A tutto Est: in Giappone

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17 mar 2014

Buchettino e la macchina perfetta

Padella-phone
E' semplice.
Basta entrare nella stanza di legno, scegliersi un lettino, togliere le scarpe, infilarsi sotto le coperte-tipo-militare, appoggiare la testa sul cuscino, chiudere gli occhi e ASCOLTARE.
Lasciare quindi che sia l'udito a guidare gli altri sensi.
Queste le regole del gioco di Buchettino, lo spettacolo della Socìetas Raffaello Sanzio che da 18 anni gira per i teatri del mondo e racconta la storia scritta da Perrault.
Sabato a raccontarci la sua storia è stata Silvia Pasello.
Vorrei apostrofarla con parole meno enfatiche, ma non mi viene altro che è perfetta.
Ci sta tutta col corpo e con la voce di ogni personaggio: dal piccolo Buchettino al grande orco malefico.
Ci sta tutta davanti al corpo di ogni spettatore incantanto, addormentato, sveglio, quello che è...e se li tiene tutti sopra, sotto e dietro di sé a non perdersi neanche una virgola.
E sta tutta anche con chi sta fuori dal cubo di legno -i tecnici- a fare pioggia, tempesta, porte che sbattono, urla di donne, uccelli notturni…
Perché è dall'uso della voce, del suono, delle musiche e dalla costruzione della scena che capisci che stai guardando uno spettacolo della Socìetas, perfettamente organico ed organizzato.

10 anni fa, come sabato scorso, entrai in quella stanza di legno e sentii:
"Marià, sei una tamarra, cacciati le scarpe!"
Era la voce di L. che si staccava dal brusìo generale.
Marià, infatti, per l'imbarazzo della novità era entrata sotto le coperte senza togliersi gli stivali.
Giò invece, circa a metà della storia, cominciò a russare.
Ma tutto questo era lecito allora, 10 anni fa, come sabato scorso al Teatro Era.
Buchettino sembra proprio rompere gli schemi comportamentali dello spettatore, cui è permesso ciò che normalmente non si fa: sdraiarsi, russare, parlare con l'attore, comunicare la paura, togliersi le scarpe...
Altro che soluzioni complicate per l'abbattimento della quarta parete.
Mic stavolta s'è perso un paio di pezzi perché si è abbioccato.
Un movimento di mani e corpi mamma/papà-figlio è iniziato quando nel bosco ha cominciato a piovere e un sospiro di sollievo s'è sentito quando le pietre di Buchettino hanno riportato a casa i sette fratelli, un "baaabboo" strozzato l'abbiamo ascoltato quando l'orco ha salito le scale...
...tutto questo lo abbiamo sentito senza vederlo, immaginato, proprio come deve essere quando si ascolta una fiaba.
Paura? Paura.
Gioia? Gioia.
Sonno? Sonno.
Lieto fine? Lieto fine.
Nulla di più, nulla di meno.
Che poi, sempre per non voler usare parole troppo enfatiche, è questo che rende la macchina, una macchina perfetta.
E la Socìetas quasi sempre lo è.

M'è piaciuto, no?

7 ott 2013

La custode dei geni

Mi ha sempre affascinato il fatto che due o più individui possano condividere il 100% del proprio genoma, essere alla base e in tutto e per tutto uguali, nati dallo stesso ovulo e dallo stesso spermatozoo, quella ripetizione che i gemelli mono-ovulari si portano dietro per la vita intera. Ho incontrato diversi gemelli nella mia vita, a cominciare dalla signora Giannini della pubblicità del Dixan, negli anni dei primi televisori a colori. Allora "credevo", e credendo pensavo che fosse davvero la mano di Cristo ad aver posizionato 6 bambini nella pancia di una sola donna, erano così tanti! Poi da grande mi sono convertita alla biologia, al Dio meiosi e alla Dea mitosi e a tutta la biologia che ci sta dietro al parto gemellare, la rarità di questo evento naturale, tanto speciale da essere usato per i principali studi scientifici nella scoperta di diverse cure di malattie, di fenomeni comportamentali, nonché di studi sull'evoluzione. Prendi le scimmie ad esempio, i primati, la rarità del fenomeno del parto gemellare è essa stessa una delle cause che spiegano la vicinanza di specie con il genere Homo e di condivisione della stessa origine biologica...
Proprio pochi giorni fa un amico mi diceva che sul set cinematografico i gemelli sono ben accetti, perché per legge i bambini non possono lavorare più di 3 ore e allora, se sono due, mentre uno dorme, si lavora con l'altro. Questo sdoppiamento è finanche utile.
Dove voglio arrivare con questo post, cosa vi sto facendo leggere in questo post?
Un pippone sul fascino che subisco dai gemelli?
E' che c'è una gemella che conosco che se n'è andata e non la conosco solo io, la conoscono un mucchio di persone. E' Luisa Pasello ad essere partita, lasciando un buco enorme nel mondo del teatro e nel cuore di tutti quelli che almeno una volta le hanno preso le mani. Quelle mani che toccavi quando lei, nel suo tipico gesto di saluto intimo e passionale, ti prendeva il viso tra le mani e ti teneva la faccia lì davanti alla sua bocca carnosa.
Luisa se n'è andata con la sua ironia sulle cose su cui meno ti aspettavi di poter ironizzare.
Luisa se n'è andata con la sua risata esplosiva, che era sempre un attimo prima della tua.
Luisa se n'è andata con la sua capacità di raccontare le storie a tutti, anche fuori dal palco.
Luisa lascia tutti nel dolore, ma nel dolore di questo lutto, un po' di fortuna ce l'ha: lascia una custode. La custode dei suoi geni è Silvia, la sua gemella.
Così me la immagino la potenza di questo doppio, così doppio e tuttavia così singolare.
Allora ciao, Luisa.
Fa' buon viaggio.

E grazie.

da "A. da Agatha", 1994
regia di Thierry Salmon
foto di Maurizio Buscarino