Ouesso, Agosto 2021
I confini di Ouesso |
Mi trovo da meno di un mese nella Repubblica del Congo, il piccolo stato tra il vicino Congo Democratico, il vicino Camerun, il vicino Gabon e la vicina Repubblica Centro africana. Ouesso è ai confini.
Sono qui per via del mio nuovo lavoro. Si tratta di coordinare un progetto che si occupa di conservazione della biodiversità e al tempo stesso di sicurezza alimentare, in un paese dove la caccia alla fauna selvatica è l’attività principale, per la sopravvivenza e per il commercio a livello nazionale.
Come tsaramaso, proverò a scrivere di quello che c’è qui e anche di quello che non c’è e lo farò un po’ alla volta, perché ci vorrà tempo e credo che ne avrò. Scrivere mi aiuta a capire di solito. Non è una cosa che sono riuscita a fare quando ero in Madagascar alla fine, non attraverso il blog intendo. Credo che qui in Congo mi sarà più necessario. E’ la mia prima volta in Africa Centrale, la prima volta in Congo ed è anche la prima volta che la città in cui starò si trova molto a nord.
Cominciamo. Da dove scrivo? Da un gazebo di cemento che sta nel mezzo di un grande giardino della casa che la ONG ci ha messo a disposizione. Quella che si vede al di là della finestra del gazebo è una ravinala, che è "la palma del viaggiatore" ed è il simbolo del Madagascar. Quando me la sono vista davanti, appena ho messo piede in casa, ho pensato che non si è mai del tutto persi. Rifletto spesso sulle coincidenze, le interconnessioni, i simboli e non riesco a prescinderne. Questa è stata davvero forte.
La ravinala |
Lo stile coloniale della casa è imponente: porticato, colonne e soffitti su cui si vede l’impegno estetico della mano del costruttore - o di chi gli ha dato le indicazioni - ma poi nella casa non c’è un muro dritto, un pavimento piano, una parete senza un buco. Mi piace, soprattutto il fatto che deve ancora essere completata, adattata, resa funzionale, in particolare la mia stanza, che per il momento ha solo un letto enorme e le pareti azzurre. In casa siamo in quattro: un’italiana, una franco-spagnola, FS e due inglesi, UK1 e UK2. Lavoriamo tutti per la stessa ONG, ma su cose diverse. I miei coinquilini sono qui da due anni circa. Mi presentano la casa con molto entusiasmo, soprattutto il forno per la pizza che hanno costruito. La città invece me la descrivono per quello che non offre.
Dicono che Ouesso sia una “città di passaggio”, grazie al fiume intorno al quale si è espansa e dicono che nessuna tradizione si sia veramente radicata qui. Bah, voglio continuare a pensare che ogni luogo abbia la sua storia, seppur di passaggio.
Sono pronta a scambiare e inizierò partendo da quello che ho per costruire una nuova dimensione qui, che spero possa anche allargarsi. Costruirò la mia camera oscura, il keikogi è già piegato con l’hakama in cima e il tamburello ha già fatto spaventare gli altri due abitanti della casa: Boto e Nola, due cani.
Di Ouesso per il momento conosco la strada che faccio tutte le mattine e che è molto breve: abito a 500 mt dai due uffici. Al mio ci si arriva andando sempre dritto, impossibile perdersi anche col mio senso dell'orientamento pessimo. In generale le strade a Ouesso sono larghe, asfaltate e lungo i bordi ci sono i baracchini di legno, le case, i posticini per mangiare e i negozi veri con le scritte disegnate. Io memorizzo quest'ultime per non perdermi. E poi ci sono i bambini, le donne, gli uomini che lavorano, giocano o semplicemente guardano. Nei 500 mt del mattino dico almeno 15 buongiorno a tutte queste persone. Poi ci sono i buongiorno per i passanti occasionali e la cosa bella, e nuova, è che qui al buongiorno rispondono con “merci”. Per il momento mi fermo a parlare solo con il proprietario di un ex ristoro, gli manca il frigo e non può tenere e quindi servire il cibo. Spesso lo incontro lungo la trada e ironicamente mi dice di "sgranchirsi le braccia", perché si è costruito tutto un sistema di pedalata di braccia mlto efficace sulla sua sedia a rotelle. Vorrebbe riaprire il suo ristorante e preparare del cibo con le anatre che sta allevando.
