Oggi a Kabo avremmo dovuto fare delle riprese su alcune delle attività di progetto su cui lavoro: allevamento, caccia e monitoraggio della fauna selvatica.
Poi però tutto è saltato per un imprevisto della troupe e così siamo corsi a scusarci con le comunità che avevamo allertato.
Quando M Samba ha aperto la stalla, le capre sono volate vie. Le aveva lasciate chiuse per permetterci di fare le riprese. Dentro la stalla abbiamo trovato un cane morto. Con distacco, M Samba ci ha detto che probabilmente era rimasto lì dalla sera precedente e le capre lo avevano fatto fuori. Strategia di gruppo.
M Samba è un saggio del villaggio oltre che il più grande allevatore tra i nativi del luogo. Ci dice che l'allevamento ai piedi della foresta ha i suoi limiti, ma che ha anche un grosso potenziale economico. Parliamo dei servizi veterinari, necessari e inesistenti. “Mais, on fait avec”, conclude.
Così, dopo esserci scusati per il disturbo creato, ci diamo appuntamento a fine mese per la formazione.
“C’est bon. On est ensemble”.
Con Benj ci spostiamo nel quartiere dei Ba'kaa, che sono i cacciatori con cui dobbiamo scusarci. Sono gli autoctoni della zona, i veri esperti cacciatori, mandati a cacciare dai Bantu. I Ba'kaa sono nati nella foresta e di questa conoscono tutto.
Anche Benj ha una motoretta con rimorchio, se ne vedono tante a Ouesso, le usano per qualsiasi tipo di trasporto (bottiglioni d'acqua, bombole del gas...). Benj però ci ha aggiunto la sedia di vimini per il passeggero.
Per il video di oggi, con i cacciatori avremmo dovuto continuare a sperimentare un gioco, per affrontare il tema difficile della sostenibiltà. Si fa con i fiammiferi, che rappresentano gli animali cacciati. Non si vince, ma ci si rende conto di cosa succederà in futuro.
Arrivati nel quartiere la musica è forte, fatta di percussioni su barili e bidoni. Sono bambini e ragazzi, a ripensarci, gli stessi che la sera precedente suonavano davanti al ristoro di Mme Benj. Con questo rito i Ba'akaa annunciano che qualcuno è morto nella comunità. Si fa durante la veglia e dura fin quando non si sono raccolti tutti i soldi necessari all'enterrement, la sepoltura. A volte può durare anche una settimana.
@C.Nzuonzi/WCS |
Mi fanno accomodare tra 4 persone. Ci salutiamo. Ci fissiamo. Siamo a circa una decina di metri dal gruppetto di gente, che a sua volta sta intorno a un grande tavolo basso. C’è un signore che è seduto su una sedia di legno e si dondola. Più in là, una donna incinta col un piccolo in braccio. Un'altra danza. Vestono tutte con dei pagne (tessuti africani), i bambini sono per lo più nudi con un cordino in vita. Alcune donne hanno della terra chiara intorno al viso, una ce l'ha anche sulle braccia. E' quella che piange, guardando verso la parete di legno della casa. Sembra che ci guardi dentro, spiando attraverso le listarelle. Si dondola in un pianto dolce e disperato.
Mi vengono in mente tutte le volte che ho visto attori lavorare proprio alla ricerca di quella fisicità, per trovare un pianto, un'emozione, un qualcosa di forte.
La donna che danza ora fa il giro tra le altre persone e getta qualcosa - o forse niente - su ognuno di loro. Poi va verso il centro, si avvicina al tavolo e agita le anche guardando verso un punto fisso. Sorride e pronuncia delle parole. Mi accorgo all'improvviso che su quel tavolo basso c'è il corpo semi nudo di qualcuno, che ne abbraccia un altro coperto da un telo bianco a disegni neri.
Realizzo che mi hanno portato dal morto.
Stupita di me, continuo a guardare intensamente tutto, senza provare quella paura che un corpo senza vita mi ha sempre fatto.
Poi ci alziamo e andiamo via. Seguo il mio collega.
Mi aspettavo un commento qualsiasi da parte sua, invece mi dice soltanto che i cacciatori sarebbero arrivati più tardi, perché sono già partiti con Benj in motoretta per scavare la fossa e che ci saremmo scusati un'altra volta.
Così, come fosse la cosa più normale del mondo.
Come normale è la morte.. ovunque.( Sara)
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