acchiappo il telefono, chi dovevo incontrare mi chiede se ho una maglia rossa e allora abbasso la testa e lui è lì. Piacere, piacere e passiamo attraverso la porta di Damasco, mi ritrovo a camminare velocemente per la città vecchia, ci dirigiamo in 4 spediti verso chissà dove. D’un tratto siamo in 4 e io non me ne sono accorta. Una Lei molto bella ci porta dritti nel quartiere armeno, un Lui molto buffo ci dice che è colombiano, cresciuto in Francia e col nome russo. La signora del negozietto ci dà delle birre, così tutti comprano la Taybeh e io prendo la Mythos. Ho conosciuto il Sig Taybeh e non mi è piaciuto proprio, invece la greca Mythos ormai rappresenta il sapore di questa Gerusalemme 2014. Poi ognuno prende noccioline, pistacchi, patatine e di nuovo destra, sinistra, dritto, vicoletto, siamo dentro dove tutto sta chiudendo e si scivola coi sandali sulle chianche bagnate; rifiuti ovunque e odori di carne, piscio, acque, spezie, sudori. Fuori! Fuori dalla città vecchia all’iftar, fuori a mangiare, bere, sparare, lanciare le pietre, incontrare e nascondere, poi pregare e a volte anche soltanto stare, come i ragazzi della scalinata che stanno lì e non so che futuro possano avere. Fuori! Di giorno in città vecchia, di sera chissà in quale fuori.
Spediti noi adesso saliamo le scale e saliamo sul tetto di un grande edificio dove il tetto è una vasca per raccogliere l’acqua piovana e, come per le pietre di porta Damasco, un pugliese si sentirebbe su un tetto familiare. Dopo aver sistemato le noccioline, distribuiteci le birre, mi accorgo che davanti a noi c’è il monte degli ulivi e c'è...“Cos’è quella costruzione blu con la cupola dorata?” mi chiede il Lui-buffo. Io credo scherzi, invece no; è giovane ed è in vacanza lì, appena arrivato fa couchsurfing dalla Lei-bella, australiana e cooperante dell’UNRWA. Lui dice rimarrà “in the area” fin quando non gli finiranno i soldi. Da una parte provo piacere, ci sono ancora ventenni che hanno voglia di andare in giro così. Dall’altra temo per lui che se non conosce la cupola d’oro, non sa che la storia gira tutta lì, qui.
Così ora tutti sappiamo di avere il culo su un tetto armeno, poco più in là due bambini ebrei coi riccioli e la kippa stanno giocando e chissà cosa gli hanno detto sulla terra che abitano, e poi di fronte, la grande moschea. Per un attimo tutto si ferma e di nuovo forte emerge la sensazione che qui l'origine c'è stata da qualche parte.

Poi fuori, all'ifatr, oggi, come ieri, come 10, 20, 30, 60 anni fa, si spargono fiumi di ingiustizie e i diritti si vendono ai mercati internazionali.
E sento uno scoppio.




contaflex zeiss ikon - Kodak 400TX

27 lug 2014

18/6 - 05/7 2014: appunti dalla Palestina - 02



Gerusalemme, 28-29 giugno 2014

la luna del 12 luglio 2014 dall'Italia - Nikon D70

La strada che da porta Damasco va al monte degli ulivi verso il muro di Abu Dis ha una cosa che è speciale: la città vecchia sulla destra e la luna che ci sta sopra.
In questi giorni di Urano è iniziato il Ramadan. Kav e Fef’ me lo hanno detto loro che esiste una commissione in Arabia Saudita deputata a guardare la luna e a dare il via quando sorge nuova nuova. E mi sono immaginata quest’uomo barbuto scurissimo con la jallabya bianca, in cima a un monte e un mega cannocchiale. E giù la folla ad attendere. Poi me lo sono immaginato che alza il braccio, scoppia il fuoco colorato e poi l’inizio dei lavori…

Dicono che la luna del 12 luglio sarà speciale, ma c'è tempo ancora.

Anche questo Ramadan qui in Palestina è speciale. Purtroppo. 
Si confondono i fuochi d’artificio con le “bombe sonore”.

Io avrei voluto vederlo il primo giorno di Ramadan ad Al Quds di Urano. Invece la combriccola straniera (ma molto locale nel suo intimo) composta da Kav’, Fef’, Moskah e Saret’, ha preferito il mar mediterraneo a nord di Tel Aviv. 
“Tanto ad al Quds poi ci torno e me lo faccio venire a noia il Ramadan” ho pensato. Così ho seguito la combriccola verso il mediterraneo. E’ forte la combriccola. C’è anche Mr. B’ con noi, che spesso annuisce con un “right” inglesissimo mentre fa ciondolare in avanti la testa. Mr. B’ usa le question tags, non le sentivo dal liceo. Ci mette un sacco a fare ogni cosa e mentre la fa usa il tempo per chiedersi se sia il caso o no. Se poi chiede aiuto a Kav’ allora possono passare anche 40 minuti prima di capire come mettere il primo picchetto alla tenda.

A Palmachim (che mi sa di Palm beach), si può fare campeggio libero. 

E questo è un altro motivo dei vari motivi per seguire la combriccola e vedere la luna nuova da lassù: il grado di libertà a Tel Aviv. 

La spiaggia è in un Parco Naturale, paghiamo 30NIS e la tipa all’ingresso sta mangiando una pera; non degna di uno sguardo Moskah che le da’ i soldi. Io temo addirittura che le sputi in faccia i semi della pera. Solo che se lo fa, poi se lo ricorderà per il resto della sua vita.
E’ la fine dello shabbat, le spiagge si liberano di gente e restano grandi isole di plastica, che quasi non ci credi che siano venuti e abbiano detto “Buongiorno questa ora è casa nostra” e poi che non la tengano pulita.