A proposito di sopravvivenza, a Ouesso sembra esserci tutto quello che serve, manca invece quello cui siamo abituati, ma che se non lo hai, vivi lo stesso. Potrei chiamarlo superfluo, ma non è proprio il termine giusto. La prima volta che sono andata in un supermercato non ho trovato niente di locale. Niente. Tutto arriva dal Camerun e dal Gabon e gli abitanti pagano il prezzo del viaggio in termini economici (equivalenti ai prezzi europei) e di qualità del prodotto. Quindi non è proprio il superfluo che manca. Qui lavorare la terra non sembra essere una tradizione radicata. Soprattutto qui a nord, dove tuttavia la terra umida della foresta equatoriale fa crescere solo manioca e poi ancora manioca, di cui con le foglie ci fai il pesce in umido, con il tubero ci fai il companatico. Se esageri, sono dolori...è il dissenten più efficace che ci sia.
I supermercati e i piccoli alimentari sono di competenza dei mauritani. Bisogna solo ricordarselo il venerdì, che sono chiusi e avere pazienza se stanno pregando negli orari preposti. A Ouesso mi hanno introdotto ai vari Salem. Salem ha due piccoli supermercati, sul muro c’è scritto Salem1 e Salem2. Salem3 invece vende elettrodomestici e utensili. Un Salem ieri mi ha riconosciuto nel suo negozio (siamo meno di 10 espatriati in tutta Ouesso) era stato reclutato qualche pomeriggio fa dal fratello S3, quando cercavo una bilancia pesa alimenti. Ma è un superfluo e me la sono fatta arrivare da Brazzaville, la capitale, con una collega. Quel pomeriggio S3 aveva tutte le TV accese con le olimpiadi in mondovisione. Era il giorno del nostro oro della staffetta...Si sono complimentati a partire dalla coppa d'Europa, fino alle Olimpiadi e sono quei momenti in cui un po' ti emozioni.
Ouesso ha due mercati, uno grande e uno piccolo. UK1 mi ha portato a quello piccolo e mi ha detto di non scoraggiarmi. Temevo quella frase. Quando si entra in questi mercati di solito la separazione netta tra vegetale e animale è sempre evidente ed è su base visiva e olfattiva.
Ci sono solo donne sedute dietro il proprio bancone. Ti chiamano per mostrarti la montagnetta di cipolla, aglio, patata, peperone, pomorodo, spezie, foglie verdi (non identificate) e i dadi da brodo Maggi. Alcuni hanno anche il pili pili, il peperoncino locale, altri una cosa che chiamano pistaches. Non sono i nostri pistacchi, ma neanche le arachidi, come li chiamano in Madagascar, sono semi di zucca che diventano una crema da mettere su qualche piatto locale.
Fatto lo slalom sulle pietre, per evitare di affondare nel fango, l’odore diventa più forte e anche le mosche, ma non vedo le scopette fatte con le strisce di sacchetti della monnezza per allontanarle, come ho visto in diversi mercati. Ci sono dei pezzi di carne non ben identificata, sono molto scuri. Poi spuntano zampe di ungulati e delle code. Cerco di andare veloce, ma non posso non guardare, sono qui e ci abiterò. Riconosco delle bocche aperte e degli occhi in posizione frontale, proprio come i nostri. Sono le scimmie e da qui inizia tutto.
Lavoriamo perché queste scimmie non finiscano più nei mercati, così come le antilopi e i potamoceri. Il problema non è l’obiettivo da raggiungere, ma il modo per farlo, che rispetti chi ci vive e l’ambiente circostante. Una grande sfida che non saremo né i primi né gli ultimi a lanciare.
Le donne mi invitano a fermarmi, so che dovrei farlo per educazione, ma quella vista mi disturba. Almeno stavolta me lo concedo, è la prima volta.
Quando prendiamo il taxi per rientrare, ha iniziato a piovere. Il taxi passa davanti al Bac dove ci si imbarca per andare oltre il fiume e UK1 mi indica “la corniche”, una lunga strada lungo il fiume con costruzioni abbandonate o comunque vuote e vecchie insegne di qualche ristorante. Poi riprendiamo la grande strada principale, quella col cinema. Ci fermiamo perché desidero fare una delle primissime foto a quell’azzurro intenso di un cinema che per il momento non ha mai funzionato.
Questo è, nell’attesa di altro.
Ben arrivati con me a Ouesso.