Oggi, un anno fa, mancavano poche ore a preparare il ritorno di Tsaramaso in patria.
Oggi, un anno fa, eravamo tutti insieme a festeggiare i 70 di zia con le candeline immaginarie.
Oggi, un anno fa, prendevo il mio treno forse con poche speranze, ma mai con nessuna e me ne andavo a Roma, ché il giorno dopo al mattino avrei dovuto fare una cosa importante al Ministero degli Affari Esteri.
Oggi, un anno fa, cercavo di raccontarlo a tavola nella stanza delle parole, ma nessuno mi ascoltava davvero; come spesso accade quando si ha poco tempo e ognuno ha il suo pensiero, il suo stato d’animo e le aspettative che si creano e si distruggono in un tempo così veloce, che manco lasciano l’amaro in bocca.
Così poi, fatto
quel viale, ce ne andavamo a prendere i treni e le macchine per separarci di
nuovo. Auguri zia. Sicuramente ci vedremo
tra un bel po’. Resto poco a Roma.
Ma è quel poco che basta per farmi cambiare animo e idea.
Quel poco che è enorme e che arriva dritto davanti all’altare della Patria con una telefonata.
E poi le gioie, l’abbraccio e tutto il tempo delle telefonate durante l’aperitivo in un posto di architetti a condividere quell’incredulità e quella felicità. Le aspettative stavolta sono enormi e i piedi non devono necessariamente stare più così per terra, almeno per un po’.
Il click di quella notizia apriva le porte della speranza e dell'Air France, che faceva rotolare un fagiolo da nord a sud in un lungo viaggio durato 9 mesi.
19 Novembre 2018, Antananarivo. Sono atterrata e fa caldo. Scendo le scale dell'aereo e fiera, guardo l’anello comprato nella via dei gioielli l’ultima volta qui, nel 2016, quando non ci sarebbe stato più motivo di tornare. Sapendo invece che lo avrei fatto prima o poi.
Lo so che non ci state capendo nulla, ma è necessario tutto questo a Tsaramaso per ripartire.
Partirò allora da una delle sorprese che questa terra regala giornalmente.
Il click di quella notizia apriva le porte della speranza e dell'Air France, che faceva rotolare un fagiolo da nord a sud in un lungo viaggio durato 9 mesi.
19 Novembre 2018, Antananarivo. Sono atterrata e fa caldo. Scendo le scale dell'aereo e fiera, guardo l’anello comprato nella via dei gioielli l’ultima volta qui, nel 2016, quando non ci sarebbe stato più motivo di tornare. Sapendo invece che lo avrei fatto prima o poi.
Lo so che non ci state capendo nulla, ma è necessario tutto questo a Tsaramaso per ripartire.
Partirò allora da una delle sorprese che questa terra regala giornalmente.
L'ho trovata in quello che uso per cambiarmi per l'allenamento di aikido e che il sensei chiama il vestiaire. Il vestiaire è una stanza all'aperto con una tenda "a mezza gamba", che lascia spazio all’immaginazione di chi passa di lì per andare nel pollaio accanto o al bagno di fronte. Ma io faccio veloce e nessuno mi vede. Una volta pronta faccio per voltarmi e la vedo e penso che chi l’ha creata (il sensei presumibilmente) sia un genio.
Vorrei aprirla, ma non mi azzardo.
Allora è Tsaramaso che da oggi riapre le comunicazioni, ora che è tornato laddove è nato: dalla terra al sacco del mercato.
Vorrei aprirla, ma non mi azzardo.
Allora è Tsaramaso che da oggi riapre le comunicazioni, ora che è tornato laddove è nato: dalla terra al sacco del mercato.
Miandriarivo - al dojo |