“SEEEEE. Allora non hai capito?"

"No, evidentemente"
I pulitori di spiaggia arrivano con le camionette. Però arrivano di notte, coi fari accesi che ti entrano nella tenda. Svuotano i cestini e lasciano le isole di plastica. Quelle le toglieranno il giorno dopo i pulitori appiedati. 
La prima luna di Ramadan a Tel Aviv era dunque sul mare ed era quella giusta, minuscola, piccolissima e chissà dov’era. Io la immaginavo tra il barbecue di pollo arrostito, le verdure grigliate e la sabbia che ti entra in bocca; per forza, se vuoi sempre parlare o ascoltare a bocca aperta. Se poi ridi, è la fine.

Lei e Lui ad un certo punto si sono avvicinati a chiederci qualcosa. Non erano come quelli di prima che a stento hanno detto “Hi!” e volevano della legna. Questi sono gentili  e parlano arabo. Lei è incinta, Lui è sorridente. Ci chiedono del pane e noi gliene diamo un solo pezzo della nostra bustona piena comprata a Beit Hanina.
Chissà la luna dov’è andata a sorgere, quando finalmente perdo i sensi e mi risveglio a suon di racchettoni.
Sono le 6:15 e lo Stonk Stonk di questi che non hanno di meglio da fare lo affogo nell'acqua. Mi tuffo. L'acqua è bellissima, pulitissima. Riconosco il sapore del mediterraneo. Sento dei rumori fortissimi, sembra un aereo, ma non si vede. Poi un altro, penso che forse sto sognando e di non essere davvero lì dove sono. Mi avvicino a rana verso la riva e sento della musica, metto a fuoco, sotto un ombrellone ci sono altri ragazzi che giocano a racchettoni e un terzo, con un microfono e un amplificatore, sta cantando. Alla mia sinistra, Tel Aviv nella nebbia; alla mia destra, una scogliera che separa questa baia da un'altra. Ancora questi aerei senza che io li veda. Penso che potrebbe essere di tutto, anche un sottomarino. Mi vengono in mente i racconti di ieri al barbecue delle esercitazioni di Moskah con la maschera antigas. Mi rituffo e prendo la via parallela alla costa. Non voglio uscire. Continuo a osservare dal mare cosa succede sulla terraferma. Vedo una grande tenda, sembra di lungo-degenza. Lei è incinta. Sono i ragazzi del pane! Esco e mi fanno ciao con la mano. 
Siamo tutti al bar ad aspettare un caffè. Così i due vuotano il sacco o meglio, raccontano che vivono lì da 5 gg, in spiaggia, sono scappati e scampati alle rispettive famiglie che li hanno ripudiati. Perché Lei ama Lui e Lui ama Lei, solo che Lei aspetta un figlio da Lui, ma ne ha già due da uno che la picchiava. Anche Lui ha due figli ma da una che non picchiava. Adesso stanno lì a Palmachim, in Israele dove paradossalmente è più sicuro che a casa loro. E noi gli abbiamo dato un solo pezzo di pane della nostra bustona piena zeppa.

Quando usciamo dal parco, ancora con la sabbia in bocca, il sole tramonta e la luna sarà un pochino più grande stasera. Io non capisco cosa siano quei camion con il rimorchio alzato dalla parte sbagliata.
Poi incollo il naso al vetro, quando mi dicono che è una contraerea.
Il grado di libertà del campeggio libero a Tel Aviv.

"Arrivati alla contraerea, sempre dritto poi c'è il cartello sulla destra, lo vedi, quella è l'entrata principale al parco. Lì puoi campeggiare liberamente."

Quando rientriamo a Gerusalemme è appena scoppiato il cannone dell'iftar.
Noi, lo faremo a ovest col sushi, tanto la luna a destra sulla città vecchia, non ce la toglie nessuno andando verso Abu Dis.




contaflex ikon zeiss - KODAK 400TX

Al Quds è il nome arabo di Gerusalemme
L'Iftar è il pasto serale consumato per interrompere il digiuno quotidiano durante il Ramadan

8 lug 2014

18/6 - 05/7 2014: appunti dalla Palestina

Stavolta c'era vita su Urano. Bè, in effetti quando mai non c’è stata? Ma stavolta di più. Il diario scoppia, la testa pure. Per forza. Sta succedendo quello che per il mondo intero è normale che accada, evidentemente. Talmente normale da sentirsi legittimati a rimanere a guardare. Io ho avuto vergogna per questo mondo che guarda e basta. Se resti, un modo lo trovi, sennò vattene.


Bene, qui è così, sennò vai a lavorare alle Hawaii.

Fai sempre quello che ti dice il palestinese, segui lui, chiedi.

Lo vedi che quando guido metto il braccio fuori e parlo arabo?

L’importante è che non ti scambino per settler.

Su Urano sta per scoppiare la terza intifada.

E gli shabab si sono dati una mossa.
Alhumbdulillah?

Quando scoppia non sempre è il fuoco d’artificio del Ramadan.
Se lo è, lo usa lo shabab ad altezza uomo, perché oltre le pietre, i vetri, il fumo nei cassonetti...

Se i soldati passano da qui tra gli ulivi per prendere di sorpresa gli shabab, casomai offritegli da mangiare.
Meglio i soldati dei settlers, anyway, since they should be more cleaver.


Da una parte gli shabab che vuol dire “ragazzo, capetto”.
Dall’altra, dietro l'angolo, il bambino che vuol dire bambino in tutto il mondo.

nikon D70 f35-70


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